asmodai

Spora!_Par. 11


 - § 11Per qualche istante rimase nella posizione che aveva dovuto assumere per buttare giù il muro – gambe divaricate e braccia allungate davanti a sé, con i palmi rivolti verso la torma di pazzoidi che stava per assalirli – poi, due eventi contemporaneamente lo spinsero ad accovacciarsi con una velocità tale che parve che qualcuno gli avesse mozzato i tendini: da un lato, le urla dell’avanguardia degli psicotici che li stava fronteggiando, che parevano le grida dei dannati dell’Inferno, e, dall’altro, il rumore dell’arma automatica di Ago, che pareva una sequela di colpi di tosse.Aveva visto quattro di loro cadere e il resto del gruppo incazzarsi più che mai.Hack-hack-hack-hack!, aveva continuato a fare l’arma di Ago. Davvero, parevano proprio colpi di tosse; quelli di un robot tubercolotico, magari, ma pur sempre tali.Si voltò, vide in faccia Ago mentre cambiava bersaglio, sparava, cambiava bersaglio, sparava ancora e capì che sarebbero potuti diventare grandi amici: fantastico, sembrava l’invitato di un cocktail party, che, con indifferenza, passava dagli hors d’oeuvre ai canapè, e, da questi, alle tartine di patè de fois gras. Lui pensava di essere un cazzuto dalle palle fredde, ma, a quanto pareva, Ago gli dava sei miliardi di punti.-"SPARA! CAZZO, DANIELE, SPARA!", gli aveva urlato questi, rimuovendolo dall’incantesimo in cui pareva essere precipitato.Sfilò la Beretta a fuoco variabile che teneva in una fondina sotto l’ascella sinistra, si guardò attorno, valutò che ancora davanti avevano in piedi almeno una decina di invasati - troppi, cazzo, che la missione fosse destinata a fallire prima ancora di cominciare? – e mise il selettore nella posizione intermedia.Come sempre, invece, il rumore che fece la sua machine gun quando faceva fuoco dopo aver collocato il selettore su "Raffiche Brevi" fu quello di un vestito che si strappava con violenza.Brraaapp-Brrraapp-Brraaapp-Brrraapp!, aveva fatto. Uno degli Enfant – un ragazzo che avrà avuto vent’anni - aveva passato incredibilmente il fuoco di sbarramento (ancora non ricordava come fosse stato possibile) e, con una Katana, quasi gli aveva affettato un braccio.Mentre il samurai si voltava con una velocità impossibile, puntando alla sua testa ("Questo bastardo mi vuole decapitare", pensò con orrore Daniele), si risolse a sparargli in faccia.Fece fuoco, e mentre vedeva il cranio del ragazzo esplodere, fu spostato di peso da Ago, che, a quanto pareva, evidentemente spazientitosi, aveva deciso di cambiare arma.-"Giù ragazzo, o ti arrostisco!", gli aveva detto con la sua voce baritonale, sempre però con una calma assolutamente invidiabile.Quello che seguì era troppo orrendo da ricordare, perfino per lui.Una cosa rammentava, con particolare nitore: il lanciafiamme messo loro a disposizione dalla Matsumoto gli era sembrato più una fiamma ossidrica direzionabile a lunga gittata che non uno Zippo portatile.Una ragazza si era salvata dalla carneficina, ma sarebbe stato meglio se fosse morta subito.-"Cazzo, che massacro", gli pareva di avere detto ad Ago mentre, costernato, si guardava attorno.-"O noi, o loro, ragazzo. Ricordati: siamo dei professionisti. Nessuna rabbia, nessun rancore. O noi o loro. L’importante è togliersi di qua, ora, e concentrarsi sul nostro obiettivo", gli aveva risposto Ago (su questo non aveva dubbi).Aveva guardato la ragazza a terra e gli si era stretto lo stomaco.Aveva dei bei lineamenti, doveva avere non più di diciotto o diciannove anni, e, ci scommetteva, era stato il destino a fotterla. Il braccio sinistro pareva un tronco di legno semi-carbonizzato e il torso e le gambe erano ricoperte da ustioni di terzo grado. Non sarebbe durata più di qualche ora, eppure non urlava. Li aveva guardati con un odio indicibile - il quale aveva fatto pensare a Daniele ad un ragazzino che aveva visto in un manicomio criminale, un ragazzino che gli era sembrato un indemoniato e che lo aveva guardato come si guarda una farfalla cui si vorrebbero staccare le ali con impeto sadico - eppure aveva sofferto in silenzio. Nemmeno una parola. Li avesse insultati, magari si sarebbe sentito appena meglio e, invece, niente. Fosse nata in un’altra città, magari soltanto in un altro quartiere, ne era sicuro, e non sarebbe diventata il mostro deviato che in quel momento aveva giaciuto ai suoi piedi.-"Decidi in fretta, ragazzo, dobbiamo andare", gli aveva detto unicamente Ago.Aveva capito quali fossero i suoi pensieri, e li aveva rispettati.Anche quell’atteggiamento non aveva fatto che aumentare la stima nei suoi confronti.Si conoscevano da pochissimo, ma, se lo sentiva, sarebbero potuti diventare ottimi partner.Aveva messo il selettore su "colpo singolo", aveva puntato alla di lei testa, aveva fatto fuoco ed era tornato a concentrarsi sull’obiettivo primario della missione.Cazzo, a quanto Matshita aveva detto loro, dovevano salvare la città di Torino.Era meglio quindi se si fossero dati una mossa.... segue