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La partita magica


 Ricordatevela Brescia. Ricordatevela adesso che la Roma è quasi ultima in classifica, esce dal campo con la maglietta sdrucita, rossa. i piedi rotti, i nervi fuori, le lacrime agli occhi.Ricordatela quando arriveranno le vittorie, i sorrisi e la giustizia perché se arriveranno, arriveranno da qui, da questa notte della Repubblica del pallone italiano, senza gente allo stadio ma con gli arbitri asserviti, pilotati, teleguidati. Fate la tessera dell’arbitro non quella del tifoso se un arbitro è questo Carmine Russo di Nola nato il 29 settembre del 1976. Se questo è un arbitro questo non è calcio.Ricordatevelo perché qualcuno ha pure abolito la moviola per non far vedere la verità. Il Truman Show ha deciso così: costretti sul divano davanti alla tv - per chi c’ha i soldi per la pay tv - ma a vedere quello che vogliono vedere. Allora ricordatevela Brescia, ricordatevi che non sono i tre rigori netti non dati alla Roma (i due su Borriello e il mani sul cross di Cicinho), non è nemmeno il triplo errore nell’azione del raddoppio di una delle squadre delle leghe lombarde di questo paese, col bresciano partito in fuorigioco, l’intervento di Mexes fuori area e sulla palla, né le tre ammonizioni date nei primi minuti a tre difensori su quattro della Roma, no. Non è questo che restituisce stanotte, stamattina il senso di schifo a un tifoso di calcio (ad uno qualsiasi, anzi a una qualsiasi persona di buona volontà) ma il fallo che Diamanti fa su Borriello nella ripresa, vicino la bandierina del calcio d’angolo sulla sinistra, col giocatore blu che alza la mano per autoaccusarsi con l’arbitro (quale?) e scusarsi col romanista e che invece si vede dare un fallo laterale a suo favore. Mancano le parole, ma stavolta non debbono mancare.E’ stata un’ingiustizia, talmente grande da essere vera. A certe cose la Triade non c’era arrivata. La Terna di Brescia ha osato di più. Nemmeno Calciopoli ha nascosto tanto. Così come dev’essere chiaro che qui nessuno dà alibi a nessuno, ma se c’è una cosa peggio della retorica è l’anti-retorica. Il ritornello "guardiamo a noi stessi, non cerchiamo scuse" oggi è la prima scusa che uno si dà, perché non pensa, né parla veramente, ma recita un bla bla bla. È lo slogan che non ti fa vedere come stanno le cose. È un modo per restare piccoli.Non è così che si cresce: c’è solo un modo per farlo, nella vita come nel pallone, dirsi la verità, anche quando oggi sarebbe facile dirsi che hai perso un’altra partita con una neopromossa, che non ha mai vinto quest’anno, che prendi sempre gol, che Vucinic quand’è che inizia a correre e che cosa poi?... Chi è romanista stanotte quando ha visto Julio Sergio col piede fasciato che piangeva come un ragazzino - come a quel ragazzino romanista a cui un giorno il signor Carmine Russo dovrà dare spiegazioni per quello che ha fatto - qualcosa dentro l’ha sentita per forza. Qualcosa. Quella cosa che ha fatto impazzire Mexes, sorridere amaro Pizarro dopo l’ennesimo schifo, quella cosa che ti fa venire voglia di andartene, di non giocare più, di non tifare più, di non sdegnarti più. Che però invece ti farà andare sabato sera allo stadio per tifare la tua Roma. Perché la Roma è solo tua, solo nostra, non di chi sta cercando di togliertela, di non fartela vedere, di sporcarla. Ricordatevela Brescia e tenetevi stretta la Roma stanotte. Perché la Roma è una bella cosa, non questa merda qua.