Chiaraviola

Fenomeno Facebook: la grande babele virtuale finalmente trasparente.


Una nuova realtà virtuale si è imbattuta sulle nostre vite, come se non fossero già abbastanza tecnologizzate... per molti di noi facebook è una nuova scoperta. Eh sì dico nuova perchè siamo di fronte a qualcosa che raramente si è visto prima: certo c'è chi da anni aveva aperto un blog sulle varie piattaforme che permettono di aprirne uno gratis (splinder, libero, alice, wordpress, etc), c'è chi utilizza windows messenger che permette di chattare istantaneamente, c'è chi si collega ai vari forum e chat, spesso con tematiche particolari e passioni comuni (sport, calcio, politica, arte, motori, donne, gossip o chi vuoi tu...), c'è chi aveva aperto una pagina su myspace (altro grande, ma più macchinoso social network).Ma niente assomiglia a facebook: lo posso dire con quasi certezza, io che navigo la rete ormai dal 1997, quando con il mio vecchio pc IBM andavo alla scoperta del mondo e fui conquistata definitivamente da internet e dalla sua capacità di reperire informazioni ovunque. Da allora è stato un viaggio continuo, una ricerca ossessiva di nuovi modi di comunicare, di nuove amicizie, di emozioni, di delusioni... e di pensieri e di parole.Perchè nessun dubbio che la vita vera è fuori dalle mura di casa, nella nostra città, nel nostro quartiere, tra le persone che ci circondano e non in uno schermo del pc che rischia pure di rovinarci gli occhi, è anche vero, però, che la profondità che si instaura dietro le tastiere, la complicità che si prova leggendo e scrivendo, le riflessioni che nascono attraverso la parola scritta raramente si riesce a trovarle fuori, con quella parlata, dove trionfa in realtà l'effimero e la frivolezza... e forse anche solo per timidezza non si ha quasi mai il coraggio di manifestare pensieri profondi, succede a me come a tantissime persone.Una cosa che mi piaceva meno di internet e della vita virtuale, è che quasi sempre mi capitava di conoscere persone, il cui volto mi era quasi sempre sconosciuto... e spesso si nascondevano dietro a nick dal nome impronunciabile. Ciò creava in me una grande diffidenza e mi impediva di lasciarmi andare del tutto... mancava secondo me uno dei valori più importanti, a mio avviso, dell'amicizia: la trasparenza.Facebook ha abbattuto perfino questo tabù: ha reso trasparente la comunità virtuale e finalmente ho trovato uno spazio dove incontrare tantissima gente anche della mia città: qui ho trovato i miei compagni delle elementari, medie, liceo, università e perfino i miei colleghi! Ho ritrovato amici che avevo già incontrato sempre nella vita virtuale e poi in quella reale. Un miracolo... nemmeno ai matrimoni succede qualcosa di simile...Avevo da qualche mese un blog, dove mettere on line tutto quello che mi passava in testa: immagini, parole, pensieri... ma era una sorta di diario moderno che non interessava a nessuno, se non a qualche coraggioso amico, che scriveva commenti più per pietà che per altro... quasi forzatamente. Piano piano mi accorgevo che i miei post non li commentava più nessuno... andavo a senso unico, e mi rendevo conto che era assurdo avere un blog senza che nessuno partecipasse. Mi sentivo ridicola... anche se ammetto che mi aiutava ugualmente a mettere ordine ai miei pensieri e rileggere le mie riflessioni (sempre meglio di niente).Ecco che si è risolto anche il problema della comunicazione: facebook è bello e coinvolgente, ma nello stesso tempo mi spaventa... rischia di diventare una droga per chi se ne appassiona, difficile farne a meno e non avere la voglia di andare a vedere se qualcuno ci ha scritto e commentato appena si accende il pc la mattina al lavoro.Io mi conosco e sono praticamente dipendente dai mezzi tecnologici, non riesco più a fare a meno del cellulare (sms) e del pc che sono diventate le mie protesi tecnologiche... sono giustificata certo (non posso telefonare), ma vi avviso... dobbiamo cercare di darci un rigore comportamentale e non farci condizionare da tutto questo mondo bellissimo, ma dispersivo...
In mio soccorso arrivano puntuali le parole del mio grande amico Roberto, critico cinematografico per passione e fondatore di un bellissimo blog sul cinema (cinemavistodame.splinder.com) che parla del film Babel di Alejandro Inarritu, con Brad Pitt e Cate Blanchett, e la docente del Politecnico di Milano (facoltà di design) Eleonora Fiorani, epistemologa di fama mondiale che ha osservato brillantemente il rapporto tra uomo e tecnologia.Buon divertimento!Le parole di Roberto, un amico conosciuto nel mondo virtuale:"(...) Dobbiamo ammetterlo proprio noi blogger che lavoriamo con questi nuovi mezzi di comunicazione.Più, paradossalmente, aumentano i media e meno le persone riescono a comunicare tra loro ed a comprendersi. Questa è, peraltro, la metafora infondo usata anche nel titolo dell'opera Babel di Inarritu.Ecco allora che il regista ex DJ ci compone gradualmente un quadro in cui il tema centrale dell'opera, quello della incomunicabilità (che giustifica, peraltro, pienamente il titolo), viene sviluppato intrecciando storie che vivono nel medesimo momento le conseguenze dell'incapacità dell'uomo contemporaneo di ascoltare e di comprendere l'altro. González Iñárritu invece usa la sordità. In questo altro visto sempre con diffidenza, in questa assenza di fratellanza fra le genti a volte persino all'interno di una coppia di sposi, si palesa forse l'intento primario di comunicazione del regista.Nessuno degli esistenti è in grado, forse anche avendone la potenzialità, di comunicare con gli altri.Ogni gesto, ogni piccolo accadimento è foriero di equivoci, di errate interpretazioni.Michelangelo Antonioni - forse il più importante regista italiano che ha affrontato, nel suo cinema, il tema della incomunicabilità - utilizzava, spesso, nei suoi film la metafora della nebbia quale elemento formale di suggello di tale condizione umana.
La principale funzione drammaturgica dell'esistente Yasujiro, splendidamente interpretato dalla giovane attrice Kôji Yakusho è proprio quella di creare una storia centrale in cui l'handicap della ragazza fornisce spunti filmici molto evocativi grazie alle sequenze in cui il linguaggio audiovisivo si priva della traccia sonora per trasmetterci amplificandolo, lo stato d'incomunicabilità di quell'esistente, quale metafora unificante un po' tutti gli altri eventi e gli altri esistenti del film.(tratto da Roberto Bernabò, Recensione del film Babel)Le parole di Eleonora Fiorani:"Dobbiamo capire che le strutture esterne lavorano sulla nostra interiorità, sulla nostra dimensione profonda, generando in quella sede i nuovi bisogni.In realtà, però, i veri bisogni, le vere necessità, restano insoddisfatti.Noi infatti, nella situazione attuale, siamo sempre più circondati da oggetti, ma in realtà siamo sempre più poveri, poveri rispetto alla capacità di comunicare, di elaborare stimoli, di interpretare ciò che ci circonda, pur nell’iperstimolazione che ci proviene dalle parole e, ancora di più, dalle immagini. Certamente io sono dell’idea che le cose vadano molto male; penso che quello che sta capitando è che stiamo cercando di fare a noi stessi quello che abbiamo fatto alla Natura, vogliamo dimenticarci la nostra dimensione originaria, remota, e questo mi fa molta paura, mi spaventa molto. Vogliamo cercare di adeguare i ritmi umani, biologici, del corpo, che hanno i loro tempi, ai ritmi dell’artificiale, mentre sarebbe giusto vivere anche, ma non solo, la dimensione artificiale e tecnologica.Noi pensiamo di manipolare le macchine, ma in realtà anche le macchine manipolano noi, agiscono su di noi; non è mai un rapporto unilaterale, ma di scambio. E’ il problema della cosiddetta “deriva tecnologica”, cioè la tecnologia che non è più in funzione dell’Uomo ma del mercato, ed è questo che non funziona. Non è la tecnologia in se stessa ad essere un male, ma il modo in cui la società la vive e la gestisce.Per uscire da questa situazione Noi non abbiamo che Noi stessi. Le risposte devono venire da noi stessi. Certamente stiamo attraversando un periodo molto difficile, di transizione, che non sappiamo quanto potrà durare e dove ci porterà; io non ho delle risposte ma so che non abbiamo che noi stessi, non c’è niente e nessuno che può aiutarci. "