C'è solo l'A.S.Roma!

Pinzi, una delle tante pippe che usa la Roma per esistere


Occhi spiritati, bocca digrignata, slancio violento a falcidiare l'avversario, nella fattispecie Juan. Essendo entrato da poco, Giampiero Pinzi non poteva avere dentro le tossine che obnubilano la ragione, né l'acredine accumulata in un'ora e più di contesa sul campo: ha semplicemente, appena Marino gliene ha fornito l'occasione, catapultato sul terreno di gioco il suo livore pregresso, l'astio che ogni volta che incontra la Roma stravolge le sue prestazioni e la sua lucidità di centrocampista di medio valore. Fa parte di quella pletora di ex laziali, sovente di valore non eccelso, che usano la Roma per acquisire nelle cronache contingenti quel valore e quella rilevanza che i loro fondamentali molto difficilmente gli garantirebbero. Ripensate all'espressione che ha nel momento in cui si decide ad abbandonare il campo dopo aver visto il rosso: non traspare ombra di delusione, né si ravvisa alcun barlume di mortificazione per la colpa di lasciare in dieci la squadra in un momento nevralgico e sommamente incerto della gara: sul volto di Pinzi c'è, in quel momento, soltanto una malcelata soddisfazione, miscelata ad una adrenalina ostile, per aver ancora una volta raso al suolo qualsiasi cosa vestita di giallorosso che si trovasse a passare dalle sue parti. Se avessimo tempo di produrci nell'esercizio ozioso di provare ad allestire una formazione composta da tutti gli antiromanisti che negli ultimi anni hanno funestato, a livello osteo-disciplinare, la partite della Roma, peccato che abbia smesso, altrimenti la fascia di capitano spetterebbe di diritto a Ciccio Colonnese. Altri nomi non ne rammentiamo, vuoi perché abbiamo altro a cui pensare, vuoi perché si tratta di giocatori che, a parte la rilevanza disciplinare dei frangenti in cui si sono accaniti su Totti, hanno prodotto poco che valga la pena ricordare.