IPERBOLE

CAMPO DE' FIORI FRA MEMORIA E RISENTIMENTO


                        
Giordano Bruno, 17 febbraio 1600, Campo de’ Fiori: un nome, una data e un luogo scolpiti nel mio cuore e nella mia mente, un nome marchiato col fuoco di quegli eroici furori che almeno una volta l’anno mi portano a Roma, a sostare in silenzio ai piedi di una statua, di una mente eccelsa, alla quale ai tempi del seminario mi accostai “eludendo” la sorveglianza dei miei “aguzzini” con la speranza e la certezza che niente sarebbe stato più come prima, dato che Egli  mi donò poi la forza e il coraggio di prendere letteralmente a calci un mondo (quello dei preti) tanto falso quanto ipocrita, crudele e disumano quando, oggi come allora, cinicamente nega la Ragione e il Progresso pur di affermare la tirannide della religione, una supremazia dettata solo dal fanatismo di menti bacate dall’ipocrisia, dalla morale dogmatica e dal clericale amor proprio. Le recentissime prese di posizione papali in tema di bioetica dimostrano, ad esempio, che quel che loro chiamano “arbitrio” altro non è se non la negazione del diritto di una mamma  e di un papà di mettere al mondo un figlio sano nel momento in cui la diagnosi prenatale  e le tecniche di pre- impianto, nella fecondazione assistita, consentono di donare al nascituro una vita degna di essere vissuta senza trasmettere le tare genetiche di patologie che per “la legge morale naturale” di ratzinger devono essere invece accettate passivamente. Da qui il monito rivolto allo Stato per il quale, secondo herr ratzinger, sarebbe pericoloso e deleterio legiferare su questioni che toccano la persona e la società pretendendo di essere esso stesso fonte e principio dell’etica. Può un pastore tedesco tramutarsi in lupo mannaro? Forse sì, anche perché nel rincarare la dose venefica del pregiudizio teologico, l’inquisitor ratzinger afferma che sarebbe “arduo trovare una fonte per i diritti della persona, impossibile giungere a un giudizio etico nei confronti delle conquiste della scienza che intervengono direttamente nella vita umana.”  La risposta migliore a tale papale idiozia viene dall’insegnamento del Nolano, che invita i politici (lui parlava ai sovrani illuminati del suo tempo) a non essere strumento adoprato con scaltra maestria dalle “religioni” poiché queste portano inevitabilmente alla violenza e al malgoverno.Si pensi al ruolo papista avuto dalla “cattolicissima” Spagna nel contrastare i venti riformatori che spiravano in Europa al tempo di Giordano Bruno e ad altre crociate, più o meno recenti, indette per scatenare scontri di civiltà rivendicando l’orgoglio integralista delle radici cristiane, fatte marcire prim’ancora di consentire all’albero delle opere di dare i propri frutti.Forse mai come in questo periodo, così oscuro e incerto, la Ragione corre davvero il rischio di essere follemente oscurata da variabili impazzite che non esito a definire contrarie all’idea stessa del buon senso, stante l’irrazionale presunzione di quei pochi che dall’alto della loro saccente, quanto interessata, ignoranza si arrogano il diritto di pensare e disporre per conto terzi; tanto che il pensiero dominante e dominato non può più fare a meno di essere influenzato e soggiogato dagli assolutismi più vari, siano essi religiosi, politici e culturali, sul cui altare l’uomo, apparentemente libero, è costretto a sacrificare quanto ha di più caro: il Bene dell’Intelletto, senza il quale la tanto decantata Libertà perde ogni essenza, diventa costrizione, una prigione senza sbarre dove si diventa schiavi della propria incapacità di pensare e pertanto succubi di un bieco potere clerico-orwelliano.Per sottrarsi all’omologante processo di annichilimento intellettivo e di fanatico oscurantismo sanfedista diventa perciò essenziale ricordare, oggi più che mai, Giordano Bruno, l’eretico pertinace et ostinatissimo, uno dei martiri del libero pensiero, ucciso dalla chiesa catto-vaticana dopo un processo in cui la santa inquisizione fu talmente “santa” da sottoporre il Nolano anche alla tortura del “tratto di corda”. L’imputato eretico, reo di pensarla diversamente da quelli che erano i diktat del fanatismo dottrinario e fideista veniva legato con le mani dietro la testa e poi sollevato con una carrucola agganciata ad una fune posta fra le braccia in modo da provocare la slogatura delle spalle per la disarticolazione degli omeri dalle scapole e la rottura dei legamenti articolari.Dopo un tale tormento, in assenza di abiure e confessioni, il rogo non era che una liberazione! La lingua “in giova” e la bocca serrata in una mordacchia di legno per impedirgli d’imprecare, spogliato nudo e legato ad un palo, fu bruciato vivo: così Giordano Bruno morì alle prime luci del’alba del 17 febbraio 1600 in Campo dei Fiori, a Roma; analoga sorte fu riservata ai suoi libri per i quali la santa inquisizione ordinò “che siano publicamente guasti et abbrugiati nella piazza di San Pietro, avanti le scale, et come tali che siano posti nell’Indice de’ libri proibiti”.Maledire in eterno gli aguzzini e i loro successori, rossi di porpora cardinalizia, ma non di penitenziale vergogna è il minimo che mi sento di fare, soprattutto oggi mercoledì delle ceneri, una “ricorrenza” da ricordare anche per i dialoghi de “La cena de le Ceneri” (titolo di un celebre libro di Giordano Bruno, una delle otto “censure” inflitte come dardi infuocati dai piromani papali al Nolano reo di aver dato credito alla teoria Copernicana ) piuttosto che per l’inizio della quaresima, un periodo in cui l’impenitente chiesa catto-vaticana finge afflizione coltivando una spocchiosa vanitas anche in nome della quale arse vivo Giordano Bruno e santificò il suo carnefice, bellarmino roberto, di professione cardinale della chiesa dei papi, il quale per gli altissimi meriti acquisiti nella difesa della dottrina è stato dichiarato “protettore” dei catechisti. Insieme al ricordo del Nolano bisogna tener sempre viva la memoria di quel gruppo di “libertini eruditi”, pensatori e letterati fortemente inclini alla ricerca scientifica, allo scetticismo irreligioso e alla speculazione filosofica, fra i quali mi piace citare un mio “conterraneo” Giulio Cesare Vanini, anche lui, al pari del Nolano, bruciato vivo dalla santa inquisizione della chiesa dei papi a Tolosa e quel Galileo Galilei, costretto all’abiura e al carcere a vita, sol perché osò dimostrare la fondatezza della teoria copernicana, mettendo perciò in crisi la concezione tolemaica, l’insegnamento aristotelico, l’autorità e la stessa esistenza di una chiesa che pensava, e pensa, di essere faziosamente “universale”: al centro della Terra e dell’Universo; un falso “ideologico” che tuttora si pasce della propria ignoranza e la propina come “scienza” infarcita di dogmatismi ad un popolo infatuato dallo sciagurato carisma di impostori spudorati e ipocriti “propalatori di idiozie” assurti al ruolo di pastori e mandriani affetti da sguaiate manie di onnipotenza.Non mi riferisco solo al clericalume imperante, ma anche a tutta quella fauna osservante, corrotta e parassitaria che ha nel fariseume trionfante il braccio armato di una legge o di una dottrina promulgata e professata per legittimare l’inganno e la sopraffazione. Non a caso si dice che chi comanda impone e detta la sua legge e spesso la cosiddetta “legge” viene emanata in forma di decreto per spegnere un qualsivoglia dissenso impedendo che il dubbio, prima della Verità, serpeggi nella mente del popolo bue, fino a svelare tutta la falsità di un potere spesso esercitato in funzione di interessi tutt’altro che leciti. E semmai qualcuno osasse obiettare e divergere da quella che il “pensiero unico” considera l’unica via possibile da percorrere, così come ieri accadde a Giordano Bruno e a Giulio Cesare Vanini, ecco pronto il tribunale della “santa inquisizione” e di ogni altro potere nel frattempo costituitosi, ergersi a difesa dello status quo, giudice supremo e insindacabile di un magistero la cui sola esistenza nuoce al Diritto, alla Libertà e all’Etica, pregiudica la ricerca scientifica, la Politica e l’esercizio della Ragione, laddove queste sono irrimediabilmente sottomesse alla chiesastica fede, all’ideologia settaria del “partito unico” e della “chiesa universale” abusando chiaramente di un potere coercitivo che se ieri ergeva roghi a Tolosa e a Roma in Campo de’ Fiori e metteva all’Indice le opere d’ingegno compiute senza l’imprimatur clericale, oggi fomenta gli integralismi di ogni credo e colore, e così in una sorta di regressio ad infinitum si giunge in quel “medioevo prossimo venturo” dove anche pensare in proprio sarà un delitto.Rileggo alcuni passi delle opere latine del Bruno: sono di una bellezza unica quanto a ricerca stilistica e vis poetica; cito per inciso l’Oratio Consolatoria, testo singolarissimo dalla chiara impronta autobiografica che in “quattro mosse” traccia quella che fino a quel periodo era stata la sua vita di perseguitato e di esule: “…ho amato le Muse…tanto da disprezzare, abbandonare, perdere a causa loro, la patria, la casa, le ricchezze, gli onori e quanto può essere amato, desiderato, bramato al di fuori di quelle…Muse che “in Italia e Spagna sono schiacciate sotto i piedi di vili sacerdoti…” Il pensiero va poi all’autoritratto che di sé il Bruno delinea nel De Monade, forse presago del Destino che l’aspetta così scrive: “Non è un disonore l’esser vinto se ti sei dimostrato valoroso nella lotta…Ho combattuto, è già molto: ho creduto di poter vincere, ma alle membra venne negata la forza dell’animo, e la sorte e la natura hanno represso ogni velleità e ogni sforzo. E’ già qualcosa l’essersi cimentati: la vittoria, mi sembra è nella mani del Fato; per quel che mi riguarda ho fatto il possibile e ciò che mi appartiene non lo potranno negare né i secoli futuri né ciò che appartiene al vincitore.”L’ex domenicano Giordano, nato Filippo della famiglia dei Bruni, va contro la funzione pretesca, riconosce nell’Anima Mundi e nella materia prima i due principi eterni delle cose; secondo il suo pensiero, l’uomo pur essendo solo nello spazio, è immerso nell’accecante, divina, luminosità di Madre Natura e non ha alcun bisogno di nessun mediatore per rivolgersi direttamente a Dio.Il monismo e l’immanentismo Bruniani (Natura est Deus in rebus) non erano (e non sono) ben visti dal clericalume imperante, il timore che qualcuno potesse (e possa) permettersi di porre fine, solo per idea, ad un presunto primato contrabbandato dalla chiesa cattolica e al parallelo, simoniaco, mercimonio del Sacro (cosa che si continua tranquillamente a fare “là dove Cristo tutto il dì si merca”) li indusse ad incenerire chi, oltre al “De l’infinito universo et mondi” e a tante altre opere letterarie e filosofiche, testi pieni di incanto di poesia senza tempo, aveva osato scrivere “Lo spaccio de la bestia trionfante” dove “bestia” era l’epiteto impiegato dai protestanti dell’epoca per rendere il dovuto, sprezzante, omaggio al capo della chiesa catto-vaticana. La chiesa di papa ratzinger inaugurò il secolo XVII bruciando vivo Giordano Bruno, la sua eresia è diventata Scienza “ ma la vecchia chiesa e le nuove istituzioni continuano a gettare legna sul suo rogo” alimentando una caccia alle streghe che ancor oggi sacrifica il ben dell’Intelletto sull’altare blasfemo delle fideistiche certezze. La chiesa catto-vaticana non può più innalzare roghi e patiboli in Piazza Campo de’ Fiori (se potesse lo farebbe!), ma continua tranquillamente ad utilizzare tutti gli strumenti coercitivi che ha a disposizione per combattere quello che giudica l’Errore. Quatto secoli dopo, c’è ancora chi come ratzinger, in arte benedetto sedici, già prefetto dell’ex santa inquisizione, cerca di giustificare i crimini perpetrati dalla gerarchia ecclesiastica e invita a “distinguere tra la perenne santità della chiesa e il peccato dei suoi figli”. Bel modo di prendere le distanze senza chiedere perdono per i crimini commessi!Diciannove anni dopo la morte di Giordano Bruno, la santa inquisizione di Tolosa, per non essere da meno di quella romana, condanna al rogo Giulio Cesare Vanini. Ex carmelitano, nato in Terra d’Otranto, si laurea a Napoli in utroque iure; fatalmente il suo destino lo mette sulle orme di Giordano Bruno: attraversa mezza Europa, passando per Padova e Venezia, giunge in Francia e in Belgio, quindi in Inghilterra e poi in Spagna dove, a Tolosa, viene bruciato vivo perché eretico. Per rendere ancor più crudele l’anteprima del rogo, emblematica nel suo orrendo significato, risulta essere la tortura inflitta al Vanini: “Gli fu ordinato di sottoporre la sua lingua sacrilega al coltello del boia, si rifiutò e gliela dovettero estrarre con le tenaglie; quando se ne fu impadronito, il boia la tagliò. Non si udì mai un grido più orribile, si sarebbe detto il muggito di un bue sgozzato. Il fuoco consumò i suoi resti, le ceneri furono gettate al vento.”            Parteggio per l’ucciso, il Martire, e dileggio il boia e gli assassini, i papi, i preti, specie perché uccisero nel nome di quel Dio del quale ancora oggi si arrogano il diritto di sputare le loro insulse sentenze, condannando idealmente al rogo quanti usano coscientemente il libero pensiero per liberarsi dagli oscurantismi ecclesiali e dai lacci di una morale dogmatica che da sempre, alimenta col suo tragico integralismo, le mille, ideali “orrende pire”, minacciosamente erette per oscurare con il loro sulfureo fumo lo stesso Cielo.A suggello dell’opera letteraria e filosofica del grande Nolano riporto un bellissimo passo estratto dal De Infinito, nel quale lo spirito immortale del suo pensiero risorge dalle ceneri di Campo de’ Fiori e aleggia sovrano sui fantasmi degli inquisitori di ieri e di oggi: “Alla mente che ha ispirato il mio cuore con arditezza d’immaginazione piacque dotarmi le spalle di ali e condurre il mio cuore verso una meta stabilita da un ordine eccelso: in nome del quale è possibile disprezzare la fortuna e la morte. Si aprono arcane porte e si spezzano le catene che solo pochi elusero e da cui solo pochi si sciolsero. I secoli, gli anni, i mesi, i giorni, le numerose generazioni, armi del tempo, per le quali non sono duri né il bronzo, né il diamante, hanno voluto che noi rimanessimo immuni dal loro furore. Così, io sono impavido a solcare con ali l’immensità dello spazio, senza che il pregiudizio mi faccia arrestare contro le sfere celesti, la cui esistenza fu erroneamente dedotta da un falso principio, affinché fossimo rinchiusi in un carcere fittizio ed il tutto fosse costretto entro adamantine muraglie. Ma per me migliore è la mente che ha disperso ovunque quelle nubi e ha distrutto l’Olimpo, che accomuna gli altri in un’unica prigione poiché ne ha dissolto l’immagine, per cui da ogni parte liberamente si espande il libero pensiero. Mentre mi incammino sicuro, felicemente innalzato da uno studio appassionato, divengo Guida, Legge, Luce, Vate, Padre, Autore e Via: mentre mi sollevo da questo mondo verso altri mondi lucenti e percorro da ogni parte l’etereo spazio, lascio dietro le spalle, lontano, l’ignoranza degli stolti.”Mi chiedo com’è possibile il solo pensare di uccidere e annientare uomini di così alta ispirazione che scrivono e si esprimono in modo da far vibrare le più intime corde del cuore e della mente. Giordano Bruno vive con il suo pensiero, il suo Spirito è sopravvissuto alla furia distruttrice dell’Index librorum prohibitorum. Non altrettanto si può dire per l’immagine di certi sciaguratissimi papi e cardinali, come tale aldobrandini, in arte clemente ottavo, sui quali se non fosse per il ricordo dei crimini che perpetrarono, sollecitarono e benedirono (fra cui, oltre al rogo del Nolano, anche la morte per “decapitazione” di Beatrice Cenci), una spessa coltre di polvere li avrebbe già condannati all’oblio più totale. Voglio perciò salutare il Maestro Giordano Bruno (nemico d’ogni legge e d’ogni fede, com’ebbe a definirlo l’Ariosto) con le sue stesse parole, un brano tratto dalla lettera-curriculum con la quale il “Bruno Nolano, Academico di Nulla Academia” si presentava da esule alle autorità accademiche d’Oltre Manica, chiedendo di essere ammesso come professore di filosofia all’Università di Oxford:Al “Philoteus Jordanus Brunus Nolanus…professore di una sapienza più pura e innocua…risvegliatore delle anime dormienti, domatore dell’ignoranza presuntuosa e recalcitrante, proclamatore di una filantropia universale, che non preferisce gli Italiani ai Britanni, i maschi alle femmine, le teste mitrate a quelle incoronate, gli uomini di toga a quelli d’arme, coloro che portano il saio a coloro che non lo portano; ma colui che è più temperante, più civile, più leale, più capace; che non prende in considerazione la testa unta, la fronte segnata, le mani lavate, il pene circonciso, ma (e ciò permette di conoscer l’uomo dal viso) la cultura della mente e l’anima. Che è odiato dai propalatori di idiozie e dagli ipocriti, ma ricercato dagli onesti e dagli studiosi e il cui genio è applaudito dai più nobili” il mio grazie e la mia riconoscenza.                                                                                    “Valete”