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Noi, branco di apolidi


  Il 7 gennaio, festa del Tricolore, ho girato Firenze in lungo e in largo. E con mia grande sorpresa, eccezion fatta per gli edifici pubblici che vi sono tenuti per legge, non ho visto sventolare alle finestre e sui balconi delle abitazioni private nessuna bandiera. Non solo in periferia ma nemmeno in pieno centro. Neppure a Piazza della Signoria, dove non sono pochi gli edifici importanti. Il bello, anzi il brutto, è che le cose non sono andate meglio a Reggio Emilia, dove la nostra bella bandiera è stata esposta per la prima volta per l’appunto il 7 gennaio 1797, 219 anni fa, quando nacque la Repubblica Cispadana. Lì la cerimonia si è svolta alla presenza della presidente della Camera Laura Boldrini. Che s’è guardata bene di pronunciare la parola Patria e ha evocato invece il Paese. Il bel Paese, manco fosse una marca di formaggio. Ciò nondimeno, la festa è stata guastata dal disinteresse della gente per il nostro amato Tricolore. Ora, un fatto del genere sarebbe inconcepibile non solo a Parigi, a Londra, a Madrid e in tutti gli altri Paesi dell’Unione europea, ma probabilmente perfino nel più sperduto paesello dei cinque Continenti. Invece da noi nessuno ci fa caso. A cominciare dai rappresentanti delle nostre istituzioni nazionali e locali, che avrebbero dovuto sensibilizzare i cittadini perché ricordassero al meglio l’avvenimento. La verità è che siamo un popolo dimentico del proprio passato, incerto del proprio futuro e immerso in un presente in bianco e nero che fa venire il magone per il menefreghismo della gente. Aveva ragione Indro Montanelli. Più passa il tempo e più corriamo il rischio di diventare un branco di apolidi. Senza radici. Senza Patria. Che tristezza! Correlati Paolo Armaroli