Creato da lapassante0 il 11/02/2008

Chiaraviola

"Ci sono persone che lottano tutta la vita è di loro che non si può fare a meno" B. Brecht

 

 

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Alcide Pierantozzi, una nuova e illuminante speranza per la letteratura italiana...

"Non può che essere così: per quale motivo i nostri padri non hanno saputo non pensare, cioè non hanno saputo fare i conti con l'impensabile? Perché le nostre madri hanno pensato solo a se stesse, a emanciparsi, a ridursi alle prontezze urbane di questa costruzione? Ma possibile che non hanno visto l'orrore, che non hanno visto che il mezzo stava diventando il fine? Perché siete stati in contraddizione con voi stessi volendo la cultura e il riconoscimento degli altri senza ricordarvi che tutta la vita è un fuori gioco? Nell'abbondanza sentire cos'è che ci manca, questo è il tormento più amaro.
[...] Il germe è diventato l'aspirazione all'aspirazione. Ma questo c'era già stato nella Grecia antica perché l'uomo ha sempre voluto essere felice, cioè guidare i grandi imperi per poi accorgersi di non aver conquistato nulla. Cioè capire tutto quello che hanno capito gli sfaccendati della mia età in due soli fatti: la mortificazione e la morte che ha il suo luogo privilegiato nella natura, che è il luogo della morte senza mortificazione, cioè il luogo della violenza originaria".

Alcide Pierantozzi, L'uomo e il suo amore, Rizzoli, 2008.

Sto leggendo attualmente l'ultimo libro di Alcide Pierantozzi, un ragazzo marchigiano di 23 anni che vive a Milano, L'uomo e il suo amore, un romanzo di circa 500 pagine, di non facile lettura, specialmente per chi non viene da studi classici e umanistici, perchè in questo libro si affronta di tutto: filosofia, citazioni letterarie, allegorie, metafore, versi di poesia ripresi e reinterpretati, frasi ex novo a proprio piacimento. Ma proprio come mi suggeriva Alcide, che ho con mio grande piacere conosciuto su facebook, per chi non ha studiato filosofia e viene da studi magari artistici il libro può essere meglio compreso, rispetto a un critico o un filosofo di professione. In sintesi il messaggio è questo: quello che interessa è la reazione d'istinto alla lettura, propria di una persona magari semplice, anche se non del tutto ignorante (che altrimenti si stuferebbe subito e abbandonerebbe il testo dopo poche pagine), la capacità di sapere andare oltre e di lasciarsi trasportare dalle parole anche se non si apprende appieno i contenuti appena letti. Per esempio le prime 40 pagine sono molto complesse e contorte... poi man mano che si va avanti tutto diventa più sciolto, con momenti molto piacevoli e riflessivi, per poi tornare alla complessità, un'avventura tutta da affrontare per il lettore, ma anche una bella sfida a decifrare i numerosi riferimenti filosofici che Alcide propone continuamente.

Ma di cosa parla L'Uomo e il suo amore? E' la storia, la grande storia, di Eugenio, un ragazzo ventenne che vive in Albania, con la sua vita che ruota attorno a tre figure femminili, Nila la sua fidanzata, Siddharta la prostituta e Maria una ragazza handicappata. La storia in sè è poderosa e affronta il tema dell'amore con gli strumenti filosofici, l'approccio di Eugenio con la figura femminile e con la vita. La scrittura di Alcide Pierantozzi è inedita, nel senso che non si limita al compitino del racconto ben scritto e piacevole da leggere per poterlo magari vendere a suon di milioni di copie, bensì è una vera e propria sperimentazione linguistica, un laboratorio prepotente di linguaggio letterario e filosofico, senza timori reverenziali nei confronti di mostri sacri come Pier Paolo Pasolini (Petrolio, Affabulazione e San Paolo) e James Joyce, così come pare evidente l'influenza filosofica di Parmenide. Ma descrivere qui tutti i suoi riferimenti è impresa molto complessa, diciamo che abbiamo molte citazioni della poesia di Lucrezio, di Bellezza, di Dostoevskij (Memorie dal sottosuolo), di Emily Dickinson, di Petrarca, di Kipling, Goffredo Parise, etc. Mentre appare decisivo e di primaria importanza il suo rapporto con la tragedia greca.

Nessun dubbio che siamo di fronte a uno dei migliori talenti che la nostra letteratura è in grado di proporci, e non tanto per come sa scrivere (anzi penso che ci siano altri che sappiano farlo meglio), ma quanto per i contenuti e per la complessità intellettuale di grande intelligenza e rara profondità. La potenza e la forza della capacità descrittiva di Alcide mi ricorda molto la figura di Pier Paolo Pasolini, anche attraverso quel suo linguaggio classico, e a volte persino crudo, tipico di chi racconta la vita e l'amore nella sua vicenda vera e reale. Un giovane talento che può aprire nuove strade e nuovi stili di ricerca per la letteratura italiana, una giovane mente illuminante che farà a lungo parlare di sè.

Tornerò a commentare l'opera di Alcide Pierantozzi alla conclusione della mia lettura dell'ultimo libro, con l'intenzione di potere prendere mano anche del suo primo lavoro, Uno in-diviso, scritto nel 2006.

p.s. Intanto ho già capito alcune cose che mi stanno aiutando a trovare una mia strada nell'ambito della mia passione per la lettura e la scrittura, l'insegnamento, attraverso quest'opera, di Alcide è a dire poco decisivo. Un barlume di luce nel buio pesto che stavo vivendo in questi ultimi anni... uno degli aiuti (indiretti nella lettura del libro, ma anche diretti con le illuminanti conversazioni della sottoscritta con Alcide, ragazzo dolce e gentile) più belli che abbia mai ricevuto negli ultimi mesi. Spero di mettere il tutto a frutto e di non deludere me stessa.

Giuseppe Genna scrive di lui su facebook:

Se scrivessi di questo "romanzo" di Alcide Pierantozzi (il che, appena ho tempo, farò), dovrei impegnarmi in un saggio complessissimo e molto semplice al contempo. Valga per ora, lapidaria, una constatazione impressionistica: giudico questo libro uno dei più importanti comparsi in Italia negli ultimi decenni - insieme a molti altri, sia chiaro, poiché la prosa italiana è a mio avviso in una fioritura quasi senza precedenti, e comunque l'opera del ventiduenne Alcide Pierantozzi si inscrive di forza nel mio pantheon personale. Se non si ha timore di una strutturazione che esonda i canoni della leggibilità lineare, L'uomo e il suo amore è una lettura indispensabile, che strappa dal presente e dall'alienazione, apre orizzonti ossigenanti, costringe prima a pensare e poi a non pensare più. Lo consiglio vivamente a chi ha l'ardire di non stare nel giochino di una retorica ormai surclassata da quella televisiva, ma dispone del coraggio di mettersi fuori gioco attraverso la letteratura. [gg]

Alcide Pierantozzi (San Benedetto del Tronto9 aprile 1985) è uno scrittore italiano.

Conseguita la maturità classica, studia filosofia teoretica presso l'Università Cattolica di Milano. Il suo primo romanzo, Uno in diviso[1], pubblicato nel 2006, è stato accolto favorevolmente dalla critica letteraria nazionale [1][2][3][4] ed è dedicato alla memoria di Pier Paolo Pasolini.

Uno in diviso è il racconto allegorico di due gemelli siamesi che si interessano alla politica e alla riflessione filosofica. Nascosti dal bancone dell'ingresso, lavorano come uscieri in un locale e ricordano, con due punti di vista antagonisti ma complementari, la miseria della loro giovinezza: progressivamente si fa strada l'assurdo percorso che li guiderà verso un incubo di cattiveria e disperazione, protagonisti e vittime di una follia di violenza che porta dritta verso la dannazione. Essi rappresentano una ipsilon umana, biforcuta, schizofrenica nel suo contenere un lato buono e uno cattivo.

Il suo secondo romanzo, L'uomo e il suo amore, è stato pubblicato dalla Rizzoli Editore nel 2008 riscuotendo l'approvazione di gran parte dell'establishment filosofico internazionale, a cominciare da Emanuele Severino ed è in corso di traduzione in numerosi paesi esteri. Alcuni critici hanno parlato di un'opera-mondo impraticabile, e conchiusa con la vita e la tradizione del romanzo borghese[5][6]. Il critico Sergio Pent (La Stampa) ha parlato di "un corpo narrativo senza etichette, a tratti - in cui emerge la volontà estrema di una ricerca letteraria che nasce dalle illuminazioni filosofiche di Parmenide e si spinge nelle paludi narrative dell'ultimo Pasolini. Un'opera in itinere, tra Italia e Albania, tra donne che lasciano il segno e interrogativi mai soddisfatti sull'amore. Un libro aspro e impervio, noioso e intrigante, crudele e fagocitante."[7]

Tra sogno, simbolo e realtà, attraverso il rapporto con tre donne, il narratore ripercorre l'intera storia del pensiero e della letteratura, reinterpretandola in maniera assolutamente originale. Ambientato in Albania, in esso si narra per quasi mille pagine l'epopea psichica di un attacchino, Eugenio Adriano, alle prese con tre donne povere e misteriose: una sovversiva politica di nome Nila, una prostituta di nome Siddharta e Maria, una bambina handicappata che lo guiderà ai confini dello spazio-tempo e, dopo la morte, alla Resurrezione. All'interno de L'uomo e il suo amore si trova un romanzo nel romanzo, La religione dei padri, che affronta la questione del divenire attraverso la descrizione di un drammatico rapporto tra padre e figlio.

Alcide Pierantozzi vive tra Milano e Colonnella e collabora anche con le riviste Rolling Stone e Max. Suoi articoli sono usciti anche per Il Messaggero, Il Resto del Carlino, Il Riformista, Inchiostro, Nuovi Argomenti, Il Foglio, Marche, Prospettiva Persona.

Sta lavorando al romanzo Vestiva di bianco nella casa buia, di prossima uscita da Rizzoli.

Da Wikipedia.

 
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La ragione l'è dei bischeri

Il fiorentino ama la rissa (verbale) , il dissenso aperto, la battuta pronta e diffida di chi gli dà facilmente ragione, perché ci tiene ad averla, ma quando si sente dire "L'ha ragione, l'ha ragione..." sospetta che lo si prenda in giro (per bischero) e che uno gli dia ragione per poter continuare a fare quello che gli pare.

In passato era ben vivo il gusto per le allusioni, la battuta con o senza doppio senso da cogliere al volo o dimenticare per sempre. Perché una battuta spiegata è un disastro. (Caterina)

Io con Caterina, la mia sorellina di cuore...

I Fiorentini sono dei passionali trattenuti e la fiorentinità è loro scudo. Prendono in giro gli altri soprattutto quando fanno cose che farebbero anche loro, in un festival perverso di autoironia. Questo scudo li rende spesso un po' chiusi, un po' orsi, tanto sono diffidenti, sospettosi, sempre pronti a pensare che gli altri li vogliano fregare. Ma è anche la loro salvezza: Firenze difficilmente si plasma, difficilmente si piega. Il loro terreno non è fertile per chi vuole piazzare le tende delle limitazioni alla libertà, e di questo i Fiorentini ne saranno sempre tremendamente orgogliosi e fieri! (Sandro)

I miei amici con i quali condivido la mia passione viola... Sandro, Caterina, Cristian, Simone e Salvatore, intelligenza e cuore: persone splendide.

 

E LA FIORENTINA

E’ tutto peggiorato nel mondo, non solo nel calcio, e allora bisogna partire da se stessi: in Italia si amano i riti, anche quelli falsi, evidenti, ridicoli… il calcio è un po’ tutto questo. Non so se siamo tifosi idioti, ma so che siamo veramente innamorati e che allo stadio andremo ancora. E sia chiaro:  non vogliamo regali, anche perché sappiamo che così è più bello vincere e non ce ne frega niente se siamo gli unici a farlo (o forse qui mi illudo?). Siamo rimasti solo noi? E allora diamo il meglio di noi stessi, non ci pentiremo, ma soprattutto teniamoci ben stretta la nostra diversità.

... penso all’urlo collettivo di Firenze, a quel modo di gridare al mondo la propria voglia di esserci.
Non esistono tifoserie capaci di esplodere d’amore infinito come i fiorentini. Una parte dell’Italia se ne è accorta, ma sinceramente non ci interessa… in fondo quelli che ora ci fanno i complimenti, sono gli stessi che hanno cercato di distruggerci… ipocriti…
Ci guardiamo in faccia e ci accorgiamo di avere negli occhi una luce nuova, intensa, brillante…quella luce è la Fiorentina. Hanno provato a portarcela via, non ci sono riusciti. E sapete perché? Immaginate di chiudere gli occhi, di riaprirli e accorgersi di vivere un sogno vero. Un sogno chiamato Fiorentina. Squilla il telefono, è un’amica, non tifosa, ma evidentemente contagiata…”Chiara, sono strafelice per te…un amore sincero non muore mai”.

 

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Essenso figlia privilegiata di due ex sessantottini il mio cuore è inevitabilmente ROSSO... Posso vantarmi di essere sempre rimasta fedele alle mie idee, anche se i tempi cambiano e la politica di oggi non è granchè. VORREI PIUTTOSTO AVERE LA STESSA DIGNITA' E FORZA MORALE DI QUESTI GRANDI UOMINI E DONNE, ALCUNI DI LORO VERI MARTIRI... SALVADOR ALLENDE, ERNESTO CHE GUEVARA, FIDEL CASTRO, JOSE' ZAPATERO, ENZO BIAGI, NILDE IOTTI, ENRICO BERLINGUER, PALMIRO TOGLIATTI, ALDO MORO. NELL'ATTUALITA', OLTRE A WALTER VELTRONI E ZAPATERO, ABBIAMO ROBERTO SAVIANO, UN RAGAZZO ECCEZIONALE E SONO ORGOGLIOSA CHE CI SIA UN ITALIANO, COETANEO CAPACE DI RIMANERE COSI' INTEGRO, LUCIDO, INTELLIGENTE E FORTE... LA SUA TRAGICITA' MI RICORDA PER CERTI VERSI QUELLA DI PASOLINI, LA SUA COERENZA INTELLETTUALE E' LA STESSA DI ENZO BIAGI, LA SUA PASSIONE PARI A QUELLA DI INDRO MONTANELLI... FINCHE' SCRIVERANNO PERSONE COME LUI, POTREMO ANCORA AVERE SPERANZA IN QUESTO MONDO.

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