Ha «turbato l'ordine pubblico» dice la procura di Roma. Pisanu esulta, Berlusconi: «Ricontare tutto»Una contravvenzione da trecento euro pescata in fondo al codice penale: «Diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico», articolo 656. Finisce così l'inchiesta della procura di Roma sui presunti brogli delle scorse elezioni, denunciati da Enrico Deaglio nel suo film «Uccidete la democrazia!». Il direttore di Diario e Beppe Cremagani, l'altro autore del documentario, sono passati ieri pomeriggio da testimoni ad indagati. Rischiano poco, l'arresto fino a tre mesi o una ammenda fino a 309 euro. I due, gli hanno spiegato i pm Salvatore Vitello e Francesca Loy, sostenendo che durante la notte tra il 9 e il 10 aprile i dati elettorali potrebbero essere stati truccati tramite un software piazzato nei computer del Viminale, hanno allarmato inutilmente l'opinione pubblica, perché quei dati sono solo «ufficiosi», visto che la proclamazione degli eletti avviene sulla base dei verbali inviati alle Corti di appello e quindi alla Cassazione e non su quelli che compaiono ancora adesso sul sito del ministero dell'Interno. Il direttore di Diario ha provato ad argomentare che se l'imbroglio fosse riuscito e Silvio Berlusconi si fosse davvero proclamato eletto in quella nottata, i dati della Cassazione inviati due settimane dopo non avrebbero potuto cambiare granché. Al massimo si sarebbe andati ad elezioni anticipate. Niente da fare, dopo neppure due ore di interrogatorio, l'indagine era avviata e con lei la decisione di cestinare tutto il resto dell'inchiesta. Eppure gli elementi sospetti, c'erano, si stringeva nelle spalle ieri sera Deaglio: «Mi sembra una accusa da anni '60. Mi aspettavo che la procura proseguisse l'indagine su tutti gli elementi sospetti, dovevano ricostruire quel che è accaduto. Ci sono cento interventi di esperti che pongono interrogativi, loro sono gli unici che non hanno domande. E' uno sbarramento al giornalismo d'inchiesta». In effetti l'accusa di aver diffuso notizie che turbano l'opinione pubblica è brutta e non solo perché all'indomani dalle elezioni Silvio Berlusconi disse anche di peggio senza che un qualunque pm di piazzale Clodio battesse ciglio. Deaglio e Cremagnani hanno predecessori da medaglia a cominciare dagli studenti del Liceo Parini che nel '68 pubblicarono sul giornalino La Zanzara una inchiesta sui comportamenti sessuali dei giovani per finire con un giornalista che nell'81 scrisse sul Corriere della sera che il procuratore capo di Roma avocava a se l'inchiesta sulla loggia P2 (in entrambi i casi gli imputati furono assolti). E poi rimane il dato noto a tutti i sondaggisti: durante le elezioni dell'aprile scorso le schede bianche sono crollate in modo incredibile. Solo nel 1948 ce ne sono state di meno, si legge sul sito Clandestinoweb del sondaggista Lugi Crespi. Allora erano 164.392, nel '53 erano più o meno quelle di ora (all'epoca 436.534 ad aprile scorso 445.497). Ma per il resto le bianche hanno sempre avuto valori molto alti. Persino alle elezioni del 1992, le ultime con sistema proporzionale, furono 872.025. E sul perchè di questo crollo clamoroso nessuno - di certo non Deaglio ma neppure la procura di Roma - ha saputo dare una spiegazione chiara. Il direttore di Diario dice di avere ancora qualche carta da giocare in una partita che al momento lo vede conciato maluccio. «Ricordate le 48.000 schede contestate di cui parlava Berlusconi che poi crollarono a 2000 perché frutto di un "errore" riconosciuto dal ministro degli Interni Pisanu?» apostrofava ieri i cronisti di piazzale Clodio: «Ho scoperto da dove le avevano prese: erano le bianche di cinque province italiane. E la cosa strana è che se si riportano quelle schede bianche nelle legittime province, almeno in quei cinque casi le non votate tornano ad avere valori simili a quelli del 2001». Una delle incriminate è la provincia di Catania, da dove i rappresentanti dei Comunisti italiani hanno inviato varie interrogazioni parlamentari. Per conoscere le altre bisognerà aspettare il Diario di venerdì prossimo. Ma certo non basterà per trovare l'autore del delitto perfetto. Silvio Berlusconi ieri sera è tornato a chiedere di ricontare tutto: «Bisogna essere determinati nel richiedere il riconteggio di tutte le schede, ci sarebbero 150 mila schede che non tornano tra votanti e voti». Ma il più raggiante era l'ex ministro dell'interno Giuseppe Pisanu, accusato sia di aver favorito l'ex premier nell'imbroglio sia di aver assegnato al figlio l'appalto per una sperimentazione telematica i cui contorni non sono mai stati troppo chiari: «Spero che tutti coloro che hanno dato credito a questa ignobile iniziativa, compresi purtroppo alcuni avversari politici, trovino il tempo e il modo di vergognarsene».
«Brogli? Un falso». Deaglio indagato
Ha «turbato l'ordine pubblico» dice la procura di Roma. Pisanu esulta, Berlusconi: «Ricontare tutto»Una contravvenzione da trecento euro pescata in fondo al codice penale: «Diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico», articolo 656. Finisce così l'inchiesta della procura di Roma sui presunti brogli delle scorse elezioni, denunciati da Enrico Deaglio nel suo film «Uccidete la democrazia!». Il direttore di Diario e Beppe Cremagani, l'altro autore del documentario, sono passati ieri pomeriggio da testimoni ad indagati. Rischiano poco, l'arresto fino a tre mesi o una ammenda fino a 309 euro. I due, gli hanno spiegato i pm Salvatore Vitello e Francesca Loy, sostenendo che durante la notte tra il 9 e il 10 aprile i dati elettorali potrebbero essere stati truccati tramite un software piazzato nei computer del Viminale, hanno allarmato inutilmente l'opinione pubblica, perché quei dati sono solo «ufficiosi», visto che la proclamazione degli eletti avviene sulla base dei verbali inviati alle Corti di appello e quindi alla Cassazione e non su quelli che compaiono ancora adesso sul sito del ministero dell'Interno. Il direttore di Diario ha provato ad argomentare che se l'imbroglio fosse riuscito e Silvio Berlusconi si fosse davvero proclamato eletto in quella nottata, i dati della Cassazione inviati due settimane dopo non avrebbero potuto cambiare granché. Al massimo si sarebbe andati ad elezioni anticipate. Niente da fare, dopo neppure due ore di interrogatorio, l'indagine era avviata e con lei la decisione di cestinare tutto il resto dell'inchiesta. Eppure gli elementi sospetti, c'erano, si stringeva nelle spalle ieri sera Deaglio: «Mi sembra una accusa da anni '60. Mi aspettavo che la procura proseguisse l'indagine su tutti gli elementi sospetti, dovevano ricostruire quel che è accaduto. Ci sono cento interventi di esperti che pongono interrogativi, loro sono gli unici che non hanno domande. E' uno sbarramento al giornalismo d'inchiesta». In effetti l'accusa di aver diffuso notizie che turbano l'opinione pubblica è brutta e non solo perché all'indomani dalle elezioni Silvio Berlusconi disse anche di peggio senza che un qualunque pm di piazzale Clodio battesse ciglio. Deaglio e Cremagnani hanno predecessori da medaglia a cominciare dagli studenti del Liceo Parini che nel '68 pubblicarono sul giornalino La Zanzara una inchiesta sui comportamenti sessuali dei giovani per finire con un giornalista che nell'81 scrisse sul Corriere della sera che il procuratore capo di Roma avocava a se l'inchiesta sulla loggia P2 (in entrambi i casi gli imputati furono assolti). E poi rimane il dato noto a tutti i sondaggisti: durante le elezioni dell'aprile scorso le schede bianche sono crollate in modo incredibile. Solo nel 1948 ce ne sono state di meno, si legge sul sito Clandestinoweb del sondaggista Lugi Crespi. Allora erano 164.392, nel '53 erano più o meno quelle di ora (all'epoca 436.534 ad aprile scorso 445.497). Ma per il resto le bianche hanno sempre avuto valori molto alti. Persino alle elezioni del 1992, le ultime con sistema proporzionale, furono 872.025. E sul perchè di questo crollo clamoroso nessuno - di certo non Deaglio ma neppure la procura di Roma - ha saputo dare una spiegazione chiara. Il direttore di Diario dice di avere ancora qualche carta da giocare in una partita che al momento lo vede conciato maluccio. «Ricordate le 48.000 schede contestate di cui parlava Berlusconi che poi crollarono a 2000 perché frutto di un "errore" riconosciuto dal ministro degli Interni Pisanu?» apostrofava ieri i cronisti di piazzale Clodio: «Ho scoperto da dove le avevano prese: erano le bianche di cinque province italiane. E la cosa strana è che se si riportano quelle schede bianche nelle legittime province, almeno in quei cinque casi le non votate tornano ad avere valori simili a quelli del 2001». Una delle incriminate è la provincia di Catania, da dove i rappresentanti dei Comunisti italiani hanno inviato varie interrogazioni parlamentari. Per conoscere le altre bisognerà aspettare il Diario di venerdì prossimo. Ma certo non basterà per trovare l'autore del delitto perfetto. Silvio Berlusconi ieri sera è tornato a chiedere di ricontare tutto: «Bisogna essere determinati nel richiedere il riconteggio di tutte le schede, ci sarebbero 150 mila schede che non tornano tra votanti e voti». Ma il più raggiante era l'ex ministro dell'interno Giuseppe Pisanu, accusato sia di aver favorito l'ex premier nell'imbroglio sia di aver assegnato al figlio l'appalto per una sperimentazione telematica i cui contorni non sono mai stati troppo chiari: «Spero che tutti coloro che hanno dato credito a questa ignobile iniziativa, compresi purtroppo alcuni avversari politici, trovino il tempo e il modo di vergognarsene».