apg - Emilia Romagna

Zet e la tessera numero uno


E’ ormai inevitabile nell’ Italia (e nell’ Europa) del basket associare il nome di Ettore in modo automatico ad Ettore Messina. Beh, c’è una porzione (e neanche tanto piccola) di basketcity, la Bologna che proprio fece le fortune professionali di Messina, in cui a “Ettore” viene associata un’ altra identità: sicuramente non connotata dai riflettori della notorietà ma non per questo meno significativa… Ettore Zuccheri. Sono nato nel ’66, e credo proprio in quegli anni Ettore dava il meglio di sé sul parquet; quando giocavo e mi vedevo giocatore, attorno all’80, Ettore vinceva gli scudetti in Virtus come vice di Peterson prima e di Driscoll poi. Ho scoperto che era un vulcanico istruttore, a me sconosciuto per quanto vicinissimo geograficamente vent’anni dopo: un giorno, casualmente a Milano in una libreria del centro mi capitò in mano un suo libro di basket. Mi sono commosso, tre anni or sono, quando avevo nella selezione regionale due suoi giocatori: lui ad ogni raduno era puntualmente a bordo campo a segnarsi ogni dettaglio di ciò che si faceva. Mi sono illuminato quando, dopo qualche tempo di assidua frequentazione, lo scorso anno mi disse: “Maurizio, non sempre sono d’accordo su ciò che proponi in campo, ma c’è una cosa che apprezzo in modo profondo del tuo modo di fare pallacanestro: tu vuoi giocatori imprevedibili!” Mi spiazzò. Non avevo mai pensato all’imprevedibilità come ad una categoria tecnica. Io ho sempre creduto che i giocatori dovessero coltivare una loro anima creativa, questo sì. Fortunatamente ho lavorato con grandi campioni che avevano questa risorsa e ne ho tratto determinanti insegnamenti. Con scrupolo e grazie al decisivo incontro con Dario Urzi ho potuto fissare i punti di riferimento metodologici che mi aiutassero a “progettare” percosi di crescita appropriati in tal senso, anche questo era vero. Ma che tutto questo potesse ritrovarsi con tale e sconvolgente smplicità in quella frase, beh, era veramente qualcosa di incredibile.Quel giorno intimamente ho pensato: “bene, se hai qualche possibilità per migliorarti come istruttore, potrai farlo frequentando Ettore”. Così ho fatto. E per questo non mi sono minimamente sorpreso che Gaetano abbia proposto di insignire l’Ettore sconosciuto della tessera apg numero uno; o che Dan Peterson abbia volutamente affiancato l’Ettore conosciuto all’Ettore sconosciuto parlando ad un recente convegno della figura dell’istruttore di settore giovanile: il primo da istruttore a grande allenatore europeo, il secondo istruttore trent’anni fa e (se possibile in modo ancora più intenso e radicale…) ancora istruttore oggi.Aspetto Zet su questo blog. Ci scriverà, non ho dubbi. Ma non per esprimere pareri o dare giudizi: scordatevelo. Lui ci racconterà favole. Ci parlerà di basket con una semantica ancestrale: l’attacco al castello, il ragno nella tela ed altre fantastiche storie… Non fermatevi a un’interpretazione letterale, vi prego. Leggete ciò che scriverà in maniera quanto più possibile metasemantica….  capiremo all’essenza cosa voglia dire essere istruttori e perché trovo scontato e naturale che nella neonata apg Zet abbia la tessera numero uno.