Sarcophaga Carnaria

L'amore che resta è la crosta in esergo al platonismo di un voyeur


«Non è una qualche specie di mostro che prova a fuggire. È solo un animale. Se scoprite cosa vuole, sarà lui a venire da voi.» Godzilla Esco e mi immergo in quello che qui chiamano nebbia. Io non so cosa sia. Per me è come trovarmi nel ventre di una cagna randagia che accoglie il seme di chiunque la incontri per strada. Oggi è un giorno speciale e la mia gamba sembra pesare quintali. Cammino nella nebbia, ma non con la stessa regolarità di tutte le mattine. Cammino da solo e oggi nessuno mi viene incontro. Cammino da solo e l’unico suono che riesco a sentire è quello dei miei passi che risuona nel cappuccio che mi copre la testa. È un suono strano come se i miei anfibi anni quaranta affondassero nell’asfalto. È come se io fossi un limite: davanti a me silenzio, dietro auto distrutte, asfalto divelto e palazzi tremanti. Trascino la gamba da trent’anni, ma oggi non conta. Una volta ero unico. Una volta avevo la mia scarpa con la stecca lunga che si allacciava sotto il ginocchio, ma oggi non conta. Scendo dal treno e il corridoio della stazione di Porta Garibaldi che attraverso tutte le mattine per arrivare alla metro oggi e vuoto, nessun rumore, nessun rumore tranne il tonfo della mia gamba sulle mattonelle lisce. Oggi nessuno corre sulle scale mobili, nessuno parla di cose tristi, nessuno mi viene incontro e la folla che sbarca a testa bassa dal 56 in Piazzale Loreto dovrà cercarsi un’altra vittima. Oggi è un giorno speciale. Oggi vengo da te. Ore 22:00 ritorno verso casa. Esco dalla Centrale per andare verso la fermata del 33. Nessuno mi viene incontro. Aspettavo da tanto tempo di sentirmi così. Di sentire questa cosa che non è voce, né gusto, né odore. Solo un ricordo vaghissimo venuto da oltre i limiti della memoria, ma che oggi riprende ad alimentare il mio sangue. Ho ancora addosso il tuo calore e le tue braccia che mi stringono forte, mi sento un essere unico e continuo a camminare come Godzilla nella nebbia. Runaway