Creato da Quietedimontagna il 01/11/2008

In cammino

un passo davanti all'altro

 

Ave figliuoli

Post n°1 pubblicato il 01 Novembre 2008 da Quietedimontagna
 
Tag: Prologo

Con questo ennesimo diario, spero di avere raggiunto la maturità intellettuale tipica del blogger più navigati, ma bando alle ca..te e diamo inizio alle danze.

Visto il successo del diario del Vallo di Adriano direi di iniziare e postarlo e di terminare il racconto del viaggio.

 
 
 

Prologo

Post n°2 pubblicato il 01 Novembre 2008 da Quietedimontagna

E' un caldo pomeriggio di luglio, cerco un po' di fresco in casa, le finestre sono aperte e ottengo un po' di corrente, si respira. Che giornata inutile, poco lavoro, i clienti stanno chiudendo per le ferie e io non so come ammazzare il tempo, trovo una rivista che ho preso da qualche giorno e la sfoglio distrattamente quando, più o meno a metà vedo un articolo che parla di un trekking che segue il tracciato del Vallo di Adriano e come ogni volta che leggo di un viaggio interessante mi metto a volare con la fantasia.
Sono appena decollato che squilla il telefono, è Luca un compagno di merende con cui vado spesso a scarpinare su per montagne.

Gli accenno del trekking e subito mi sembra quasi infastidito, ma fa parte del personaggio, l'argomento cade e parliamo di altro.
Pochi giorni dopo mi richiama e mi dice se va bene partire per l'Inghilterra ad agosto, io non capisco e lui mi ricorda dell'articolo, ci resto secco.
Il pomeriggio ci troviamo e scattiamo come faine a cercare un volo dal prezzo accettabile per andare a Newcastle, alla quarta agenzia troviamo un tipo molto folkloristico che ci fa un'offerta particolarmente interessante, prendiamo un giorno per pianificare la cosa e prenotiamo viaggio e volo.

Il tour operator che organizza questi viaggi è un po' misterioso ma dopo vari giri sul web lo rintraccio, facciamo tutte le carte via e-mail, qualche telefonata a Erika che si occupa delle prenotazioni, ne sarebbe bastata una ma la sua voce è talmente suadente e bella che unita alla sua cadenza emiliana che mi manda in brodo di giuggiole perciò trovo ogni scusa per chiamarla e rimanere in estasi ad ascoltarla, ma alla fine non so più che cosa chiederle.

I giorni passano e i preparativi fervono, scatta l'operazione zaino e attrezzatura varia, Luca si perde per giorni in tutti i magazzini di attrezzture sportive e militari della zona, mi ricorda Stallone in Rambo II che passa mezzo film a oliare 6000 fucili che puntualmente perde dopo 5 secondi di combattimento e stronca i cong a raffiche di legnate.

Per non farci mancare nulla decidiamo di fare un passeggiata di riscaldamento sul Rocciamelone amena montagna alle porte di Torino che tocca i 3538 metri, si parte da quota 1800 e in poco meno di 4 ore si è in cima.
Alla fine della gita Luca avrà lo stesso colore (mantenuto per settimane) dello scienziato astice di Futurama, io squamerò come un Visitor, di antica memoria televisiva, per i successivi 4 giorni, tanto da creare la psicosi da lebbra all'aeroporto di Parigi.
Il giorno successivo camminiamo come Frankenstein, tendenzialmente rigidi e unti di doposole come cotechini, due giorni dopo si parte e inizia il panico da bagagli tra una spalmata di doposole e un po' di stretching (si scrive così?) per attenuare i crampi da Rocciamelone, riusciamo ad affardellare tutta la rumenta necessaria per svernare al polo, ma il nostro motto era: "Meglio un pezzo in più che uno in meno, tanto i bagagli li porta il corriere espresso da un B&B all'altro", oggi il motto è:"Meglio portare di meno così, non ci viene l'ernia dalla stazione della metro al B&B perchè in quel kilometro di strada non c'è il corriere espresso e portare 40 kg di roba inutile a mano è da fenomeni!!"

 
 
 

Atto I La partenza

Post n°3 pubblicato il 01 Novembre 2008 da Quietedimontagna

L'aereo parte alle 7.00 ma all'agenzia di viaggi ci consigliano di arrivare almeno due ore prima, causa il cronico allarme terrorismo islamico, alle 4 sono già in piedi e alle 5 arriviamo all'aeroporto, non connetto molto e mi faccio rapinare da una delle tre persone presenti nell'atrio, infatti mi faccio incellophanare il bagaglio e vengo allegerito di 8.00€, però mi danno la ricevuta fiscale in formato a4 Andiamo a fare il biglietto, ma lo sportello è chiuso, appena apre l'assistente assonnata come m, mi fa i complimeti per la solerzia e esprime il desiderio che tutti i passeggeri fossero come noi, a questo punto mi sento moderatamente idiota, il mio socio è in catalessi alle mie spalle e non afferra il concetto che avremmo potuto dormire almeno mezz'ora in più, nel frattempo da buoni figlioli rural-metropolitani veniamo eruditi sull'esistenza del biglietto elettronico, fai da te, ma che alla fine me lo faccio fare da un'altra addetta perchè non ci capisco nulla.

Finita la prima parte decidiamo per un caffè con brioche, si va al bar del primo piano al bar, dove lasciamo al tavolo i bagagli e andiamo al bancone a servirci, poi ci spostiamo all'attigua edicola a prendere un po' di carta stampata, e torniamo ai bagagli che sono guardati con sospetto dalla barista e da un poliziotto, con nonchalnche afferro il mio fagotto sottovuoto ma vengo subito pinzato dalla kapò/barista che mi abbaia in calabrese estremo: "Ma è la tua valigia?", annuisco, lei ringhia:"...e dirlo prima, credevo fosse una bomba?", le chiedo come ha fatto a non vedere che l'abbiamo messa lì mentre ci guardava, eravano in tre in tutto il piano, lascio cadere la cosa, la guardia se ne torna nei suoi paraggi e noi riscendiamo a fare il check-in.

Siamo così in anticipo che ho il tempo di fare di nuovo colazione e contare tutte le piastrelle dell'ampio atrio delle partenze internazionali.

Sono stanchissimo, ho ancora male alle gambe dall'ultima uscita in montagna, finalmente chiamano il nostro volo, il socio è pallido e rigido, sempre dietro di me, entriamo nell'aeromobile dove una sorridente hostess francese ci saluta; decido di sfoggiare il mio francese migliore, le pianto lì un "bonjour" da Fantozzi e mi infilo nel corridoio, non mi ricordavo che gli aerei fossero così stretti, mi siedo al finestrino (il mio posto preferito) ma scopro che il mio orbe cranico non ci sta, sbatte contro la volta del finestrino, penso già di abbandonarmi ad un moderato principio di cluastrofobia, quando Luca sentendosi missionario comboniano mi offre di sedermi al suo posto lato corridoio, accetto, anche se mi dispiace non poter guardare il pianeta che si allontana dalla fusoliera dell'aviogetto.

Come l'aereo inizia a rollare sulla pista, il mio socio mi confessa che è la prima volta che vola, è decisamente pallido e tirato, io mi appoggio allo schienale e cerco di dormire, l'aereo stacca il muso dalla pista, anche la coda, siamo in volo.
Mi abbandono ad un'orgia di sudoku, fino all'arrivo del succo di frutta, che bevo distrattamente concentrato come sono a riempire caselle su caselle di numeri, l'aereo punta il muso verso terra siamo a Parigi.

Parigi, aeroporto tipico parto della grandeur francese, così grosso ed esteso che il l'autista del pullman sbaglia strada e ci fa fare un giro di venti minuti prima di arrivare al terminal, ma abbiamo più di tre ore di attesa, passiamo alla modalità "passo scazzato strisciante" e in 40 minuti abbiamo raggiunto il terminal da dove partirà la nostra coincidenza, inizia l'incubo dell'attesa, penso di abbandonarmi allo shopping compulsivo, ma dop avere tossito 19.00 € per un panino con bottiglietta di naturale mi metto a camminare su e giù per i corridoi, quando su un display compare traccia del nostro volo, scendiamo in un antro freddo e poco illuminato da dovei partono tutti voli per i borghi più impensabile del Regno Unito, ancora 90 minuti e ci imbarchiamo, ho già letto l'impossibile, ho riempito 15000 caselle di numeri, col socio ci siamo raccontati di tutto e finalmente ci imbarchiamo sulla navetta dove un veronese ci chiede che ci fanno 2 italiani sul volo per Newcastle che definisce un posto di brutto, facciamo quattro parole, ci spiega che i francesi per tirarsela con gli stranieri fanno fare alle navette dei giri eterni attorno all'aeroporto, soprattutto dove sono parcheggiati i 747 della compagnia di bandiera, lo avevamo notato già all'arrivo.
Siamo all'aereo, resto di legno è un grissino con le ali, nel corridoio devo camminare chino per evitare un trauma cranico, i sedili sono da lillipuziani e mi viene la malinconia, l'unico modo per non impazzire in una scatola così piccola è il concentrarsi su qualcos'altro, mi rituffo nel sudoku.

Di nuovo in aria.

Per fortuna il viaggio è breve, si atterra in fretta, la giornata è bella, l'aeroporto è carino e piccolo; al ritiro bagagli ci siamo solo noi, sembra un posto fantasma ma come entriamo nell'atrio principale ecco un bel po' di gente, sono emozionato.
Lo divento ancor di più quando non vedo le indicaziooni per la metropolitana, eppure mi avevano detto che era appena accanto all'uscita, ed era così, solo che l'entrata era nell'atrio e non nel piazzale, primo esempio di senso pratico che a noi mediterranei manca.
Siamo sul treno, in mezzo ai prati, ci sono anche degli studenti giapponesi nel vagone, guardo i visi anglosassoni, capelli rossi o biondi, lentiggini, mi sembra un altro mondo e inizia già a piacermi, col socio iniziamo a commentare, per evitare figure parlo in dialetto, non si sa mai, il socio si stupisce ma gli faccio notare che con la sfiga che abbiamo potremmo essere in mezzo ad una scolaresca di studenti di italiano o in mezzo ai partecipanti della festa dei migranti di little italy di Newcastle, non è convinto, ma fa lo stesso.
La stanchezza si fa sentire al cambio di treno e ci uccide quando dalla stazione di Whitley bay dobbiamo raggiungere l'albergo.
Mettiamo i borsoni uno sull'altro e li solleviamo insieme, il posto è tranquillo sonnacchioso, poca gente in giro, un silenzio siderale, un sensazione di benessere mi entra dentro, case con fiori bellissimi, strade pulite e nessuno che corre in auto o che urla per strada, bello!!!

Dopo 100 metri Luca propone una pausa cicca e si mette a fumare appoggiato ad un lampione io che non fumo fotografo di tutto, in fondo alla via, una lieve discesa porta al mare.
Siamo sul lungo mare ancora uno sforzo e saremo a destinazione, poche cicche dopo entriamo nell'hotel, il sole è al tramonto, il proprietario ci accoglie calorosamente io sfoggio il mio inglese maccheronico e vengo colpito da una tempesta di parole che al 93% non comprendo, alla fine capisco che il tipo che doveva venire ad accoglierci non c'è e che sono già state consegnate la guida, la mappa e la lista dei B&B dove alloggeremo nella successiva settimana.
Non vedo l'ora che mi dia la stanza che sono cotto, lascio i documenti e afferro la chiave, Luca resta di fronte al proprietario che lo investe con una bordata di inglese stretto, il socio sembra Clint Eastwood ne:"IL buono, il brutto e il cattivo" nel duello finale con Lee Van Cliff , si spegne l'eco dell'ultima parola dell'inglese, non so come ma ho capito che gli a chiesto da dove partiremo il giorno seguente e dove arriveremo, Luca serra gli occhi, oddio adesso spara, mi rincuoro ricordando che siamo disarmati, il mio cuore batte forte, Luca serra le labbra sino a farle sbiancare poi spara un:" Tenc iù!", l'albionico resta di legno; mi giro e inizio a salire le scale in preda ad una ridarola compulsiva, arrivo davanti alla porta della stanza che ho i crampi alla pancia e le lacrime agli occhi, mi chiede spiegazione di questa mia ilarità così fuori luogo, glielo spiego, tre secondi dopo anche lui ha le lacrime agli occhi.
Ha appena scolpito una nuova pietra miliare nella letteratura moderna inglese.

Usciamo per cena, il proprietario ci indica i posti sulla cartina, Luca esce a fumare per evitare che gli parli di nuovo, lo raggiungo e partiamo alla ricerca di un pub, dopo mezz'ora a spasso optiamo per andare a mangiare alla fire station, dove segno il mio destino quando trovo un giovane cameriere che dopo avergli spiegato 15 volte di parlare lentamente perchè siamo stranieri, il merlo continua a non capire farfugliando cose incompresibili, alla fine scopriamo che è potentemente idiota, ci arrivano 4 piatti di carne e 4 contorni, mangiamo come suini e arriviamo in hotel rotolando per quanto siamo pieni, solo le birre arrivano nella quantità desiderata.

Non ci va molto ad abbandonarci tra le braccia di Morfeo.

Inizia il viaggio.

 
 
 
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