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LO SPAVENTAPASSERI

Post n°130 pubblicato il 30 Giugno 2008 da archeowall
 

 

Quasi del tutto scomparsi, sono ormai una rarità che vado cercando per le campagne. Una bella mostra fotografica di qualche anno fa, in Maremma, raccoglieva un repertorio colorato e nutrito di esempi, ma la fotografia credo non sia sufficiente a documentare questa testimonianza della cultura contadina. Oggi si parla di etnoarcheologia o di beni etnodemoantropoligici, insomma dei bei paroloni per riferirsi a strumenti, oggetti che molto spesso si riferiscono alla vita contadina di un tempo che da poco e diventato "tempo che fu".

La fotografia è utile, ma più interessante sarebbe poter campionare le varie tecniche costruttive adoperate dai contadini. Non esiste mai uno spaventapasseri uguale all'altro.

Qualche anno fa ho visto un cortometraggio, lo spaventapasseri per l'appunto, da un certo punto di vista terribile ma di un realismo non troppo impossibile: siccome anche i volatili non hanno più paura del vecchio statico spaventapasseri, un imprenditore agricolo uso ad utilizzare manodopera a basso costo (immigrati neri), pensò bene di utilizzarne uno come spaventapasseri.

Il poveretto con una pentola in testa ed un bastone infilato tra le maniche e la schiena della maglia consunta se ne stava così in piedi, in posizione crocifissa muovendosi e articolando versi incomprensibili per neutralizzare l'attacco dei famelici volatili e proteggere così il grano del padrone.

Ogni tanto, preso da noia e stanchezza intonava una delle sue natie canzoni e toglieva la pentola dal capo, ma il padrone impassibile lo fulminava con lo sguardo.

Un cortometraggio che mi ha impressionato perchè penso che in qualche sperduta landa della nostra meravigliosa penisola tecnologica, robotica e virtuale esista almeno uno spaventapasseri umano, messo in croce per guadagnare due centesimi all'ora.

Anche questa e demoetnoantropologia.

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