Vita Activa

Vent'anni passati inutilmente


Quest'anno Viktor Yushenko si è dato parecchio da fare intorno alla questione di Cernobyl, con raffiche di interventi, presenze e discorsi: un modo per rivitalizzare, un prestigio parecchio compromesso nell'ultimo anno, nonché per far passare almeno provvisoriamente in secondo piano il fatto che proprio lui e il suo partito stanno da un mese esatto (dalle elezioni politiche del 26 marzo) traccheggiando in modo scandaloso senza decidersi a dare al paese un governo, alleandosi con l'uno o con l'altro dei due schieramenti alternativi emersi vincitori dal voto popolare.Ma non è solo opportunismo quello che sta dietro l'accresciuta attività del presidente e del suo governo sull'argomento. C'è anche, abbastanza evidente, la messa in luce di un nuovo atteggiamento generale su Cernobyl e il nucleare, ben inserito in un trend visibilissimo un po' in tutta Europa. Mentre una delegazione di Legambiente manifestava davanti al palazzo del governo a Kiev chiedendo la chiusura definitiva della centrale (i cui reattori, pur disattivati, non sono stati ancora decommissionati e spenti), Yushenko volava in elicottero alla centrale stessa per dichiarare che l'energia nucleare nel mondo «è la più sicura» e promettere nuovi progetti; e il viceministro per le emergenze e per la protezione della popolazione dalle conseguenze di Cernobyl (si chiama proprio così il ministero) Volodymyr Kholosha annunciava in Parlamento che per la zona di Cernobyl «è ora di passare alla fase della ricostruzione e dello sviluppo». Si sa benissimo che Yushenko, per dire, è favorevole all'idea di realizzare proprio nel sito della centrale distrutta un grande deposito per lo stoccaggio delle scorie radioattive (peraltro già da parecchio tempo centinaia di tonnellate all'anno di scorie in forma liquida - acqua di lavaggio delle polveri contenute nel sarcofago - vengono in qualche modo stoccate sul posto); il governo da parte sua sta coltivando con entusiasmo l'idea di portare la «quota nucleare» della produzione complessiva di energia del paese con la costruzione di 11 nuovi reattori (due sono effettivamente già in costruzione, per altri nove c'è il progetto) nelle centrali già esistenti di Zhitomyr e di Yuzhnyi. Così si spenderebbe molto di meno di quel che costerebbe andare avanti nei prossimi decenni con la dipendenza da gas e petrolio importati.Yushenko ha ribadito ancora una volta l'idea che l'economia delle regioni ucraine contaminate nel 1986 e da allora rimaste praticamente ferme (si parla delle aree non evacuate, naturalmente) deve essere rivitalizzata anche attraverso un nuovo sviluppo agricolo.Parlare di rilancio economico delle aree contaminate senza che avanzi con serietà un progetto per la loro decontaminazione, o quantomeno per la mappatura completa della radioattività sul territorio, appare abbastanza folle: eppure si sa che in alcune località ucraine, a tutt'oggi normalmente abitate e in attività, il livello di radiazioni è pari se non superiore a quello della desertificata Pripyat La giusta urgenza di «fare qualcosa» in positivo, dopo vent'anni in cui ci si è occupati quasi esclusivamente (e senza riuscirci gran che) di tappare falle e curare ferite, confina ambiguamente con una spinta alla rimozione dei problemi, per «andare avanti» ignorandone la sostanza.