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Sono 160mila le “extra” imprese che funzionano

Post n°83 pubblicato il 16 Gennaio 2009 da iusprecari
 

Non solo immigrati (di Alessandro Litta Modignani)

 Attualmente, nel nostro paese, le imprese condotte da titolari non italiani sono 160.000 e danno lavoro a circa mezzo milione di persone. In generale, si stima che il gettito fiscale prodotto dai lavoratori extracomunitari ammonti in Italia a una cifra compresa fra i 5 e i 6 miliardi di euro, mentre superiore ai 6 miliardi di euro – cioè oltre mezzo miliardo al mese – è la somma che costoro versano annualmente nelle casse dell’Inps.

Queste e molte altre cifre sono state illustrate ieri a Milano, nel corso della conferenza stampa di presentazione del volume “Immigrati Imprenditori”, curato dalla Fondazione Ethnoland in collaborazione con la Caritas. Grazie a questa iniziativa, torna sotto i riflettori non tanto il fenomeno immigratorio nel suo complesso, quanto in particolare quella speciale classe di “stranieri” in grado di generare ricchezza, creare occupazione e fare impresa.

“Fra i tanti “diritti” di cui si parla di continuo – ha osservato Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima – vi è anche il diritto di accesso al credito, uno dei più difficili da far valere, per gli italiani e ancora più per gli straneri”. Morganti ha citato vari esempi: dal prestito d’onore agli studenti, ai ritardi dei sussidi per i cassaintegrati, fino appunto agli imprenditori extracomunitari.

Le imprese “extra” costituiscono un formidabile fattore di integrazione. Non c’è come fare qualche soldo – non necessariamente fino a diventare ricchi - per capire fino in fondo il valore della libera impresa e della società aperta, hanno convenuto i partecipanti. Viceversa, gli eccessi di burocrazia, le difficoltà di vita, l’ostilità palese di una parte della società possono creare forti risentimenti e ghetti pericolosi. Ben venga dunque tutto ciò che serve a generare integrazione, benessere e consenso.

Insomma aiutare le imprese extracomunitarie non solo è giusto, ma anche ci conviene, ha notato Don Roberto Davanzo, della Caritas. “Vorrei spogliarmi dell’abito talare – ha detto il sacerdote – e fare ricorso agli argomenti più utilitaristici e razionali. L’immigrazione è una realtà di fatto, l’integrazione è necessaria e l’imprenditoria è un’opportunità virtuosa, da favorire in ogni modo”.

La parte del leone l’ha fatta il padrone di casa, Otto Bitjoka, il carismatico imprenditore di origine camerunese, presidente della fondazione Ethnoland, che ha presentato alcuni dei presenti: dalla stilista di successo all’ex pilota dell’esercito albanese, dal costruttore argentino di origine italiana all’imprenditore nato in Italia da genitori egiziani. “Siamo tutti uniti da una comunità di destino” ha ripetuto Bitjoka, che, proprio per approfondire questi aspetti, terrà un corso universitario sui “nuovi paradigmi conoscitivi” del fenomeno immigratorio.

Il libro presenta una ricca panoramica di dati e tabelle, suddivisi per regione e per paese di provenienza, utili a chi voglia documentarsi sulla questione; ma racconta anche tante storie individuali di piccoli imprenditori che faticosamente hanno trovato la loro strada. Infine indica delle prospettive di sviluppo, indispensabili per chi ambisce a governare uno dei fenomeni più drammatici del nostro tempo, in una cornice di libertà e coesione sociale.

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