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Le indagini


C'è un'imputazione per omicidio colposo, che potrebbe aggravarsi, a carico di Luigi Spaccarotella, l'agente della Polstrada accusato di aver sparato e ucciso il giovane Gabriele Sandri nell'area di servizio Badia al Pino ad Arezzo. È questa l'unica certezza a tre giorni dall'uccisione del tifoso della Lazio, ma la vicenda è tutta in movimento. A partire dalla stessa imputazione dell'agente. Secondo Michele Monaco, il legale della famiglia Sandri quella di Spaccarotella «è un'azione che configura il dolo eventuale, tanto da poter fare emergere l'ipotesi di omicidio volontario. Certo è una decisione che spetta al pm. C'è stata un'evoluzione positiva della posizione della questura aretina - ha spiegato Monaco - esiste una figura che si chiama dolo eventuale: in questo caso, si tratterebbe dell'omicidio volontario di chi ha messo in conto che la propria azione poteva portare alla morte di qualcuno. Questo farebbe emergere l'ipotesi di omicidio volontario». Nonostante il referto dell'autopsia non sia stato ancora depositato, lo stesso Monaco ha precisato che il colpo di proiettile che ha ucciso Gabriele «è stato sparato ad altezza d'uomo e a braccia tese. Secondo quanto è riferito dal perito di parte, professor Ciallella - ha sottolineato - il tramite è netto. Significa che il proiettile è entrato dritto e i fori di entrata e uscita sono paralleli. Sembra che Gabriele - ha aggiunto - sia morto per un'emorragia, che sia stata recisa la giugulare, e sembra che abbia perso subito conoscenza e morto in pochi istanti».SI CERCA IL BOSSOLO Le indagini comunque vanno avanti a ritmo serrato. Sono indagati per tentate lesioni, dalla procura di Arezzo i 4 amici che erano con Gabriele Sandri domenica scorsa nella stazione di servizio di Badia al Pino. Proprio nell'area di servizio dell'A1 un sopralluogo disposto dal pm di Arezzo Giuseppe Ledda. I rilievi della Scientifica si sono concentrati su una collinetta di terra e sassi, alta circa un metro. Per tutta la giornata gli investigatori hanno cercato uno dei bossoli sparati dalla pistola dell'agente. L'ipotesi che potrebbe essere al vaglio degli inquirenti è che l'agente abbia sparato dopo essere salito sulla collinetta di terra e sassi. Accanto alla stessa si trova un escavatore, utilizzato nelle scorse settimane per lavori di rimozione della terra. Sul posto, durante i rilievi, anche una persona incappucciata che secondo alcune indiscrezioni potrebbe essere lo stesso agente che ha sparato. Sul fatto è tornato anche il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe: «Quello dell'agente della Polstrada Luigi Spaccarotella è stato un intervento non professionalmente corretto. Era meglio non tirare fuori la pistola. Siamo addolorati - ha aggiunto - ma è veramente difficile capire come mai sia potuto succedere. Non sono riuscito a capire perché abbia estratto la pistola se non sparare il primo colpo in aria per attrarre l'attenzione di coloro che era coinvolti nella rissa».LUIGI SPACCAROTELLA Nel frattempo sono arrivati ad Arezzo per stare accanto al figlio i genitori di Luigi Spaccarotella. Il telefono dell'abitazione dei coniugi, a Cetraro, sul Tirreno cosentino, squilla a vuoto ormai da due giorni e anche alcuni vicini hanno riferito che sono partiti subito dopo il fatto. Vito Spaccarotella e la moglie non appena hanno saputo quanto era accaduto nell'area di servizio sulla A1 nei pressi di Arezzo, hanno telefonato alla caserma della polstrada di Arezzo venendo a sapere che era stato il figlio a sparare. «Io ho parlato solo con il magistrato, quello che avete scritto è tutto inventato», avrebbe detto lo stesso Spaccarotella dal citofono dell'abitazione in cui si trova ora ad Arezzo. Già, avrebbe. Perché poco dopo un amico di famiglia ha precisato che le dichiarazioni rilasciate al citofono non erano dell'agente della Polstrada, ma del padre. Davanti alla stessa abitazione, poco prima don Paolo De Grandi, assistente spirituale della polizia stradale di Arezzo, aveva detto a proposito di Luigi: «Sta soffrendo, è molto stanco, sta male, sta cercando di riposare». Il prete è stato a trovare i familiari e l'agente. «Gli ho portato un saluto, ma non ci ho parlato - ha precisato don De Grandi - i suoi genitori sono in uno stato di sofferenza, stanno vivendo un grave dramma».GLI SCONTRI DI ROMA Pittoresche le affermazioni di ieri alla Camera del ministro degli Interni, che afferma di non sapere bene cosa è successo all'area di servizio di Badia al Pino ma al tempo stesso, dice di sapere nei minimi dettagli cosa è successo a Roma sabato domenica sera, prendendosela con gli estremisti (magari di destra!) «Il Viminale non ha nascosto nulla sull'uccisione di Gabriele Sandri e le responsabilità dell'agente che ha sparato saranno accertate con la massima severità». Detto questo, preoccupa la reazione «eversiva» degli ultras, protagonisti di scontri che potevano degenerare in «un'autentica mattanza» a Roma, se le forze dell'ordine avessero risposto duramente. Il ministro dell'Interno, ha ricostruito così alla Camera gli eventi di domenica scorsa, ribadendo la condivisione delle scelte del capo della polizia. Il primo pensiero va al tifoso ucciso: una morte, l'ha definità il ministro «assurda ed ingiusta». Ha riconosciuto poi che qualcosa non ha funzionato nell'informazione su quanto avvenuto nell'autogrill. «Abbiamo vissuto - ha spiegato - ore difficili la mattina di domenica. Non siamo stati in grado di dare un'informazione tempestiva, ma il Viminale non ha occultato nulla che sapesse. Solo tra l'una e mezza e le due, la questura di Arezzo è stata in grado di comunicare che c'era stato un tragico errore». Aggiunge che sembra accertato «che lo sparo è avvenuto con le braccia tese dall'altra parte dell'autostrada. Ma resta da capire perché, ammettendo che il primo sparo fosse stato rivolto in alto, la pistola non fosse stata riposta nella fondina come è previsto, perché ci sia stato ancora un secondo sparo». Per l'agente non ci saranno comunque sconti. «Se qualcuno spara quando non deve sparare - ha sottolineato - le sue responsabilità sono da accertare con la massima severità. L'essere poliziotto non esime dal rispetto delle regole. Al contrario, impone che siano rispettate con ancora maggiore impegno». Amato torna anche sugli scontri di domenica che, è convinto, sarebbero esplosi anche se l'informazione sull'uccisione del tifoso laziale fosse stata data in modo perfetto. La morte di Sandri è stata per gli ultras «l'occasione di tornare alla violenza».