Vita Activa

Ricordo senza memoria


La memoria non è semplice ricordo: non può essere elencazione di fatti, richiede elaborazione. E, soprattutto, non accetta le semplificazioni, di cui si nutre la propaganda. Se poi si tratta della memoria di un secolo come il 900 - così aspro e duro - la ricostruzione di una memoria comune non può isolare le singole tragedie - e ce ne sono tante - facendo finta che ognuna sia indipendente dall'altra. Così si celebra, non si fa capire; e alla fine quella celebrazione suona come estranea a chi non è stato parte in causa. Ieri il Presidente della Repubblica ha ricordato solennemente le vittime italiane delle foibe e l'esodo forzato dall'Istria e dalla Dalmazia: alcune migliaia di persone uccise nell'immediato dopoguerra durante l'occupazione jugoslava di Trieste, decine di migliaia di donne e uomini che abbandonarono le proprie case sotto la pressione del revanscismo sloveno e croato. Ciampi nel far ciò ha condannato il nazionalismo e l'odio etnico. Giusto. Peccato che il Presidente non abbia speso una parola contro ciò che stava alla radice di quell'odio: l'espansionismo fascista - con relative stragi - sul confine orientale. E, prima, la furibonda campagna di italianizzazione delle popolazioni slave durante il ventennio. Chiunque sia nato tra Trieste e Gorizia sa che prima del fascismo quel confine non esisteva, né sulla carta, né soprattutto nelle menti e nella vita quotidiana di chi lì viveva. Italiani, sloveni, croati si mescolavano, facevano gli stessi lavori, abitavano le stesse case, venivano sepolti negli stessi cimiteri. L'uno a fianco dell'altro. Il confine è venuto dopo e anche se non c'era sulla carta geografica, cresceva nel razzismo istituzionale del regime italiano. Poi vennero la guerra e le persecuzioni, i campi di detenzione per i civili jugoslavi, le stragi, i paesi bruciati. Un odio militarmente praticato che si rovesciò nella rappresaglia delle foibe e nell'esodo finale. Tutto questo è stato rimosso dal Presidente della Repubblica. Che insieme alla storia deve aver anche dimenticato di rispondere all'invito fattogli più volte di visitare l'isola di Arbe, sede del principale campo di concentramento italiano per civili jugoslavi. Ma, forse, ci vorrebbe memoria, non un semplice ricordo. Gabriele Polo