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L'ultimo giorno di Gabbo


La mamma tiene la mano del suo Gabriele e gli accarezza i capelli. Il papà sistema il rosario e gli parla, convinto che in un modo o nell'altro il figlio lo ascolti. Non si può raccontare il dolore di una madre e di un padre davanti la bara del proprio figlio, si possono solo descrivere piccoli gesti, mani che accarezzano la testa di un ragazzo che riposa in una bara di legno chiaro, vestito di grigio, cravatta blu, con al collo la sciarpa della Lazio, l'amore di una vita. E le lacrime dei genitori di Gabriele, Daniela (che nel tardo pomeriggio avrà anche un lieve malore) e Giorgio, mentre intorno a loro migliaia di persone dalle 10.30 attraversano i pochi metri della Sala Santa Rita, in piazza Campitelli, messa a disposizione dal Comune. Poco dietro c'è Cristiano, quel fratello che domenica ad Arezzo urlava «Me l'hanno ammazzato» e che adesso non ha più neanche la forza di parlare, di abbracciare gli amici che, tantissimi, sono lì per fargli forza. Risponde solo al presidente della Repubblica Napolitano, che lo chiama per confortarlo «per una morte assurda». Oggi gli stessi amici saranno al funerale, per l'ultimo saluto: «Raccomando a tutti di vivere il dolore in maniera corretta - dice Don Paolo - Quindi mi auguro che non ci sia violenza, né desiderio di vendetta».Fin dalle prime ore del mattino sono numerose le persone (e anche i giornalisti e fotografi) che si mettono pazientemente in fila per aspettare che apra la camera ardente. Dentro, a trascorrere l'ultimo giorno con il loro Gabriele, ci sono solo i parenti stretti e gli amici. Poi, dalle 10.30, arrivano in migliaia a rendere omaggio a questo ragazzo, ucciso a neanche trent'anni su un'autostrada. Gente comune, giovani e vecchi (c'è una signora di settant'anni che dice«potrebbe esse mi'nipote, non ce vojo pensa'»), tifosi biancazzurri e giallorossi. Presenti anche i leader dei gruppi storici della Curva Sud romanista, tra i quali Spadino degli Ultras Romani. Hanno tutti una sciarpa o fiori colorati, così come colorate di bianco e azzurro sono le rose inviate dal sindaco, che arriverà alle 8 di sera e si fermerà a parlare per pochi minuti con i genitori di Gabriele. Ci sono due ragazze con il cappello "Curva Nord 12", che non sono andate a scuola, «ma non abbiamo fatto sega. I nostri genitori lo sanno che siamo qui e sono contenti». Alcuni ragazzi arrivano direttamente dal corteo spontaneo di studenti che c'è stato in mattinata nel quartiere Prati: «Vogliamo solo la verità», dicono. All'uscita dalla sala in tanti hanno gli occhi lucidi, ma quelli più sconvolti sono, inevitabilmente, gli amici di Gabriele. Uno dice: «Un conto è sapere che è morto, un altro è vederlo in una bara. Adesso è tutto vero, tutto vero...».Moltissime anche le personalità del mondo della politica e dello sport venute a visitare la camera ardente. I primi ad arrivare sono i giocatori della Lazio (l'amico De Silvestri per esserci ha chiesto un permesso all'Under 21) e il vicesindaco Maria Pia Garavaglia: «Con questa morte Gabriele lancia un messaggio, soprattutto ai giovani: amare la vita, per un confronto che sia sempre leale». Nel primo pomeriggio arriva anche il ministro dello Sport Giovanna Melandri, al quale qualcuno grida «Ministro ci parli dell'assassino, di questo sporco assassino!». Nessuna risposta.Ma è solo un attimo, poco dopo ritorna il silenzio. E continuano ad arrivare altre personalità, come il prefetto Carlo Mosca, tra i più commossi: «Provo un dolore immenso», e Gianfranco Fini, il sottosegretario Paolo Cento e Massimo Moratti. Poco dopo le 19 è il turno del presidente della Figc, Giancarlo Abete, e di Demetrio Albertini che regalano ai genitori di Gabriele una maglia della Nazionale autografata da tutti i giocatori, poi posta sulla bara. È un flusso ininterrotto che termina quando ormai è calata la notte. Con Gabriele rimangono solo gli amici, il fratello e i genitori. Quelli di cui raccontare il dolore è impossibile.