arance a colazione

Cecità


Vige un codice, nel tango. La donna sta seduta e si guarda calorosamente intorno lanciando segnali telepatici ai ballerini liberi che si aggirano nella sala. Se un uomo avverte il richiamo, fissa lo sguardo su di lei e piega la testa da un lato per invitarla. La ballerina si alza, lo raggiunge e i due si allacciano nel tango e vivono felici e contenti per sempre. Io difetto un po' nel rispetto di queste norme di galateo tanguero e, di solito, se uno non attraversa tutta la sala per pararmisi davanti e non mi tira su dalla sedia con tutt'e due le braccia, io resto seduta composta con aria vaga, a bere chinotto.Non sono snob. Sono timida. E, soprattutto, molto miope. E siccome - per vanità e per comodità - per ballare tolgo gli occhiali, solitamente la mia visione della milonga è pressappoco quella di una che guarda una foto sfocata al buio. Così capita che, alzando lo sguardo e mettendo un pò più a fuoco le sagome che mi circondano, mi trovo davanti personaggi imbarazzati che si vergognano quasi di invitarmi, perchè non vogliono rovinare questa visibile aura di pace zen e di noncuranza che mi si forma attorno. Quando riescono a farlo si rilassano, e quando chiedo loro - a fine tanda - se per favore mi riaccompagnano alla sedia perchè da lontano non la individuo, riescono anche a comprendere che il mio problema non è la puzza sotto al naso ma il prosciutto sugli occhi.