LA COLPA DI SCRIVERE

"φῶς", mostra in omaggio a Davide Aino


     Serata di grande arte e cultura, al Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, dove è stata inaugurata la mostra antologica φῶς.  Omaggio all’artista Davide Aino, curata da Enzo Palazzo e Loredana Fiammetta Aino e che resterà aperta fino al 18 febbraio.            La mostra, voluta fortemente dalla famiglia dell’artista, è stata realizzata grazie all’apporto dei Servizi Educativi del Museo della Sibaritide e dell’Associazione Culturale e Ricreativa PICARD “Davide Aino”.            Davide Aino (1934-2009), da giovanissimo incominciò a interessarsi di pittura, e in qualche modo è figlio d’arte, in quanto, insieme al fratello Biagio, lavorò per lungo tempo col padre Leonardo, decoratore di case antiche. Ma appresi i primi rudimenti della tecnica, l’interesse di Davide andò oltre la pura e semplice decorazione, e ben presto iniziò a produrre opere in proprio e a caratterizzarsi e affermarsi come pittore.            Davide Aino è persona semplice, che non cerca di imporre la sua arte e incurante delle mode e delle apparenze, prosegue nella sua ricerca pittorica, giungendo a esiti sorprendenti, che dimostrano come fosse profonda la sua ricerca, e come l’artista fosse attento ai nuovi fermenti che negli anni attraversavano il mondo dell’arte. E questa retrospettiva antologica, lo dimostra ampiamente.            Davide Aino è “artista artista”, senza altri aggettivi. Ma se proprio vogliamo qualificare, si può aggiungere, artista robusto, tenace, cosciente delle proprie capacità, ma sempre alla ricerca di nuovi modi per esprimere il suo sentire e sempre coraggioso nello sperimentare nuove tecniche, che lo portano a sublimare nel segno e nei colori il suo mondo interiore, che sicuramente è fatto di visioni e acute osservazioni, sul mondo, sugli uomini e sulla vita.            I risultati sono evidenti, e passano dalla figura e dal paesaggio convenzionali, alla solitudine di figure isolate nel mondo dei colori e dell’immaginazione, dove Inferno e Paradiso, si confondono nell’inquietudine di una analisi che va oltre ogni confine, immaginando un infinito e un’eternità che solo si possono tratteggiare e rappresentare senza compiutezza. Come un grido lancinante che squarcia il mistero di una vita, che comunica l’angoscia di quello che potremmo essere, ma non può definirne tutti i particolari, e indicare tutte le strade da percorrere, per giungere a dipanare il mistero dell’arte e della vita.            Ecco, il mistero è la chiave di lettura dell’opera di Davide, che non pretende di svelare grandi verità, ma ci conduce a riflettere sul significato dell’esistenza. E questa, al di là di ogni altra interpretazione tecnica e specialistica, mi sembra il vero significato della vita e dell’opera dell’artista.            Ricordo che nel 2005, a Cerchiara di Calabria, quando gli venne assegnato il Premio alla Cultura “L’Arca dei Sentimenti”, mi disse che da sempre era stato affascinato dai cerchi che si formavano nel secchio di tempera, quando metteva dentro i pigmenti colorati: capii che in quei cerchi di colori, lui vedeva l’infinito, e capii che Davide era un grande artista.            E a distanza di alcuni anni, con soddisfazione saluto la manifestazione di stasera, che rende omaggio a un vero “artista artista”. Senza aggiungere altro. Perché Davide mi piace pensarlo nella sua semplicità di uomo, che aveva dentro di sé il segreto grande della sua arte.            La serata è stata condotta con eleganza da Emilio Panio e ha registrato gli interventi di Anna Lucia Casolaro, responsabile dei Servizi Educativi del Museo della Sibaritide, di Francesco Mundo, sindaco di Trebisacce, città natale di Davide Aino, di Giovanni Papasso, sindaco di Cassano All’Ionio e la relazione critica di Enzo Palazzo.            A fine serata, sono intervenuti i figli dell’artista, Loredana Fiammetta e Leonardo, che hanno portato una commossa e preziosa testimonianza sul padre.            Ma se Davide, questa sera fosse stato con noi, avrebbe concluso dicendo, ne sono sicuro, “io vivo di immagini, di ispirazioni”, e avrebbe aggiunto, non preoccupatevi tanto per la mia opera, ancora la maggior parte della gente “entra nella Cappella Sistina guardando e meravigliandosi del pavimento”. Perciò io mi fido solo del “mio collega, anche se fallito come pittore, per me è importante che abbia avuto o che abbia ancora a che fare con pennelli. Di chi legge solo libri non mi fido più di tanto”.            Questo era Davide Aino, uomo e artista. Sibari 18 gennaio 2014 Alfredo Bruni