Creato da allegragioia78 il 19/06/2011

IL BELLO DELLE DONNE

LE LETTURE VANNO BENE X AVERE UN'IDEA SUL DA FARSI. MA CIÒ CHE CONTA È LA MESSA IN PRATICA, NEL FARE QUOTIDIANO, DI QUELLO CHE ABBIAMO COMPRESO E APPRESO. E ANCOR DI PIÙ RENDERE PARTECIPI GLI ALTRI DELLE NOSTRE CONQUISTE E DELLE NOSTRE REALIZZAZIONI. UNA PRECISAZIONE: NON È CULTURA, È IL MIO VISSUTO QUOTIDIANO. VI RICORDO( A TUTTI ) CHE UNA MANGUSTA TIENE A BADA 7 SERPENTI! NON SOLO IN SENSO LETTERALE !

 

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allegra gioia... già..

Post n°808 pubblicato il 21 Marzo 2019 da allegragioia78
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dammi più secondi e una spillatrice,

voglio agganciarli e fare una stola che mi protegga dalla sofferenza.

Ho fatto un rivestimento temporale di un calore quasi viscerale

che spazza il pavimento con i bordi,

cancellando le tracce.

Non so più da dove vengo, e nessuno può scortare i miei passi.

Trascino le scarpe appassite e bruciate dal camminare tra le torce autunnali

che coprono i marciapiedi.

Il genio della sfortuna è che si insinua nella mia memoria

come il ragno che si insinua attraverso la mia finestra

e mi saluta al mattino pettinando la sua pancia in modo calmo e pacifico.

Non so più dove sto andando, nessuno mi avverte come continuo o come torno.

Compagni, ho dimenticato quale era l'ultimo dei miei piedi

a toccare terra. Non riesco a scoprire se hanno mai rischiato un simile tentativo,

Se ricordo le tue spalle che odorano di tè alla cannella

e che hai una mandorla alla noce con una lentiggine dorata.

Era quello di sinistra. Sul marciapiede un gatto danza con le zampe macchiate

e i baffi vengono incoraggiati a strofinare il naso tra alcune petunie.

Seguo le cascate che coprono i muri di mattoni di bergamotto.

Le mie budella protestano corrugate e la fame è installata con elmetto e paletto.

Marciano inciampano con la stola e decidono di invitare

come offerta personale solo un pezzo del mio cappotto allo stomaco

che mi solleva in armi mi minaccia.

Poi mi strappo il mio mantello del tempo e per qualche istante innaffio

i ciottoli mentre il mio esofago si diletta con dozzine di momenti

che sono come cracker di riso aromatizzati con vino bianco.

Ammiro me stesso con il fuoco che esplode nei confini degli edifici

che popolano il blocco, il sole cade in un'agonia silenziosa

e mi lascio andare con gli occhi chiusi alla luce arancione.

Le note di un pianoforte lanciano alle mie orecchie

l'immobilità delle prugne che muoiono nella brezza corrugata.

Il dente canino insegue la pulce che insegue il cane

che insegue la coda con l'ansia traboccante e una profonda paura,

perché se improvvisamente catturato sarebbe immerso nella disperazione.

Perseguiamo ciò che sappiamo di non poter catturare,

ricerca perpetua e succulenta di identità.

Mi sbrigo quando la mia pancia di nuovo mi costringe

violentemente a mangiare il mio mantello.

Stringo le maniche lentamente e cospargo la bocca di settimane verdi e viola

che scendono miracolosamente, soddisfacendo a malapena il cavo nella mia pancia.

Nel cammino arrivano le stelle, si agitano a testa in giù,

complottano il combattimento di una guerra galattica che mi troverà fuori casa,

se è vero che ho una casa. Quindi è possibile che soccomba in battaglia e io mi

inginocchio per contemplare i miei amici le formiche che scendono

nelle acque sotterranee.

Nella mia mente una faccia si è ammucchiata,

immagino un potente magnete che trascina le mie nocche sul suo viso

e senza volerlo amare divoro il resto del mio vestito con un soffio.

Del mio cappotto del tempo c'è solo la corda che mi legava al collo

con veemenza di desiderio. Non ho più frattaglie o cibo temporanei.

Non ho più rubato per cancellare le mie tracce.

Non c'è più alcun indumento che mi protegga dal cattivo presagio

che si aggira tra il cogito e l'anima.

Raccolgo briciole d'altri tempi come la lana e comincio a tessere

una nuova tuta di volte per questa stagione.

già..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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