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C'era una volta una carta chiamata costituzione

Post n°19 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da lappunto
 

Vi ricordate tanti anni fa, all'incirca nel 1947, quando un gruppo di persone (ora va di moda definirli "Bolsevichi"), si riunirono in una grande sala, dopo essere stati eletti, chi di chiara ideologia comunista, chi socialista, chi repubblichibo, chi cattolico e chi piccolissimamente destrorso, per stilare e firmare la Costituzione della Repubblica Italiana. Noi, piccolo staterello al centro del Mediterraneo, importantissimo in chiave commerciale e oggi, purtroppo, deriso da ogni parte del mondo per via della nostra (tutta) politica-malaffare. Vi ricordate la costituzione no? Ce l'hanno fatta studiare alle medie no? O anche alle superiori! Bene... Anzi, male...Se seguiste i fatti di tutti i giorni (purtroppo in Italia l'informazione è quella che è!), si nota come un piccolo imprenditore sia andato chiaramente contro ad essa e contro al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, creando uno scandalo istituzionale che non s'era mai visto.


Ora, riflettendo un pochetto...Negli altri paesi del mondo non s'è mai visto un fatto del genere, o se si è visto, la conseguenza erano le dimissioni da li a poco del malfattore...Perchè in Italia chi commette delle minchiate scala gradini e chi si dà da fare lo prende sempre in quel posto? è mai possibile che l'Italiano si debba far riconoscere in ogni dove per le grandissime cavolate di un nanetto qualsiasi? Perfavore Italiani, cerchiamo di essere seri...La più logica conseguenza a questi gesti sono le dimissioni, non una disegno di legge...E poi su che cosa? Un disegno di legge su una persone, in coma da 17 anni e tenuta in vita da un sondino? Un disegno di legge sotto dettatura del Vaticano, uno stato estero? Riflettete cari italiani..é più giusto che le leggi le faccia lo stato italiano (LAICO PER COSTITUZIONE) o uno stato estero?


Alessandro Prati

 
 
 

ANTEPRIMA EDIZIONE STRAORDINARIA

Post n°18 pubblicato il 25 Gennaio 2009 da lappunto
Foto di lappunto

Un'edizione speciale questa di Gennaio 2009. Dopo un numero 5 uscito un pò in sordina, per l'edizione straordinaria abbiamo voluto strafare. In senso buono ovviamente.

Assistendo increduli a quello che succedeva, e succede tutt'ora, nella striscia di Gaza e, vedendo quello che i media italiano non stanno facendo, abbiamo voluto lasciare un piccolo segno di rivincita del'informazione.

Noi non siamo una rivista professionale, siamo solo un gruppo di ragazzi che ogni tanto scrivono su un foglio di carta di fotocopia pinzato a mano e fotocopiato in un ufficio. Ma non per questo dobbiamo rimanere indifferenti ai fatti. Per questo, nel nostro numero, ci saranno:

PALESTINA SI SCRIVE PACE - di Francesco Feltri

NON SI UCCIDONO COSì NEANCHE I GATTINI - di Vittorio Arrigoni

IO ARTIGLIERE HO USATO FOSFORO BIANCO - tratto da "Il Manifesto"

MOSAICO PER RICORDARE - Mosaico fotografico con fotografie delle vittime del conflitto

L'APPUNTO SU LIBRO - Selezione di 5 libri sul conflitto tra Israele e Palestina

GIROTONDO - Canzone di Fabrizio de Andrè, dedicata a tutti i bambini, affinchè abbiano un futuro pacifico e senza guerra

Per riceverlo tra qualche giorno nella vostra e-mail o come copia cartacea, basta inviare il vostro recapito e la vostra richiesta a:

copia@appuntorivista.com (per copia cartacea)  newsletter@appuntorivista.com (per riceverlo via e-mail)

Se invece, volete partecipare alla stesura del nostro giornale, scrivere a:

articoli@appuntorivista.com

Per semplici informazione, potrete inviare una mail a:

info@appuntorivista.com

Per parlare con la redazione:

redazione@appuntorivista.com

A presto...e buona lettura

                       La Redazione

(Il numero sarà disponibile a breve sul nostro sito internet: www.appuntorivista.com)

 
 
 

PALESTINA SI SCRIVE PACE

Post n°17 pubblicato il 25 Gennaio 2009 da lappunto

"Palestina si scrive pace". L'avevo notato per la prima volta anni fa scritto su un volantino distribuito nel corso di una manifestazione. Mi pare di ricordare che fosse stato durante una Marcia della Pace, ad Assisi. E da lì non l'ho più scordato. E' inevitabile, le due parole non a caso hanno un'assonaza spiccata, un legame antichissimo che le vincola l'una all'altra. Mettiamo ad esempio un bambino, un bambino italiano. Si siede sulla sua prima seggiolina, in prima elementare, e dopo qualche mese apprende che in Palestina è vissuto Gesù Cristo. La maestra gli spiega con il sorriso sulle labbra che la Palestina è la terra dove è nata un'intera religione, dove l'uomo si è posto le domande più grandi, dove sono state scritte parole splendide. E per compito magari assegna alla classe un disegno. Un disegno della Palestina, della "terra di Gesù". Ed ecco allora, una volta a casa, la mamma aiutare il piccolo bimbo nell'opera. Il disegno, piano piano, prende forma. Prima le abitazioni d'argilla, poi qualche palma, il ruscello, gli asini e i cammelli e ad un tratto ecco comparire persone felici, sorrisi, giochi, abiti colorati, turbanti. Come ogni altra idea, anche questa viene facilmente assimilata: Palestina, terra di pace. Ora, il nostro bambino cresce, e inizia ad insistere per stare più tempo davati ad un televisore, comincia a sbirciare le pagine dei giornali, osserva, ascolta. Le idee si fanno confuse. Palestina? Guerra, morte, odio, sangue, grida, lacrime. Crescendo approda alle scuole medie, dove, verso Gennaio, inizia a sentir parlare i propri professori di ebrei, di shoah, di Nazismo, di campi di concentramento. E di Israele, la terra dove questo popolo martoriato per millenni ha potuto trovare finalmente pace, prosperità, giustizia. Dalle scuole medie ad adolescente. Da adolescente a ragazzo. Ed eccolo seguire con interesse i primi dibattiti politici, leggere con premura i primi articoli di politica estera, partecipare alle prime assemblee d'istituto, alle prime discussioni in famiglia a cui mai aveva prestato attenzione. Israele che si capovolge, proprio come era stato poco prima per la Palestina. Un popolo distrutto che improvvisamente diventa distruttore. Un popolo massacrato che diviene presto assalitore, senza terra che diviene occupatore, affamato che diviene opulento, pacifico che divene armato. E tutto prende forma, davanti agli occhi sbigottiti del ragazzo. Nella terra che è stata da sempre culla di quel che di più grande possiede l'uomo: il pensiero.


Questo bambino, questo ragazzo, sono io. Quello era il mio banco, quella la mia maestra e quello il mio compito da fare per la settimana successiva. Questo non mi era stato detto della Palestina. Quest'altro non mi era stato detto d'Israele. Ho letto, ho visto, ho scoperto. Con la fatica che contraddistingue il reperimento di ogni notizia vera, di ogni foto autentica, di ogni voce che racconta cosa succede veramente in una guerra. Non voglio parlare di questa assurda carneficina. Non voglio urlare contro il governo israeliano o contro i razzi Quassam lanciati da Hamas. Non voglio scrivere che lo Stato d'Israele si è reso complice di un massacro di innocenti e che la Palestina ha fame, ha sete, non ha terra da coltivare, non ha più scuole e univeristà, ospedali o ambulanze, chiese o moschee, cimiteri o municipi. Non voglio scriverlo. Fa troppo male. Ma devo. E' un dovere questo numero straordinario e un po' speciale dell'Appunto. E' un dovere leggere, cercare, osservare. Dobbiamo pubblicare le foto di quei bambini. Dobbiamo parlare di quel che è successo. Dobbiamo appuntarci le emozioni per poter appuntare in futuro le idee. Le idee per quella terra, per la risoluzione del conflitto, per due popoli e due stati, per il disarmo, per il rispetto dei confini, per il ritiro dai territori occupati illegalmente, per la ricostruzione. Per dire basta. Per non dover pubblicare queste foto il mese prossimo, per non dover scrivere queste parole nuovamente. Emozioni. Ecco quello che avete tra le mani in questo istante. Frammenti, attimi, schegge. E un foglio. Sì, un foglio bianco, sul retro della copertina. Per scrivere un nuovo numero della rivista. Il numero delle idee. Io già una ce l'ho e su questo foglio bianco la appunto: Palestina si scrive Pace. Vicino a voi c'è una matita. Prendetela, avvicinatevi al foglio e chiudete gli occhi. Vi prego, non fermatevi.


Francesco Feltri

 
 
 

Siamo in Attesa...

Siamo in attesa di molte cose in questo periodo.


Siamo in attesa che un efferato criminale se ne vada dal suo trono
oltreoceano e che, il suo successore sia più degno di prendere quel
ruolo.


Siamo in attesa che migliaia di guerre nel mondo finiscano.


Siamo in attesa che una maledetta oligarchia di pochi se ne vada
dall'Italia e che l'Italia possa riconquistare il suo antico splendore.


Siamo in attesa che una guerra, più stupida tra le altre finisca e
con essa finiscano anche i martiri di centinaia di civili. Siamo in
attesa che anche lì, venga terminata l'indifferenza di tutto il mondo e
che qualcuno faccia qualcosa.


Infine, noi, nel nostro piccolo siamo in attesa del nostro numero.
Meno importante di tutti gli altri fatti, ma incentrato su uno solo. La
guerra, immonda, incivile e innaturale a Gaza. Sì, avete capito bene.
Gaza. Quella piccola striscia di terra, dove si stà compiendo un
terribile massacro. Noi, de L'Appunto, una piccola e, possiamo ben
dirlo, sconosciuta testata amatoriale, abbiamo progettato un numero,
un' "EDIZIONE STRAORDINARIA" su questi fatti.


E non meravigliatevi se vi stupirete..


Alessandro Prati

 
 
 

Io Mi Vergogno

Post n°15 pubblicato il 13 Gennaio 2009 da lappunto

Chissà come si sentiranno i nostri avi, gli italiani illustri,
quelle personalità che l'Italia l'hanno resa grande e che oggi, è solo
grazie a loro che il nostro paese è conosciuto.


Chissà come si saranno sentiti quando in Tv c'era un programma con
il Grande Fratello. Tra seni prosperosi, bellocci e imbecilli (e per
fortuna il prossimo entrato non potrà vedere le gesta di questi eroi),
il pubblico italiano si smarca in questa serata da "Gran Galà" Mediaset.


A chilometri intanto la gente muore, in un'offensiva ingiusta, dolorosa e, forse, condannata.


Anche in quest'occasione, i nostri padri penso, e spero, si sono
vergognati di essere italiani. Mentre l'Europa Unita condanna il
genocidio, il voto italiano si spegne in un astensione.


Forse, ha ragione Vittorio Arrigoni quando scrive i suoi reportage a finire sempre con la stessa frase: "Restiamo Umani".


Si, restiamo umani, perchè per far girare il mondo un pò come si deve, ci serve un pò di umanità.


Quella che avevno i nostri padri e che ora si è perduta, come diceva qualcuno, tra nani, giullari e puttane.

Alessandro Prati

 
 
 
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