Cronache

Le mirabolanti avventure di Paolo Uccello: capitolo 10


Aveva una ghigna oscena la mia diletta figlia, a cui imposi il nome di Maringa; c'era poi l'altra, di cui ho persino scordato il nome: una scorfana con un culo come una valigia e una fica che sembrava una tana per elefanti. La spedii a studiare filosofia, poi la diedi in pasto ai porci. Ma ora - scusate - sì, ecco, sono in diretta, scusate la patta discinta, ecco, non digrediamo per cortesia. Dunque riprendiamo il filo del discorso: il 49imo giorno dell'anno 82 sotto zero divenni, attraverso gli uffici di Licio detto il Ghignamai, direttore, poi amministratore delegato e quindi Presidente del network del Beato Cottolengo in Don Orione. Licenziai subito la vecchia guardia, mantenni solo le sguattere e una certa Lattizia Mammarotta. Quest'ultima, tornata da un viaggio nelle Olande e nelle relative culture psichedeliche, mi insegnò non solo l'orgasmo prostatico, ma anche quello sfinterico e quello emorroidale: la troia, che ordinai in seguito Ministra della Distruzione Totale del Fanciullo, mi iniziò ai segreti della Felice Masturbazione. Infilandomi un dito in culo fu anche lei a insegnarmi l'inno di Sforza Pitalia. In breve il Cottolengo venne popolato da una genìa di esserini che eccellevano nell'arte della ruffianeria e dello stacanovismo. Fra di esse SimunFede lo Biscazziere spiccava per le due doti di pompinaro con le quali dimostrava al sottoscritto la sua totale devozione al capo. Costui, un coscritto della vecchia generazione, aveva un segreto, nascondeva più di uno scheletro nella credenza ma, ciò, che più conta, si pisciava nei calzini e i suoi calzini, i suoi calzini erano bucati!