Cronache

Le mirabolanti avventure di Paolo Uccello: capitolo 3


I segni di una complessione straordinaria si manifestarono in me fin dalla più tenera età. Al compimento del mio terzo anno di vita avevo già dato alle stampe l'edizione critica dell'Opera Omnia di Johann Sebastian Bach ed ero un autentico drago con il kazoo. Mio padre non si accorse mai di niente, impegnato com'era nelle sue attività: il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione. Mia madre, invece, rimase favorevolmente impressionata. Dessa pensava di avere a che fare con un bambino prodigio, un inutile bambino prodigio come se ne vedevano tanti in quei tempi ricchi di talento. La poverina pensò addirittura di fare domanda per partecipare alla trasmissione televisiva Genius, ma io avevo altri progetti. Fu in quel periodo, infatti, che decisi di diventare Gesù Cristo. In un primo momento la mia natura divina mi permise di mettere a punto alcuni trucchetti miracolosi per imbonire gli idioti. Alle feste con i compagnucci della parrocchia moltiplicavo le pizzette quando cominciavano a scarseggiare e, come se non bastasse, trasformavo l'acqua in Coca Cola. La mia popolarità crebbe in maniera esponenziale quando cominciai a cagare oro a diciotto carati. Si interessò alla mia acconcia persona anche un network britannico, che venne a girare un servizio il pomeriggio in cui, vestito da Madonna, piangevo lacrime di sangue. La mia popolarità crebbe a dismisura, soprattutto nei paesi di lingua anglosassone, ma a parte l'oro che mi producevo da me, e che non riuscivo a piazzare sul mercato perché fieramente puteva, di quattrini nemmeno l'ombra. Poiché ero ormai ridotto all'indigenza, pregai il Signore che sta nei cieli affinché mi consentisse di cambiare l'ordine degli addendi, ma Egli mi accontentò solo a metà. Non piansi oro, ma per un lungo periodo cagai sangue per via della gigantesca emorroide che venne ad occludermi lo sfintere e alla quale diedi il nome di Giacomo il Maggiore.