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Metz Yeghérn - IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI


Parte III: Intervista a Angela Ricci (studentessa presso la facoltà di Storia all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma)  sul Genocidio degli Armeni, in relazione con l’uccisione del giornalista Hrant Dink.-        Quali sono i motivi che hanno spinto a perpetrare l’olocausto degli armeni?- L’eliminazione degli armeni è strettamente legata al contesto storico, ovvero lo sgretolamento dell’Impero Ottomano e alla volontà da parte dei governanti di allora (il Comitato Unione e Progresso), di evitarne il collasso totale. La realtà dell’Impero Ottomano era composta da diverse comunità nazionali, alcune delle quali erano riuscite a rendersi indipendenti indebolendo fortemente l’Impero. Inoltre le rivendicazioni delle minoranze erano spesso sfruttate dalle potenze europee per intervenire negli affari interni ottomani. La strategia del Comitato Unione Progresso era quella rendere più saldo il paese puntando sull’omogeneità etnica, e gli armeni, che al contrario delle altre minoranze contavano molto poco sul piano internazionale, furono i primi a farne le spese. Il progetto di una Turchia solamente turca continuò poi anche con Kemal Ataturk, che ordinò l’espulsione della numerosa comunità greca, ed anche l’attuale atteggiamento delle autorità verso la comunità curda si può considerare una prosecuzione di quel progetto.-        Perché c’è la volontà da parte dell’autorità turca di negare l’olocausto degli armeni?- La questione del negazionismo turco è illustrata molto bene nel libro di Taner Akcam “Nazionalismo turco e genocidio armeno”, e si lega proprio alla nascita della Turchia come stato nazionale cui si accennava sopra. Il genocidio ha avuto luogo nel momento di transizione dal multinazionale Impero Ottomano allo Stato nazionale turco, e la storia di quel periodo assume nella coscienza collettiva turca il carattere di un “mito di fondazione”, paragonabile a quello che per la Repubblica italiana rappresenta la Resistenza. E’ certamente difficile ammettere e accettare che la fondazione della propria patria sia stata realizzata in seguito al massacro di un milione e mezzo di persone. E c’è anche una questione economica da considerare. Oltre ad essere sterminati, gli armeni sono stati espropriati di vasti territori. Un riconoscimento del genocidio, nonostante le assicurazioni in senso contrario dell’ONU e dell’UE, potrebbe dare il via a richieste di riparazioni sia territoriali che economiche, sull’esempio delle riparazioni pagate dalla Germania allo Stato d’Israele. -        Quali sono le conseguenze dell’assassino di Hrant Dink? Come pensi che possa reagire il governo turco all’uccisone del giornalista?- L’assassinio di Hrant Dink ha messo la Turchia in una situazione difficile soprattutto nei confronti dell’Unione Europea, dopo il successo rappresentato dalla visita del papa Benedetto XVI. L’assassinio di Hrant Dink ha mostrato come la relativa tranquillità osservata in occasione della visita del pontefice sia in realtà solo apparente. La Turchia ha sempre cercato di presentarsi all’Europa come il modello di stato laico di religione islamica, cosa che per certi aspetti è, ma episodi come quello di Hrant Dink o di Don Santoro dimostrano come le tensioni nazionalistico-religiose (il confine tra le due categorie è a volte labile in Turchia), siano in realtà ancora molto violente. E soprattutto il governo turco si è dimostrato incapace di gestirle. L’assassinio di Dink è stato condannato da Erdogan come il suo ruolo di premier gli imponeva, ma un episodio di tale gravità avrebbe dovuto essere oggetto di maggiore attenzione e riflessione. Una nota positiva è stata invece la risposta data dal popolo turco con le manifestazioni di Istanbul, che potrebbero essere indice della sincera diffusione di uno spirito e di un desiderio di democrazia.-        C’è speranza che l’articolo 301 del codice sia abolito?- L’abolizione dell’articolo 301 dipende molto dalla strategia che l’Unione Europea deciderà di adottare. Se la sua abolizione rimarrà un requisito per l’ingresso della Turchia in Europa, è molto probabile che il governo turco decida di abolirlo. La sola abolizione non è però la soluzione di tutti i problemi, soprattutto se, come penso, essa sarà effettuata solo per raggiungere l’obiettivo Europa. I nazionalisti turchi delle frange più estreme continueranno a considerare l’ammissione del genocidio armeno un’offesa contro l’identità turca, con o senza l’articolo 11. Hrant Dink era già sotto processo a causa del famoso articolo, ma c’è chi ha pensato che le sanzioni penali da esso previste non fossero abbastanza.  -        L’assassino di Hrant Dink proviene da Trebisonda, la stessa città in cui si è consumato un altro efferato delitto, quello del sacerdote italiano don Andrea Santoro, ucciso il 5 febbraio 2006. In una lettera inviata ad Asianews (http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=8301&size=A) da parte di un sacerdote amico di don Santoro, in occasione dell’uccisione del giornalista di origine armena, esprime la sua amarezza per la non-condanna da parte dei media, dell’autorità governativa ed islamica turca di questo crimine mortale ai danni non solo di una personalità di spicco del mondo turco-armeno, ma di un cristiano. Quali sono state le reazioni del popolo turco alla notizia? Quali sono le tue impressioni sul comportamento dei media, del governo e dell’autorità religiosa turca?- Le critiche del confratello di Don Santoro sono fondate e condivisibili, e confermano quanto dicevo sopra riguardo all’abolizione dell’articolo 301. Le reazioni dei media e delle autorità turche erano prevedibili, hanno condannato quanto accaduto perché così ci si aspettava in Europa. Il problema è che la Turchia è divisa fra una leadership che vuole portarla in Europa e una enorme parte della popolazione che vede nelle iniziative in direzione dell’UE una perdita della propria identità nazionale e religiosa. Le tiepide dichiarazioni delle autorità governative e religiose hanno cercato di accontentare tutte e due le parti, e di fatto le hanno scontentate entrambe. Come già detto, le reazioni fra la popolazione sono state invece sorprendenti. Gli slogan “Siamo tutti armeni” e  “Siamo tutti Hrant Dink” sono indicativi del fatto che la popolazione turca non è più disposta a tollerare simili episodi di violenza, in particolare di stampo religioso o nazionalista. Bisogna però dire che le manifestazioni si sono limitate alla capitale, che vive in un clima più liberale ed aperto rispetto al resto del paese. Comunque quanto accaduto ad Istanbul rimane un buon segnale e un buon punto di partenza, di cui il governo di Erdogan dovrebbe tenere maggiore conto.- Credi che l’Unione Europea possa fare qualcosa per fare un passo avanti nel riconoscimento del Metz Yeghérn? -  L’Unione Europea deve essere molto prudente su questo punto, perché insistere troppo nel pretendere un riconoscimento del genocidio porterebbe eventualmente solo ad un’ammissione “di comodo”. In effetti tale riconoscimento non è più, come inizialmente era, un requisito fondamentale per l’ingresso della Turchia, mentre rimane come clausola l’abolizione dell’articolo 301. Ciò che l’UE può fare è premere per una democratizzazione reale del paese, che non si limiti solo all’eliminazione dei reati previsti dall’articolo 301, ma che permetta una effettiva libertà di opinione. L’azione dell’UE deve però limitarsi a rendere possibile la libera circolazione della verità sul genocidio, mentre la comprensione e l’accettazione di tale verità è un passo che la Turchia deve fare da sola.