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Panucci, difensore record


«Lo scudetto a Trigoria e la vittoria dell'Italia agli Europei», dice Panucci che in questi giorni ha battuto un record storico. Nessun difensore nella storia della Roma ha segnato quanto Christian: 21 gol tra campionato e coppe, superati Aldair e Nela. Ma bisogna continuare così per realizzare i sogni. Domani l'Udinese: «E' ad alto rischio, ma noi stiamo bene». De Rossi non tanto: è in dubbioCon i 21 gol segnati tra campionato e coppe nelle sue 7 stagioni da romanista Christian Panucci è diventato il difensore più prolifico di sempre della storia giallorossa. Un record che prima della partita di Kiev deteneva insieme ad Aldair con 20 gol e che ha fatto proprio grazie alla rete che ha sbloccato lo 0-0 con la Dinamo. Delle 21 che ha realizzato in giallorosso ne ha fatte i due terzi con Spalletti (14) e ben 8 nel mese di novembre, quello per lui più prolifico nella capitale. I suoi gol si suddividono nei 13 in campionato (dove in totale ne ha segnate 26) di cui 4 di testa simili a quello di una settimana fa a Genova (le altre contro Parma, Ascoli e Catania), 4 in Coppa Italia e 4 nelle Coppe Europee (3 in Champions League e 1 in Uefa). Nella Roma Panucci ha segnato il suo primo gol all'87' di Roma-Fiorentina 2-1 della quarta giornata del campionato 2001-02 e il primo in Europa (in Champions) nell'1-1 al Nou Camp contro il Barcellona. In Coppa Italia, invece, fece la prima rete a Piacenza l'11-11-2001, dove accorciò le distanze con i padroni di casa sul 2-0. Un gol che poi aiutò la Roma a rendersi più agevole il ritorno e a qualificarsi. Insieme a lui in quella Roma giocava ancora Pluto Aldair, che chiuse la sua storia a Roma con 14 gol in A, 2 in Coppa Italia e 4 in Europa, con tanto di doppietta al Galatasaray. Nella classifica dei difensori-goleador della storia giallorossa troviamo poi tantissimi altri miti. Al terzo posto, ad esempio, c'è Nela, che ne fece 16 in A (indimenticabile quello di testa sotto la Nord al 4' del derby di andata del campionato 1983-84 giocato con lo scudetto sul petto), 2 in Coppa Italia e 1 nelle coppe continentali per un totale di 19. Al quarto c'è Candela con 16 reti (14 in campionato, tra cui una bellissima alla Juve all'Olimpico nel periodo di Zeman e 2 in Coppa Italia); al quinto il Campione d'Italia 1941-42 Andreoli con 12 (tutti in A); al sesto "The Wall" Samuel con 11 (9 in A, tra i quali quello della vittoria casalinga col Lecce nell'anno del terzo scudetto e 2 nelle Coppe Europee). Poco più sotto Mexes (arrivato a quota 8 grazie alle 7 marcature in campionato e a quella segnata proprio all'Udinese nella Coppa Italia 2004-05) e Aldo Maldera, che nel Milan della seconda metà degli Anni 70 era stato il terzino sinistro più prolifico del campionato e che nella Roma dovette giocare in modo più accorto per precisa disposizione di Liedholm, che affidava i suoi attacchi soprattutto alla potenza fisica che Nela sprigionava sull'altra fascia. Alla fine, comunque, Maldera mise insieme 8 reti, tra le quali le due punizioni bomba col Pisa in campionato e gli inglesi dell'Ipswich Town che valse la qualificazione nel ritorno di un turno di coppa Uefa in Inghilterra. Subito dopo l'accoppiata Santarini-Tempestilli con 7 reti a testa: del primo piace ricordare quella rifilato all'Olimpico al Verona all'87' di una sfida delicatissima del campionato 1977-78 con tanto di testa fasciata; del secondo quella realizzata al Flaminio nel torneo 1989-90 in un 1-1 contro la sua ex Inter, che era passata in vantaggio con Klinshmann. A 6 segue un'altra accoppiata: il biondo Silvano Benedetti, ex Torino, e Luciano Spinosi, affermatosi sul finire degli Anni 60 insieme agli altri due del famoso trio ceduto alla Juve da Marchini (Capello e Landini) e poi tornato alla Roma tra la fine dei 70 e l'inizio degli 80. A quota 5 un trio: il tedesco Berthold (spesso sottovalutato nonostante il titolo di Campione del Mondo conquistato con Voeller proprio all'Olimpico nel '90) e Antonio Comi, in origine attaccante ma poi inventato libero da Radice. Quindi Petrelli, che fece bene nella Roma prima di andare a vincere lo scudetto con la Lazio. A 4 "Pendolino" Cafu, Liborio Liguori, il "leone" Emidio Oddi e Paolo Sirena; a 3 Bodini, Dario Bonetti (l'uomo del rinvio su Tancredi in Roma-Liverpool...), Amedeo Carboni e Amos Cardarelli. Giacomino "Core de' Roma" Losi, invece, è a 2 insieme a Turone, Zago, Stucchi, Schnellinger, Righetti, Malatrasi, Lanna, Fontana e "kawasaki" Rocca, che solo a nominarlo vengono i brividi per quanto gli vogliamo bene.
Christian Panucci è un giocatore con in bacheca 2 scudetti, 1 coppa Italia, 3 Supercoppe italiane, 1 Liga, 2 Champions League, 1 Supercoppa Europea, 1 coppa Intercontinentale e 2 Europei under 21. Lui  è il difensore più prolifico della storia della Roma, merito magari anche di un passato da attaccante. Uno che non ha mai voglia di fermarsi, di accontentarsi. Uno che ha voglia di vincere ancora, magari centrando la doppietta più bella: Campione d'Italia con la Roma, Campione Europeo con l'Italia, alla tenera età di 34 anni, anzi, 35 (li compirà il 12 aprile). «Ci proveremo, sognare non costa nulla» dice lui con estrema serenità in una intervista rilasciata a Michele Giammarioli e che verrà mandata in onda oggi alle 13.30 durante la trasmissione di Rai due "Dribbling". Un Panucci a trecentosessanta gradi che non ha problemi a parlare di alcun argomento: il presente, il futuro, le liti con gli allenatori. A briglia sciolta. Merito di un periodo nel quale tutto gli va per il verso giusto. I tre gol di fila, la maglia azzurra ipotecata per Austria e Svizzera 2008, e la gioia di giocare ancora da protagonista in Nazionale. Ma a quello ci penserà a partire dalla fine di maggio, a campionato concluso. Ora c'è solo la Roma e tutto quello che ne consegue: un campionato da portarsi a casa, gli ottavi di Champions («Siamo fiduciosi di fare strada»), il tutto correndo sulla fascia destra come un ragazzino, ma anche al centro, se servisse. Perché i problemi con Luciano Spalletti, quelli del battibecco al termine di Roma-Siena, sono rientrati. «Tutto risolto» dice Christian e la stretta di mano tra i due al termine di Genoa-Roma con quel secco ma convinto «Bravo» rivoltogli dal tecnico, sta lì a confermarlo.Tra di loro è tutto a posto, la frattura è stata ricomposta. Non altrettanto è successo con Marcello Lippi, colpa di incomprensioni di vecchia data, dei tempi dell'Inter, che hanno fatto perdere a Christian il treno Mondiale e che avevano fatto crescere il partito di quelli per cui Panucci era un irrequieto. Ma lui smentisce secco: «Non è vero che ho un caratteraccio». Ai romanisti questo non importa, a loro interessa solo che giochi come sta giocando, e che tutti remino nella stessa direzione. Ecco perché è da accogliere con gioia il modo in cui "il grinta" chiude sul nascere ogni possibile polemica sui dissapori a Trigoria con i sanitari giallorossi: «Abbiamo una grande armonia tra staff sanitario, staff tecnico e giocatori». Panucci è tranquillo, sereno. E ci mancherebbe altro. «È un momento che mi va bene tutto, sono contento» aveva detto entusiasta dopo quel tiro-cross (più cross che tiro) che ha dato il vantaggio nel gelo di Kiev. Ora quell'entusiasmo deve essere trasformato in energia positiva per tornare a vincere all'Olimpico in campionato, per conquistare la testa della classifica, confidando anche nell'impresa della Fiorentina che potrebbe bloccare l'Inter. Entusiasmo sì, ma senza sottovalutare l'avversario di domani perché «L'Udinese è una squadra insidiosa, ha attaccanti veloci. E' una partita ad alto rischio».Alto rischio, ma stavolta non c'entra niente l'Osservatorio. L'unico pericolo dei friulani è quello tecnico. Ma a una Roma così, a un Panucci così l'Udinese non può fare paura. Perché gli obiettivi sono altri: diventare campioni d'Italia prima e d'Europa poi. Perché «sognare non costa nulla». Tantomeno «provarci».