IPERBOLE

IL LIEVITO DEI FARISEI


     
Più che coraggio ci vuole pudore, più che ardimento ci vuole coerenza, più che sfrontatezza ci vuole la classica faccia tosta; ma nel caso specifico è meglio parlare di faccia di bronzo trattandosi di un soggetto che ama truccarsi come una vecchia bagascia e, da qui, per associazione d’idee considerando anche il doppio uso che i cavalier serventi fanno del loro signore e padrone, sarebbe più indicato parlare di faccia da culo in cui il leccaculismo, l’adulazione, l’ipocrisia e il puttanesimo si fondono alla perfezione dando luogo ad un fondotinta, ad un sostrato culturale, elevato a sistema che, pur non potendo mascherare del tutto la corruzione e gli inestetismi  del potere, li camuffa facendoli fermentare con il lievito dei farisei.  Se fossi cattolico e avessi voce in capitolo, mi guarderei bene dal rendermi complice e partecipe di un sedicente “cristiano” impegnato a demolire non solo lo Stato di Diritto ma la stessa concezione del Bene Comune così affine all’insegnamento della Buona Novella, poiché  mi basterebbe osservare solo il modus vivendi dell’innominato per giungere alla conclusione che l’osannato presidente del consilvio è l’esempio vivente della negazione dei valori cattolici (negoziabilissimi, caro ratzinger, quando c’è di mezzo il maggior offerente!) e dei princìpi cristiani, ad iniziare da quell’agape fraterna, altrimenti detta Uguaglianza. I ras della cupola sognano una nuova generazione di politici cattolici, se lo dicono perfino loro, allora significa che l’attuale ceto politico di riferimento non risponde per niente ai requisiti richiesti; per questo suona a dir poco stonata la rivendicazione del primato dell’elettorato cattolico “suonata” dal pifferaio magico, da uno cioè che, giusto per restare ai recentissimi richiami papali, abusa sistematicamente del potere, si ingozza di beni materiali e rumina smodatissime ambizioni: tutte "tentazioni demoniache" che, a detta di herr ratzinger, insidiano gli uomini di oggi con gli stessi tormenti e interrogativi con cui satana cercò, narra il vangelo di Luca, di corrompere Gesù nel deserto.Solo che il Nazareno seppe resistere a quel tipo di sollecitazioni, non così il signorotto d’arcore, decisamente più arrendevole, spregiudicato e bendisposto dinanzi alla prospettiva di veder accrescere un potere che fra lusinghe, seduzioni e allettamenti, si assolutizza celebrando il proprio super ego con sommo discapito delle altrui prerogative considerate d’intralcio da chi se ne frega di tutto e di tutti pur di coltivare, impunito e indisturbato, i propri interessi.  Quando l’innominato non sa più a che santo votarsi si appropria del lessico altrui e fa venire letteralmente il voltastomaco sentirlo blaterare di politica del fare (annunci a vuoto) mentre definisce “malgoverno” quello dei precedenti reggitori della Res Publica incapaci, questo sì, di arginare il regime mediatico. Al solito: è come se il bue dà del cornuto all’asino, solo che stavolta l’asino ha rintuzzato gli attacchi dimostrando una risolutezza inusitata per un ex re tentenna: “il malgoverno è quello di berlusconi (la minuscola è mia) il premier delle promesse disattese, impegnato a difendere con le unghie e con i denti le proprie aziende prima e se stesso dopo. Contro la giustizia e senza rispetto dei valori di cui si riempie la bocca.” Già i valori, chi glielo dice a herr ratzinger  che le quotazioni da lui recentemente attribuite all’acqua calda sono state deprezzate dalla montante acqua di fogna in cui sguazzano comitati d’affari e associazioni a delinquere che praticano la corruzione, la cupidigia e l’arricchimento illecito? Se guarderà bene, in tutta quella merda, scorgerà molti sedicenti “cattolici” alcuni gentiluomini del papa, un paio di damerini del presidente del consilvio, moltissimi lacchè e baciapile. Le sue scontate riflessioni sulla non ammissibilità del  mentire e del rubare, seppure aventi una valenza morale che rende vana ogni religione, sono smentite quotidianamente dalla pratica politica in cui eccellono, guarda caso, proprio i farisei facenti capo alla sua setta. Già, dimenticavo, quel che conta è l’esteriorità, l’annuncio ai furbi e agli orbi, il capo cosparso di cenere, un pentimento di circostanza, una faccia da quaresima, tanto poi c’è sempre una prebenda, un’assoluzione, a rimettere i peccati e a cassare i reati. Solo così forse si spiega lo stravolgimento adottato dall’innominato di termini afferenti non dico la sfera confessionale, quanto quella politica poiché termini come “eversivo” e “laicista” sulla sua bocca diventano bestemmie, nel momento in cui gli “eversivi” vogliono il rispetto della Costituzione e i “laicisti” sognano semplicemente uno Stato non più influenzato dai gerarchi clericali di un’affatto santa romana chiesa.