Chiaraviola

Letizia Muratori, una scrittrice non identificata


“I critici generalmente leggono un libro solo, e ripetono le loro opinioni a ogni libro successivo. I critici sono pigri e stupidi, troppo stupidi per capire la poesia. Sono degli idioti.”Michel Houellebecq
Un libro imperdibile quello di Letizia Muratori, una giornalista romana di 32 anni, che si occupa di cinema. Ha pubblicato altri due libri e un racconto per Einaudi, Saro e Sara, nell'antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile libero Big 2004). Tu non c'entri (Einaudi Stile libero Big 2006), La vita in comune (Einaudi Stile libero Big 2007).Ne parla molto bene Giuseppe Genna, nel suo sito di Carmilla, che riprende una definizione del mitico saggio dei Wu Ming, New Italian Epic, "E' infatti opportuno circoscrivere il libro di Letizia Muratori in un campo magnetico, da cui emerge come realtà proteiforme - si tratta, cioè, di un perfetto Oggetto Narrativo Non Identificato. "Non mi piace molto fare la critica, visto che non ho nessuna competenza, ma ho voluto scrivere un post perchè penso che sia un'opera che merita: il libro di Letizia Muratori è composto da due racconti (La Casa Madre e Segreto), in apparenza separati, ma in realtà legati da un filo conduttore: entrambi con protagonista l'infanzia, i giocattoli (le cabbage e i Winx) e il punto di vista magico dei bambini.Il primo è ambientato negli anni Ottanta ed è stato forse il racconto che mi ha emozionata e colpita di più, forse perchè anche io ho vissuto quegli anni da bambina e per i quali provo una forte nostalgia. Il secondo invece è ambientato oggi nel litorale laziale, con protagonista un bambino (Luca) e il suo mondo di orchi, streghe e castelli che richiama scenari cinematografici tipo le Cronache di Narnia e Il labirinto del Fauno di Guillermo Del Toro (e mi ha ricordato anche una splendida canzone degli Afterhours, Orchi e Streghe non dormono mai).Sono due racconti che colpiscono, stordiscono e spiazzano, non facili da capire, di una ambiguità e di una equivocità che attraggono.
Un libro dal linguaggio strano, non comune, unico... con una sua logica, che richiama certi film di David Lynch e Peter Greenaway, che coinvolgono la psiche umana e le sue mille sfaccettature... come ho dovuto rivedere tre volte Mullholland Drive di Lynch per leggere alcuni rebus presenti in tanti fotogrammi del film, allo stesso modo ho dovuto rileggere Segreto (mi è andata meglio con La casa madre) per apprendere il finale che mi aveva letteralmente spiazzato... poi ho capito. E mi ha crudelmente emozionata.Un libro assolutamente imperdibile."Vieni qui, dottore".Le dissi e mi sdraiai sul divano di pelle screpolata a isole e continenti. Allargai le gambe e cominciai a gemere."Io che devo fare?"Mi chiese sospettosa [mia madre], e inciampò sulla cinta slacciata della sua vestaglia rossa che seminava in giro tutto il giorno odore di latte bollito e Muratti. Perse l'equilibrio e mi si piantò davanti a braccia aperte."Bene, mamma, resta così. Ora mi devi dire: 'Spingi, spingi forte e respira piano'".Francesca Romana Castelli me lo aveva insegnato, in quel modo si riceveva il regalo."Togliti subito quell'affare dallo stomaco, è il terzo pigiama che butto in un mese".Dalla fine di novembre giravo con un cuscino addosso, tenuto su dall'elastico, mi carezzavo l'addome e fingevo d'avere male alla schiena.[...] "Tu me lo devi togliere dalla pancia, io devo solo spingere".In ginocchio la mamma si passò la mano sulla fronte, sbuffando sfilò via il cuscino."Ecco, è uscito, brava. Portami qui il pacco, veloce"."Irene, per favore, basta"."Veloce, ho detto".Letizia Muratori, La Casa Madre, Adelphi 2007.Tra costoro, Wallace Stevens, che mi pare il più preciso strumento per descrivere lo stacco dello sguardo a cui La casa madre obbliga il lettore: l'addio alle parole mentre si continua a parlare e una sostanza aliena e coscienziale penetra implacabilmente nel tessuto del testo e della psiche, sia quella dello scrittore sia quella del lettore: da L'uomo malato [...] le parole d'inverno in cui le cose si incontreranno,nel soffitto della stanza distante in cui è steso lui,l'ascoltatore, ascoltando ombre, vedendole,scegliendo da dentro di sé, da tutto ciò che ha in sé,una lingua per un calmo addio a se stesso, addio, addio,le pacate, beate parole, ben intonate, ben cantate, ben dette.Giuseppe Genna