Chiaraviola

Indagare l’anima


Indagare l’anima: Alina Marazzi e il suo Vogliamo anche le rose. Leggendo una recensione di Giuseppe Genna, sul nuovo film-documentario di Alina Marazzi, la parte che mi ha colpito di più è stata questa “C'è un indice puntato contro di noi, un indice che avremmo desiderato da molto tempo che venisse puntato contro di noi: noi, i responsabili di avere vegliato male, in anni clamorosamente reazionari seppure glassati di edonismo e precariato iridescente, su un comparto che fa la nostra civiltà: il diritto alla scelta da parte della donna, la creatività messa al servizio della collettività, la comprensione del dolore che implica la libertà, la normalizzazione della religione del piacere che scatena sbalzi psichici, il dubbio come motore della conquista civile”.Alla fine della visione di questo film, sorgono parecchi interrogativi, almeno secondo il mio punto di vista (che però è inevitabilmente parziale, dato il mio difetto all’udito che mi impedisce di capire bene le voci fuori campo, per questo per la mia recensione più esauriente e completa dovrete aspettare maggio, quando uscirà il dvd con i sottotitoli).Va detto subito che il montaggio (Ilaria Fraioli) è eccezionale e le musiche (Ronin) sono assolutamente azzeccate, l’aspetto tecnico del film oltre ovviamente all’immenso lavoro di ricerca di archivio e materiale, secondo me (anche se non posso ritenermi una esperta del settore) è stato svolto in maniera esemplare e ammirevole. 
Che fine hanno fatto le conquiste del 1968 e degli anni ’70 ? Il fatto è che dagli anni ’80 in poi ci siamo smollacciati e certe conquiste hanno perso di significato, se non addirittura quasi svanite…Il film di Alina Marazzi va visto secondo due punti di vista: uno personale (la trilogia della regista, autrice di Un’ora sola ti vorrei, dedicato alla figura di sua madre Liseli, morta suicida, e di Per Sempre, sulla vita monastica delle suore di clausura) e uno universale: conosci te stesso per conoscere gli altri (il famoso conosci te stesso socratico).Infatti se si va ad indagare la filmografia di Alina Marazzi, si può apprendere meglio il suo percorso artistico, che ha una precisa direzione, Vogliamo anche le rose non è stato fatto casualmente e nasce dalla necessità della regista di cercare di capire cosa stava accadendo in quel preciso periodo storico, anche perché in quel periodo (1972) sua madre Liseli, figlia del noto editore Hoepli si uccise gettandosi dal balcone di casa (per una forte depressione). La figlia Alina si chiede cosa sarebbe successo se sua madre avesse conosciuto e approfondito la rivoluzione di quel periodo…Lo spiega molto bene lei stessa in una intervista: “Sono nata nel 1964 e forse anche per la mia storia personale sono arrivata tardi a ripercorrere quella stagione. Mia madre, che è morta nel '72, è stata in qualche modo schiacciata dalle convenzioni borghesi. Il suo malessere era condiviso da molte altre donne che sentivano, anche se in forme diverse, l'inadeguatezza e la frustrazione. Io, avendo perso lei, ho dovuto cercare delle madri simboliche e in un certo senso i miei film fanno parte di questo percorso”.
Questo film documentario (e quindi non un vero film, infatti non c’è nessuna finzione, non ci sono attori, se non le voci narranti di tre attrici che leggono tre diari di altrettante donne in periodi diversi, ma solo realismo, un realismo raccontato non in maniera didascalica e fredda, ma poetica,  profonda, e nello stesso tempo anche leggera, divertente e ironica) mi ha ricordato uno splendido film “The hours” con Nicole Kidman e Meryl Streep che racconta l’evoluzione della figura femminile dall’Ottocento ad oggi (e anche qui non a caso emerge il tema del suicidio, ripreso dal testo di Virginia Woolf Mrs Dalloway)… quel film tutto sommato lasciava trasparire dei miglioramenti, almeno negli Stati Uniti, mentre purtroppo in Italia siamo indietro di parecchi anni e  le cose appaiono più difficili, ma la logica sarebbe che in prospettiva tutto dovrebbe migliorare (Papa Ratzinger e Cardinale Ruini permettendo…) 
Quanto influisce la società e quello che ci circonda rispetto ai nostri sentimenti, al nostro modo di essere, alla nostra educazione? Il ruolo del padre e della madre risultano decisivi (Educazione famigliare), così come è importante l’Educazione sociale, la differenza tuttavia avviene nel punto di rottura, che è la sfida più difficile per ognuno di noi (cambiare pelle rispetto ai nostri genitori (Sean Penn), trovare la propria strada, seguire noi stessi (Eleonora Fiorani…). (nella foto Alina Marazzi al Bergamo Film Meeting)Singolare il commento di mia padre che si è emozionato alla visione di alcuni filmati sul ’68, gli incidenti alla facoltà di Architettura di Roma a Valle Giulia e le riunioni studentesche alla Cattolica di Milano (babbo in sala…ha esclamato commosso “Io c’ero! Mi ricordo quelle scene!”)L’abitudine, l’ammosciamento, il benessere, il comfort, il consumismo: alla lunga diventano un boomerang molto pericoloso, riprendendo Eleonora Fiorani: “penso che quello che sta capitando è che stiamo cercando di fare a noi stessi quello che abbiamo fatto alla Natura, vogliamo dimenticarci la nostra dimensione originaria, remota, e questo mi fa molta paura, mi spaventa molto. (...)Per uscire da questa situazione Noi non abbiamo che Noi stessi. Le risposte devono venire da noi stessi. Certamente stiamo attraversando un periodo molto difficile, di transizione, che non sappiamo quanto potrà durare e dove ci porterà; io non ho delle risposte ma so che non abbiamo che noi stessi, non c’è niente e nessuno che può aiutarci”.  
Pier Paolo Pasolini con gli “Scritti Corsari”, e il testo “Il PCI raccontato ai giovani”, anticipava quello che accade oggi, e se si legge “Il diario degli errori” di Ennio Flaiano ci si accorge che oggi nulla è cambiato. Fa impressione leggere delle citazioni del 1967 e accorgersi che sono assolutamente attuali anche nel 2008.Pasolini e Flaiano erano scettici, avevano un punto di vista pessimista, perché? Avevano ragione? Le donne e il lavoro: quali differenze sostanziali rispetto agli uomini?Tempo fa lessi un numero speciale di Casabella, che sono andata oggi a rispolverare, che era interamente dedicato alle donne architetto, al loro ruolo, alle loro difficoltà e si parla anche delle difficoltà organizzative che una donna architetto (nella foto l'architetto Zaha Hadid) è chiamata ad affrontare tra famiglia e casa, il lavoro dell’architetto ti assorbe e prende molte ore al giorno (lavoro di forte responsabilità e molto impegnativo).
Naturalmente il discorso può essere ampliato anche per altre professioni non meno impegnative: un articolo apparso sulla rubrica Affari e Finanza, della Repubblica nel 2007, parlava delle donne manager e alla domanda a cosa mancava loro per avere un definitivo successo… risposta: Una moglie!In realtà le donne che hanno maggiore successo sono quelle che hanno al proprio fianco un compagno che le supporta e le aiuta.Il femminismo è molto spesso temuto e bollato come lesbismo (alzi la mano a chi non da fastidio affrontare il tema dell’omosessualità oggi? La discussa mostra Arte e omosessualità che doveva essere a Milano non ha insegnato qualcosa?). Il lesbismo nasce principalmente dal rifiuto e dal disprezzo verso la figura maschile, della figura patriarcale del padre padrone, oppure dalla carenza di modelli maschili decenti.L’omosessualità è accentuata anche nel mondo dello sport: calcio femminile (ambiente che conosco bene e che ho frequentato per molti anni, alla fine  mi sono fatta una idea che sia un ghetto molto chiuso e quasi inaccessibile per chi non è come loro), rugby, boxe, tennis, nuoto (uso ormoni), atletica, ed è  molto presente anche nelle arti e nel mondo dello spettacolo.
Il rapporto tra donne è molto intenso e non è paragonabile a quello tra uomo e una donna che a volte parlano due lingue diverse, tra donne nasce un sodalizio mentale, culturale, diventa un vero e proprio incontro di anime (che però personalmente credo fortemente si possa trovare anche con un uomo, proprio perché non è un discorso di sessi, ma di anime…). La donna comunque è da sempre abituata a misurarsi con l’autocoscienza, è profonda e meno superficiale dell’uomo, che tuttavia prova emozioni ed è di gran lunga più fragile della donna…Ma se penso allo stato attuale del nostro paese (e mentre scrivo Zapatero sta vincendo le elezioni in Spagna e meno male…) mi metto le mani nei capelli: il film di Alina Marazzi è un film necessario, una specie di campanello di allarme, è come ci volesse avvertire, come afferma tra l’altro per esempio Jacques Attali, noto economista francese “Se vedo che da un tetto sta per cadere una tegola cerco di avvertire qualcuno per evitare che cada, ma se non avverto nessuno, quella tegola cadrà prima o poi”, ecco: Alina Marazzi ci sta avvertendo per evitare di entrare nel baratro, ma intanto e purtroppo l’Italia è ancora un paese machista, conservatore, tradizionale, cattolico, … a volte perfino illogico.
Oggi ricordo assai poco del primo  film di Alina Marazzi, Un’ora sola ti vorrei (problemi di memoria alla mia età?), e che devo assolutamente rivedere magari in dvd e con i sottotitoli, ma ho ritrovato lo stile tipico della regista che avevo già intravisto nel suo primo film, la donna con il velo sulla spiaggia mi ha ricordato il famoso foulard di sua madre, i piedi che camminano mi sembravano per certi versi quelli di Liseli… anche se voglio precisare che si trattano di miei punti di vista (magari mi sbaglio clamorosamente).
Mi hanno sicuramente colpito le citazioni dei grandi intellettuali (gente come Schopenauer, Baudelaire, Nietzche…) che disprezzavano le donne, anche se poi alla fine molti di loro però erano omosessuali, e  io voglio giustificarli così…. Di certo la guerra tra sessi non porta da nessuna parte (la famosa frase finale del film “Gli uomini e le donne escono entrambi sconfitti”). Questo non significa che il femminismo non sia servito anzi, è stato necessario, perché solo quando si raggiunge un punto di rottura qualcosa si smuove… un po’ il concetto di lacrime e sangue. Un po’ come quando da piccola non volevo fare i compiti perché ero stanca e preferivo giocare, mia madre per costringermi mi faceva piangere e mi dava dei bei ceffoni… al momento non capivo, e subivo, oggi però capisco che grazie a quei ceffoni sono cresciuta molto. (e non vi ricorda la scena del film La sconosciuta di Tornatore con la protagonista che costringe la bambina a cercare di rialzarsi con il corpo tutto bendato? Tutto allo scopo di fortificarla?). A volte la sofferenza serve, una vita senza difficoltà non è realistica, e solo quando si affronta il dubbio, scavando a fondo si riesce a cambiare qualcosa.Un nota di merito, seppur molto personale, va  alle splendide scene con la vecchia sede della casa delle donne di Roma come appare oggi, abbinate alle foto di allora, infatti è stata per me l’ennesima conferma di quello che avevo sempre pensato, ovvero che i luoghi - genius loci-  seppur vuoti possiedono un’anima: non sono mai veramente vuoti e silenziosi (“non c’è niente di meno vuoto, non c’è niente di meno muto”… Eduardo Galeano), basta fermarsi ad ascoltare e in pochi secondi hai una sorta di flash back di tutto quello che è accaduto in quelle stanze, che sia reale o immaginato, non importa. La casa delle donne custodiva una identità con  i suoi riti, è diventato un contesto che con il tempo è stato investito simbolicamente, e che nessun altro luogo potrà mai veramente sostituire.