LA COLPA DI SCRIVERE

Bonifacio Vincenzi, Le bambine di Carroll, Erato – LietoColle, 2015


             Il lupo perde il pelo ma non il vizio. E fin qui niente di drammatico. Come nessuno nasce imparato, nessuno nasce perfetto, e tutti, dico tutti, nasciamo con i nostri difetti e i nostri vizi. Diventa allarmante, invece il fatto che se quei vizi e quei difetti, li spacciamo per virtù, e qualcuno è disposto anche a crederci, il mondo è in pericolo. Una rischiosa epidemia di credulità acquisita e di vanagloria congenita e deformante, sta per diffondersi.            Leggo con dispiacere e delusione, il “nuovo” libro di un amico, o ex amico come egli si ostina a definirmi tanto per darsi un tono, che avevo aperto (il libro, non l’amico), conoscendo i suoi altri libri, con la speranza di trovarci qualcosa di cambiato e nuovo. E invece trovo il nulla, o a voler essere generosi, l’ovvio e lo scontato, insieme a tante, tante strane coincidenze. E questo mi delude, perché il libro un tot di euro sarà certamente costato.            Eppure le aspettative erano cospicue, essendosi creato intorno al “libriccino da collezione”, tutto un movimento di recensioni, segnalazioni, presentazioni e elogi, che vengono dalle più svariate parti del bosco o sottobosco delle lettere.            Ma a trovare nel libro un verso, che possa dirsi verso, è una fatica grande, a trovare un po’ di poesia che possa dirsi poesia, è una fatica inutile. Tanto non c’è. La poesia, purtroppo o per fortuna, è come il pelo. O ce l’hai, anche se poi lo perdi, o non ce l’hai. E se si ha la forza di arrivare in fondo al libro, il primo aggettivo che sgorga dalle sorgenti della fantasia critica, è: SUPERFLUO. Ed un grido di angoscia, che nasconde una domanda terribile: può un aspirante poeta ridursi in questo modo?             Certo. Se da trentacinque anni ci prova e ripete sempre gli stessi errori, la risposta unica è certo, può ridursi così e fare anche di peggio.             Ho gridato superfluo, perché esiste il film, esistono i libri di Carroll, esistono studi, articoli e scritti di pregio su Alice e Carroll, e invece questo libro che doveva essere un libro di poesia, è solo un libro di strane coincidenze, espresse male, di rimandi e citazioni. Apollo Musagete, questa volta ha toccato l’apice scendendo molto in basso. Molti da tempo hanno dimenticato che il poeta è il servitore della poesia e non il capo delle Muse.            Già il titolo, rimanda a Le bambine di Carroll foto e lettere edito in pregiata edizione da Franco Maria Ricci nel 1974, e per contiguità alla bellissima pagina tratta dal volume Pasiones: amores y desamores que han cambiado la historia, Madrid, Aguilar, 1999.,traduzione di Sol Rodríguez e Isabella Trentin, di Rosa Montera e pubblicata in italiano su Sagarana.            E se dal titolo del libro, passo al titolo della prima poesia, capito, altra coincidenza, nel blog di Francesco Lorenzi Per Anime Libere dove posso leggere lo scritto Morte. E vita nuova che di salite e discese ha molto da dirci.             Coincidenze, certo. Solo coincidenze. Ma se penso a qualche scritto passato del Vincenzi, le “sole coincidenze” cerco di tenerle nella dovuta considerazione. E qui dovrei parlare del personaggio e della sua cerchia, ma io che non aspiro a onori e gloria di poeta o a guidare armenti di Muse o a creare eventi dove “si fa cultura”, vado subito avanti nella lettura del libro che affanna con un verseggiare stanco e stancante. E subito trovo “la terribile forza” che “spinge verso la discesa”, che sa tanto di una “Stanza” storica di Montanelli, ma è solo un’altra coincidenza. Come sicuramente è solo una coincidenza quella “corsa che ci rende ciechi”, che odora tanto di agonismo e di libri e articoli sportivi.            Salto il viaggiare infinito, che Claudio Magris già sintetizzò in un suo ottimo libro, e “lo chiedo a te che sei me” che sa tanto di amori adolescenti, e passo alla domanda, senza punto di domanda, giusto per essere moderni,  chi distingue più il durevole dal passeggero  Chi raggiunge più il distacco con la calma che molto assomiglia a una poesia del Guru Nārāyana tratta dal libro Aure, I luoghi e i riti di Elémire Zolla, autore molto caro al Vincenzi: Distingui il durevole dal passeggero, Raggiungi il distacco con la calma.             Tralascio nessuno ama più la vita che è un banale luogo comune e la poesia successiva, dove il credimi quando ti parlo è un’altra frase fatta che non ha niente di poetico. Ma se leggo la verità di Dio è in questo silenzio / che sale, in questa voce che non conosci, non so perché mi viene in mente José Saramago: “Dio è il silenzio dell’universo e l’uomo il grido che dà senso a questo silenzio”. Forse per questo, la bambina si deve spaventare, quando il poeta-Dio la guarda con amore.            A pag. 15, c’è tutta una serie di effimere esultanze e mormorii di ruscelli, anche se sono mormorii lievi.            Nella poesia successiva, quel chiusi nello stesso cerchio riecheggia molto Franco Basaglia di La marchesa e i demoni, e se si va un po’ avanti, si precipita subito in una vita in pericolo  e nell’enorme deserto affollato di Silvano Leone che parla di Camillo Sbarbaro. Ma è già in agguato il risucchio della terra, usato e abusato dalla scienza normale e paranormale.            Comunque è subito pronto un vero è proprio manuale di psichiatria, che si ispira probabilmente a Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico Di Wilfred R. Bion, che tiene in buona considerazione ogni tipo di emozione, odio compreso. Ed è una vera disgrazia poetica se i demoni pastori, liberano il gregge nel recinto della democrazia…, e dal disturbo mentale, si passa, senza soluzione di continuità all’impegno politico e alla speculazione teologica. E se i danzatori invisibi di Stephen Foehr rappresentano un’altra tessera di questo libro puzzle, nemmeno loro giovano alla poesia. Ma ci consola e ci ristora un po’ di pane di sole e di patate come sembra essere espresso a pagina 22 del libro.            Però i sogni lucidi / delle bambine di Carroll sono pericolosi perché si fanno strani incontri e  Sono perlopiù adulti tipi strani e straniti, davvero confondono l’accoglienza con il profitto il terrore con la libertà. E qui il moralismo becero e di maniera la fa da padrone. Trasformando addirittura le nere pastorelle di Zolla, in pastorelle bianche, perché la purezza è un traguardo e un valore che non si sa quanto vale.Vale tanto, perché ciascuno avverte la presenza sinistra del sopraffattore, ma il Vincenzi ha voluto rendere poetica la frase di Robert Walser (Jakob von Gunten, Adelphi) e l’ha scritta così: Ciascuno avverte la presenza sinistra del sopraffattore… E nello stesso libro di Walser l’espressione “I potenti sono i veri affamati”, già abita da tempo. E quei potenti “possono anche essere nervosi, sdegnosi, bisbetici, stanchi”, ma almeno qui il Vincenzi ci risparmia i bisbetici, così non potremo mai domarli. A patto “d’infischiarcene del luccichio della grandezza” (Walser, op. cit.). E se non sbaglio, siamo già a pagina 32 del libro di Vincenzi e qui abbandoniamo anche lo scrittore svizzero, saccheggiato già abbastanza.E presto presto passiamo a Giuseppe Buonfiglio Costanzo, che il tempo lo navigò già nel 1600. Vedere per favore, la sua Storia siciliana che ben si avvicina all’Idea di persona di Virgilio Melchiorre, filosofo nato nel 1931, e quindi praticamente contemporaneo di Buonfiglio Costanzo, che riprendendo Lèvinas, la “condizione condizionata” conosceva bene.Ma quando poi si precipita nel vuoto dell’inganno c’è da scegliere tra  Ahmad Shamlu, Roberto Spagnuolo e tant’altro.E poi, poi la smetto qui, perché quando leggo  Ciascuno appare spettatore di quello strano fenomeno che distrugge la versione precedente di se stessi e ne riavvia una nuova, ampiamente probabilizzata mi sembra di essere a colloquio con uno psicoterapeuta poco competente, parassita e plagiatore, e non di leggere poesia.            E il resto del libro, è anche peggio. Anche lì, dove l’autore si autocita, ma adesso non ho più voglia di leggere e cercare in queste povere pagine stampate. Ognuno ha i suoi gusti. Cosa ci posso fare!Ma il merito di Vincenzi – forse – è di avere creato la corrente letteraria che, in via provvisoria, definisco della poesia psicoterapeutica assemblata. Ne vedremo gli sviluppi. Il mondo, ne aveva proprio bisogno. La parola poesia, ce l’ho messa lì, tanto per metterci qualcosa. Dio ce ne scansi e liberi!              Alfredo BruniN. B. Per favore non dite che è una dotta stroncatura. Perché non è una stroncatura, è una semplice e facile ricerca fatta con Google.