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L'oblio e il risentimento

Post n°13 pubblicato il 30 Giugno 2007 da Same_Editor

Due sono le cose che possono far perdere di vista la strada:
l'oblio: s'iniziano le cose e ci si perde per strada
il risentimento: ci si confronta/scontra inutilmente con un sistema di potere
I.V.

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Anonimo il 02/07/07 alle 12:45 via WEB
«Come può uno nascondersi davanti a quello che mai tramonta?» La sentenza eraclitea inaugura il pensoso dialogare di Heidegger in Aletheia e contrassegna l’ambito in cui il pensiero comincia. E dove il questionare eracliteo apre alla meraviglia del pensare, il pensiero è originale perché nomina la sua origine che mai tramonta e riposa nel dire autentico del primo frammento. Ma nel frammento stesso, lo stupore nomina la possibilità di un nascondimento dell’uno, un altro modo di essere davanti a “quello che mai tramonta”. Il pensiero dell’uno si trattiene di fronte alla luminosa inviolabilità delle cose, un venire alla luce che è un “crescente nascondersi” come il pudore pensoso di Odisseo che di nascosto piange. Il pensare avvolge in un velo l’apparente e diviene il movimento stesso dell’aletheia, il disvelamento di quello che mai tramonta. L’origine di questo tratto permanente del pensare è la stessa origine della meraviglia di ciò che di nascosto appare, ma anche l’inesauribilità dello stupore di fronte a questo mai: ciò che appare senza tramontare è lo stesso che pensare. Perché lo stupore è la possibilità modale di ricordare “quello che mai tramonta”. Eppure ciò che non tramonta è la permanenza del dimenticare stesso. Dimenticare è l’ambito del pensare che diviene un ricordare la dimenticanza originale. L’origine si pensa e si dimentica, s’immerge nel fiume Lete, per riemergere nel movimento aleteico. L’inesauribilità del pensare è proprio la meraviglia dell’uno di essere altro che mortale e del suo riaffiorare, di volta in volta, alla memoria. Pensare è così il semplice albergare nel principio di tutte le cose, principio dinamico e Ursprung della presenza discreta. In questo senso è natura perché nel movimento immanente e fondativo dell’artista pensante si fonde la natura del pensiero. La confusione presenta la natura stessa delle cose gettando luce su ciò che esse sono per sé, perché illuminandole le definisce esemplari viventi. (Ilari Valbonesi, 15 gennaio 2005)
 
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