IPERBOLE

FORSE E' SOLO L'INIZIO


Dopo un lungo periodo “sabbatico” riallaccio i contatti con un mondo parallelo orbitante nello spazio di una realtà virtuale che in quanto tale non può non regalare qualche illusione sia pure mediata da un “sistema binario” che per sua natura deve correre senza mai incontrarsi con la cruda realtà di ogni giorno dalla quale, tuttavia, si lascia influenzare offrendo il miraggio del migliore dei mondi possibili laddove ognuno può sognare di vivere senza portare l’immane peso dell’insostenibile pesantezza dell’essere. Ne consegue che anche i rapporti umani e le relazioni sociali così intimamente connesse all’idea stessa di comunicazione debbano inevitabilmente sottostare al dolce giogo dell’insopprimibile bisogno del dire qualcosa a qualcuno non fosse altro perché così facendo si dà la sensazione (o l’impressione?) di esistere: una variazione riveduta e s-corretta del cartesiano “cogito, ergo sum”. Penso comunque che non interessi a nessuno il mio essere deluso da un sistema delle apparenze che dal reale si è trasferito nel virtuale permeando il senso logico della Ratio, perfino il significato di parole come Ragione, Libertà e Giustizia, termini ormai svuotati del loro valore che al pari di Amore e Felicità hanno forse irrimediabilmente perduto la magia della loro essenza semantica laddove questa esiste solo se garantisce a tutti, indistintamente, l’ideale tensione a raggiungere un benessere, ahimè sovente ottenuto a detrimento delle altrui aspettative di speranza. Non basta più additare al pubblico ludibrio l’insulsa casta degli ipocriti moralisti d’accatto che dall’alto dei loro cadenti pulpiti mediatici sputano sentenze né tacciare di inenarrabili nefandezze una classe dirigente intenta solo a rivedere (al ribasso!) gli standard dell’etica se poi la supposta (nel senso di uso rettale!) maggioranza del popolo bue avalla consapevolmente l’operato di squallidi pastori e mandriani ai quali importa solo ingrassare, tosare e sgozzare un popolo sempre più cieco e bue, sempre ben disposto a schierarsi dalla parte del più furbo e spregiudicato in cambio di una misera razione di panem et circenses.          La rassegnazione è l’aspetto che più mi colpisce in questo stato di cose inutili e di vuoti a perdere portati all’ammasso nelle discariche del potere autoreferenziale che ha ormai inquinato le falde della Libertà, una fonte arsa e inaridita dall’egoismo liberticida di chi pensa e pretende di essere più libero di altri.  In tale assenza di idealità spesso mi chiedo perché ciò sia avvenuto col beneplacito di un’opinione pubblica accidiosa e indolente che, tanto per restare in Italia, ha trasformato la democrazia in oligarchia ben sapendo di delegare a pochissimi quel potere in mercé del quale i cittadini sono diventati sudditi con tutto quel che comporta la mutazione antropologica determinata dalla regressione all’infima condizione di subalterni ormai incapaci di discernere il grano dal loglio, obnubilati come sono dal regime mediatico che con la corruzione e il populismo ha costruito le fortune di un demiurgo erigendo un monumento funebre allo Stato di Diritto. Tanto che oggi è percepito quasi “normale” evadere ed eludere il fisco, truffare la sanità e il pubblico erario, falsificare i bilanci societari, corrompere i magistrati, comprare le sentenze e gli avversari politici al foro boario di un parlamento divenuto succursale di palazzi gentilizi nelle cui segrete stanze si decide il destino politico di un popolo diviso perfino dall’idea stessa di nazione.  Basterebbe riflettere sull’entità delle cifre in gioco, se non si vuol farlo sui Princìpi, per capire la portata di una deriva che sta colpendo l’intera società: un’evasione fiscale che sottrae all’erario 156 miliardi di euro, mafie che fatturano da 120 a 140 miliardi e l’immancabile corruzione che brucia altri 50 miliardi di euro.    I Princìpi di onestà, rettitudine e correttezza (per tacere di altri sanciti dalla Costituzione) si sono mostruosamente modificati al pari dei loro contrari divenendo sinonimi, absit iniura verbis, di “governo del fare” (i fattacci propri) in barba a norme e regolamenti ritenuti d’impaccio per un uso sempre più criminogeno e criminale della politica divenuta, al pari di certo integralismo, instrumentum regni di una Res Publica, degenerata in res privata, possedimento e satrapia di un signorotto medievale, dedito al culto del puttanesimo (tutto e tutti hanno un prezzo!) che si è circondato di valvassori e valvassini, cortigiane, servi e legulei che lo hanno ri-pagato con le plurimae leges ad personam, una strana alchimia di interessi conflittuali, di inconfessabili corruttele e di imbelli impunità dinanzi alle quali anche gli arcana imperii arrossiscono di vergogna. E che dire del porcellum, quella porcata di legge elettorale, che ha sfornato una torma non di eletti, ma di nominati, molto più sensibili ai diktat del novello duce, al cui confronto perfino gli eletti con la “legge-acerbo” di mussoliniana memoria, potrebbero avere qualcosa da insegnare in fatto di sovranità popolare.Eppure c’è chi continua impudentemente a usare quest’espressione come se fosse un lasciapassare per l’impunità, quasi a voler autocertificare un’investitura estorta con l’inganno e la sopraffazione confidando unicamente nello scarso senso civico di un popolo così distratto da non accorgersi del disastro etico, del baratro in cui lo sta portando il pifferaio magico con l’accompagnamento di quei suonatori di Brema, i sedicenti oppositori, i quali invece di suonare il controcanto continuano a esibirsi sullo spartito di sempre.Tanto per dire, ispirano più fiducia i secondi fini e le stecche fuori dal coro berlusconiano che non i giri di un walter tornato a decantare il bipolarismo che ricorda più il concetto bipolare di certe patologie di pertinenza neuro-psichiatrica che non il retroterra culturale da cui proviene. Il bipolarismo stracotto in salsa berlusconiana: solo un pluricapitalista vince, il resto si omologa nella poltiglia di quel sistema gelatinoso che la cricca offre come contorno del malaffare. E la chiamano pure democrazia! Purtroppo certi sinistrorsi questo fortissimamente vollero e questo ancora fortemente vogliono.Questa è la perversione massima: è il hara kiri all’italiana! Il verme mangia se stesso.In psicopatologia si chiama: coazione suicida. Tanto per dire fa più opposizione la fronda interna del partito del predellino che non il loffio partito del loft. Tanto per dire sono più condivisibili gli editoriali di Famiglia Cristiana che non gli sbadigli di certi leader della cosiddetta sinistra incapaci perfino di balbettare qualcosa che sia veramente di sinistra. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici “in servitori” semplici esecutori dei voleri del capo-padrone e poco importa che il Paese vada allo sfascio: non si ammettono deroghe al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto, specie se gli si rammenta il suo status di imputato. Lo sbandierato garantismo soprattutto a favore dei potenti, a sentire don capezzone e il capo claque cicchitto, è la sguaiata, sfacciata pretesa di una totale impunità. Invece che delle tematiche legate al lavoro e alla disoccupazione (quella giovanile ha superato il 26%) “ci si occupa di false priorità” proprio perché queste contingenze sono legate alle emergenze giudiziarie del presidente del consilvio. Blaterano di giustizia, di processo breve, e intanto tagliano i fondi, intralciano il lavoro dei magistrati, preparano un’amnistia mascherata e dimenticano la questione morale e la sete di giustizia delle vittime. E tutto per cancellare un paio di processi che riguardano l’innominato.   Sovranità limitata, impunità assicurata ai potenti e democrazia incompiuta: questo è quel che vige nel paese dei papi e degli allocchi, nel regno incontrastato delle camarille, dei comitati d’affari, delle leghe razziste e delle cupole clerico-mafiose. Che strano destino per quest’italietta rimasta fatalmente espressione geografica, terreno di coltura di un fascismo perenne e strisciante; mai Nazione né Stato, tanto meno Repubblica democratica, a maggior ragione se un chiacchierato presidente del consilvio se la fa con i dittatori di mezzo mondo, stringe accordi sporchi di sangue innocente e offre cene di gala a dei buffoni suoi pari che non sanno la differenza che passa fra religione e ideologia, fra democrazia e dittatura poiché ignorano che la libertà di ognuno finisce dove inizia quella degli altri proprio perché pretendono che debbano essere quelli come loro a stabilire dei confini. Che pena vedere la grottesca pagliacciata di un dittatore onorato e riverito che bussa a denari, che pena vedere un presidente del consilvio che gli bacia le mani, che pena sapere che un esercito di belle ragazze, sia pure prezzolate, abbia avuto la sfortuna di ascoltare i suoi farneticanti inviti alla conversione islamica.Mi chiedo in quale altra parte del mondo, se non nell’italietta di silvio, si possa assistere impotenti al trionfo dell’affarismo più becero e volgare che, pur di far cassa, mette all’asta l’anima e la dignità di un popolo che non merita di essere rappresentato da siffatta gentaglia. Mi consola leggere che il signor marcello dell’utri, pessimo ottimato in odore di mafia, è stato contestato a Como al grido di “fuori la mafia dallo Stato”. Il fatto stesso che sia stato costretto ad andar via con la coda (di paglia) fra le gambe senza che egli potesse presentare i (suoi) diari di mussolini, è già qualcosa.   Forse è solo l’inizio della fine del regime mediatico.