@.r.a

Note a margine del Rapporto della Commissione Globale per le politiche sulle droghe


- C’è un parallelo fra i dati, forniti dall’ ONU, che aprono larelazione della Commissione Globale per le politiche sulla droga equelli, italiani, provenienti dal Ministero dell’ Interno ed espostida Forum Droghe, Magistratura Democratica e il Gruppo Abele durante ilseminario del 10 e 11 giugno scorsi.La Commissione Globale ci informa, con una semplicità disarmante, cheil consumo annuale di droga e “la scala globale dei mercati di drogaillegale, ampiamente controllati dal crimine organizzato, a 50 annidalla Convenzione Unica sugli stupefacenti delle Nazioni Unite, a 40anni da quando il presidente Nixon lanciò la guerra alla droga delgoverno nordamericano, è nei fatti cresciuto in modo spettacolare.Mentre non sono disponibili stime esatte del consumo globale nelperiodo completo dei 50 anni, una analisi dei soli ultimi dieci annimostra un esteso mercato crescente e dimostra il fallimento dellaguerra alla droga” e delle convinzioni di quei politici convinti “cheazioni repressive e severe per il rispetto della legge contro coloroche sono coinvolti nella produzione di droghe, distribuzione ed uso,avrebbero portato a una costante diminuizione del mercato delle droghecontrollate come eroina, cocaina, cannabis, e all’ eventuale avventodi “un mondo senza droghe”.”Dal 1998 al 2008, secondo le stime ONU, il consumo annuale di oppiaceiè passato da 12,9 milioni a 17,35 milioni, con un incremento del 34,5%; per la cocaina l’incremento è del 27 %, da 13,4 milioni a 17milioni; il consumo annuale di cannabis è cresciuto dell’ 8,5 %passando dai 147,4 milioni del 1998 ai 160 milioni del 2008.La fotografia dell’ Italia fornita dal seminario di Forum Droghe cipropone una analisi ugualmente significativa degli ultimi 5 anni,quanti ne sono passati dal decreto legge Fini Giovanardi, che hastravolto la precedente Jervolino Vassalli, reintroducendol’equiparazione tra droghe, cioè comprendendo la canapa nella stessacategoria di morfina o anfetamine. I dati ufficiali ci dicono comeall'autorita' giudiziaria siano state segnalate 178.578 persone perdroga tra il 2005 e il 2010, e in 61.292 casi la sostanza in questioneera la cannabis. Ogni anno circa 40 mila consumatori sono statisegnalati alle prefetture per uso personale: oltre il 70% eranocannabinoidi. Nel 2010 sono aumentate del 7,12% le segnalazioniall'autorita' giudiziaria per droga, raggiungendo il record di 39.053persone segnalate. Piu' del 40% delle denunce (16.030) riguardava lacanapa (8.102 per hashish, 6.5556 per marijuana, 1.372 percoltivazione).Alcune raccomandazioni della Commissione globale sembrano riguardareproprio l’ Italia: “Incoraggiare i governi a sperimentare modelli diregolamentazione giuridica della droga per minare il potere delcrimine organizzato e salvaguardare la salute e la sicurezza dei lorocittadini. Questa raccomandazione vale soprattutto per la cannabis, maincoraggiamo anche altri esperimenti di depenalizzazione eregolamentazione legale, che possano raggiungere questi obiettivi efornire modelli per altri”; “Arrestare e imprigionare decine dimilioni di queste persone, negli ultimi decenni, ha riempito leprigioni e distrutto vite e famiglie senza ridurre la disponibilità didroghe illecite o il potere delle organizzazioni criminali. Sembra nonci sia limite al numero di persone disposte a impegnarsi in taliattività per migliorare la loro vita, provvedere alle loro famiglie, ocomunque sfuggire alla povertà. Le risorse per il controllo delladroga possono esser meglio dirette altrove.”Fra i luoghi comuni più palesemente erronei che in terra e in cielsemina Giovanardi c’è quello che la legalizzazione di un fenomeno nefaccia crescere le dimensioni; così non è, nella storia, a partiredalle guerre dell’oppio fino alla battaglia combattuta contro l’abortoclandestino, così non è nella esperienza di tutti i giorni, così non ènei dati che l’ONU stessa, e lo stesso Ministero italiano forniscono.Quello che le cifre, le stime, lo studio, l’evidenza e il ragionamentoscientifico dimostrano con certezza è che, al contrario, nel governodelle strategie e delle politiche sulla droga, la proibizione el’incarcerazione, il controllo e la punizione fisica, aumentano ilconsumo, il mercato, l’abuso e la dipendenza.La conclusione della sintesi della Commissione Globale per lepolitiche sulla droga è lapidaria, e mi trova perfettamente concorde:“Ora è il tempo di agire” - La prima raccomandazione, delle 11 contenute nel documento che laGlobal Commission ha sottoposto all'attenzione mondiale una quarantina di giorni fa, riassume efficacemente alcune tracce ricorrenti nel rapporto. In un linguaggio semplice e ripulito dal cerimoniale, chericorda i documenti prodotti dai governi africani, nella sua ingenuitàpolitica amalgamata con una grande padronanza delle scienze umane, ildocumento insiste sulla evidenza che la strategia War on drugs si èdimostrata dannosa, oltre che inefficace, rispetto agli obiettivi,sulla necessità di considerare i problemi sanitari oltre che quelli direpressione del crimine, sulla condanna agli USA e agli entisovranazionali per il loro imperialismo nella questione e sull'appello ai leaders politici e ai personaggi pubblici perchè escanoallo scoperto, ponendo fine all'ipocrisia e al tabù, verso unauspicabile dibattito pubblico.Nello squallore dei postumi della sbornia dei soldati della War ondrug, una lobby dell' oppio illegale, collusa con il traffico di armi,droga, donne e bambini schiavi, con una subcultura fascista e mafiosa,con un mondo politico e militare corrotto, che ha prodotto unadevastazione totale, ci sono segnali che questo dibattito si siaaperto, grazie certo alla Global Commission, ma grazie anche ai tempiche sono maturi per un cambiamento ( La Convenzione Unica sulle Droghecompie 50 anni e necessita di una ordinaria riforma ) e a tutti imovimenti sia pubblici che clandestini, di autorevoli scienziati econsumatori pittoreschi, che per anni con sprezzo del rischio eperizia marinaresca hanno condotto l'antiproibizionismo nella tempestadella War on drug. Il Primo ministro ceco ha pubblicamentericonosciuto il documento ed ha aperto il dibattito, così come èsuccesso in Francia ad opera dei socialisti francesi, in America emolti paesi, dall'Australia al Brasile.In Italia siamo sotto le forze di Giovanardi, schiacciati dallavergogna per le violazioni che noi sappiamo si compiono ogni giorno aidanni dei diritti di cittadini che altra colpa non hanno se non dicoltivare una personale preferenza privata. Siccome indignata lo sonogià da troppi anni, ribelliamoci, con metodi nonviolenti, didisobbedienza civile di massa, dialogo e informazione, in questo casoancora più opportuni perchè una delle armi del proibizionismo èappunto la violenza.- Particolarmente interessante, per l'attuale dibattito politicoantiproibizionista in Italia, è la traccia che lega strettamente,quasi paragrafo per paragrafo, l'aspetto economico e quello sociale.Le interdipendenze tra i due livelli risultano non tanto da una esattamessa a fuoco dei due, ma attraverso il continuo accostamento deiriflessi che l'uno ha sull' altro e viceversa. Ad ogni sperpero espreco multimiliardario, dilapidato nella War on drug, corrisponde unadevastazione sociale che tocca in primo luogo gli ultimi dellapopolazione, i piccoli agricoltori, i piccoli spacciatori, le lorofamiglie; e questa è un'altra traccia che si ritrova in molti punti,l'attenzione agli ultimi delle catene del mercato della droga, da unaparte le famiglie contadine sulle Ande, dall'altra iltossicodipendente metropolitano. Una attenzione forse populista ma cherende ben conto del disagio globale prodotto da cinquanta anni dierrore e della necessità e urgenza di una riforma.Può sembrare, agli occidentali, dell' occidente benestante, che quelrichiamo al modello di membro attivo e produttivo della società sia unpo' ingenuo, data la fisiologia della devianza nelle società moderne;si tratta di uno scettiscismo di ritorno circa la possibilità dicambiamento e di rivoluzione, contrastato dall' affermazione chesigilla la sintesi del documento, "Ahora es el tiempo de actuar";oltre lo scetticismo, e il cinismo, pesa, forse, anche la mancataconoscenza concreta e diretta del livello di degrado che la War ondrug ha prodotto.L' indipendenza dei governi, un'altra traccia, viene richiamata, oltreche dalla forte accusa di imperialismo sulle politiche antidrogaportata direttamente agli Stati Uniti e all'ONU, dall' insistenzasulle variabili tra paesi, a seconda che sia prevalente l'uso, laproduzione, e/o il traffico di droga, sia in base a particolarità deltutto specifiche; questa differenza viene sottolineata in funzione diincoraggiamento nella sperimentazione locale e differenziata dipolitiche sulle droghe, adattata alle evidenze specifiche geografichee sociali, senza dover sottostare a severe autorizzazioni da enti dicontrollo sovranazionali. La traccia dell' attenzione alle evidenze,che nella metodologia delle scienze umane hanno un rilievo pariall'esperimento scientifico, dimostra lo sforzo di contributo allaformazione di una documentazione realmente seria e scientifica, chefaccia emergere come le risorse impiegate per pesare i chili di drogasequestrata o per cospargere di ddt vaste aree integrali del globopotrebbero essere molto più convenientemente impiegate, con unparallelo indubbio vantaggio sociale, nella cura delle radici delletossicodipendenze e dei consumi problematici, che è quanto tuttivogliono, a parole, ottenere.Il linguaggio, oltre che semplice e pulito, fa intravedere una grandecautela e prudenza, e molto impegno nel perfezionamento del rapporto;si sente la necessità di essere più il possibile inattaccabili dallearmi che il proibizionismo mette in camppo, sempre uguali, da decenni;pur con molta determinazione nel presentare e sostenere le tesiesposte, la richiesta di permettere la sperimentazione di politichealternative che abbiano dimostrato effetti positivi sulle dipendenze esui consumi problematici, è minimale rispetto alla documentazioneprodotta; ai politici e all' opinione pubblica viene semplicementechiesto di arrendersi all'evidenza.