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Non siamo scemi

Post n°52 pubblicato il 12 Maggio 2008 da appestato.am

Grecia
Scusate il plurale. Se avessi scritto che "non sono scemo", avrebbero potuto obiettare: "Ma chi si crede di essere, da parlare in prima persona?".

Usando il plurale, non mi attribuisco una funzione sociale e pedagogica (ipotesi che dalle mie parti un tempo avrebbe scatenato ondate di pernacchie dette "sordini").
Semplicemente mi mescolo fra la folla. Uno come gli altri, uno dei tanti che in queste ore si sentono presi per i fondelli.


Prescindo da fatti e persone realmente esistenti, come dicono i titoli di coda dei film. Se una cosa è scritta in un libro va in giro indisturbata per il mondo. Se l'autore di quel libro poi la racconta nella televisione di Stato italiana, succede il finimondo.
Perché? Il presidente del Senato ha garbatamente detto alla nazione: "La verità è che qualcuno probabilmente vuole minare il clima di dialogo e confronto costruttivo che ha caratterizzato questo inizio di legislatura".

Obiettivamente, credo che nelle parole della seconda carica dello Stato ci sia un profondo senso di verità.

Siccome io sono rustico, traduco quel "profondo senso di verità" con un'altra frase: "Ragazzi, non fate scherzi sennò vi facciamo neri".
Nel senso che i "ragazzi" dell'opposizione, già acciaccati dalla sconfitta elettorale, potrebbero avere altre sorprese negative che li farebbero scomparire dalla scena politica italiana. Quella scena che "dialogo e confronto costruttivo" possono invece garantire, per sollevare il loro morale.

Siccome io sono testardo, sottolineo che il gran chiasso che si solleva per i potenti diffamati o proclamatisi diffamati, non risponde al principio di uguaglianza della legge.
Se un cittadino è diffamato da un giornale che inventa la pubblicazione di un libro che non è mai stato stampato contro di lui, se quel giornale inventa che uno ha plagiato un testo del 2004 in un suo volume uscito SEI ANNI PRIMA (con quella preveggenza che sarebbe utile per una futura beatificazione), se questo cittadino diffamato da una congrega di cui si omettono altre qualifiche facilmente immaginabili, se questo cittadino non trova ascolto nelle sacre aule di giustizia per difendere la propria onorabilità, allora questo cittadino, preso da totale scoramento, non inneggia al coraggio di Travaglio, ma si arrende alla "ragion di Stato" che "dialogo e confronto costruttivo" impongono al centro ed alla periferia, perché tanto poi tutti "tengono famiglia": magistrati avvocati e giornalisti. E chi è orfano di protezione può essere offeso impunemente.

Davanti a questa evidente violenza di quanti "tengono famiglia", si abbassa umilmente la testa, invocando per ladri puttane e spie una sorte migliore rispetto a chi ha evitato di sottostare agli ordini di queste (per altri aspetti) benemerite categorie che gestiscono il potere sin dai tempi dei tempi.
Certe professioni (non una sola) "le più antiche del mondo" non sono ovviamente un'invenzione di oggi. Per questo meritano rispetto, e magari qualche illustrazione pedagogica nella nuova società italiana, per non lasciar soffrire anime ingenue ed illuse come chi crede che la "Giustizia sia uguale per tutti".
E' uguale per tutti gli uguali, cioè per i pochi fortunati che incontrandosi al bar, in loggia (dei mercanti, che cosa avevate capito?) in banca od in spiaggia decidono con grande coraggio e dignità per i destini di tutti. Alla loro salute.

 

A noi resta soltanto la soddisfazione di dichiarare che "non siamo scemi". Soddisfazione di poco conto in questo Paese di furbi che sotto tale etichetta inseriscono un po' di tutto, le predette e benemerite categorie di ladri puttane e spie.

 
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