aropp to dico...

duomo di Orvieto


si mise in macchina, serbatoio pieno, accese la radio con uno dei suoi cd, fatti da lui, con le più anomale selezioni, dal vecchio vasco alla colonna sonora di un film, a qualsiasi cosa gli avesse comunicato emozione musicale e partì.ìera fatto così, per tutte le sue cose, se qualcosa o qualcuno gli aveva dato emozioni, lui ci tornava sempre, per rinnovarne sia pure il ricordo, d'altronde la nostra anima è intrisa di ricordi, alcuni coscienti, altri no, ed in giro per l'Itallia, c'erano cinque o sei luoghi, che lo affascinavano e stordivano come nessuno.l'immancabile sigaretta, l'immancabile caffé sull'autogrill, cosa che gli piaceva molto, come le stazioni, quella folla vociante, quella briosa animosità dei viaggiatori, i mille orotini che si incrociano per un attimo al bancone del bar, la festosità esosa degli stessi autogrill, ecco, era piacevole, diverso, era rompere il circolo vizioso delle nostre quotidianità.in auto, nella sua audi a4 grigia, era a casa, a volte ci si sente più a casa in auto, la scelta  di un'auto per i maschi è cosa diversa che per le donne, si sceglie l'auto come si sceglie una donna, ci si innamora della forma della linea come dei fianchi femminili, chi non ha mai visto qualcuno intento a guardarsi la propria auto, quasi un rapporto sensuale.beh, comunque fossa la cosa, era in viaggio, così, senza alcun programma, senza alcuna previsione, 400 km, in musica, e il mondo scorrere dal finestrino, i pensieri anche.Non era da tutti, sobbarcarsi, da solo, un viaggio, e solo per rientrare in un edificio antico, ma Orvieto ed il suo duomo l'avevano preso, conquistato, commosso.giunse che era quasi sera, il cielo contribuiva a rendere l'atmosfera surreale, denso, nero, gravido di piogge imminenti, poche persone, la piazza semivuota, non ero più nel 21 secolo, ero dieci secoli prima....mi avvicino alle poderose mura policrome, le accarezzo, seguo con le dita le lievi tracce del tempo sulla pietra greve, alzo gli occhi ai mille mosaici d'oro, le guglie come sfide di intarsi al cielo, ceselli irreali, e sparisco, non ci sono, assorbito dal bello, dal silenzio dei secoli, dalle mille vite che hanno calpestato quel sagrato, rimango immobile come stordito, per interminabili attimi.....qualche passante...osserva e scuotendo il capo mi da di matto.....