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Un anno senza Alberto D'Aguanno


Era il 9 dicembre dell'anno scroso quando Alberto ci ha lasciati. Volevamo bene ad Alberto D'Aguanno, noi romanisti. Gli volevamo bene da telespettatori, da facenti parte di un pubblico che in lui ha sempre riconosciuto un professionista esemplare per preparazione e competenza, come ancora per fortuna ve ne sono, ma sempre splendidamente accompagnato dall'uomo, che riusciva, ovviamente senza volerlo né prefiggendoselo come obiettivo, a trasmettere umanità e, ancor di più, normalità, sostantivo tanto caro ad un allenatore da lui stimato e dote sempre più rara non soltanto nel demenziale circo del pallone ma, se possibile, ancor più nell'impianto mediatico che ruota attorno al calcio. Le celebrazioni televisive, anche quelle che nascono dalle migliori intenzioni, come siamo sicuri è stata quella che a D'Aguanno ha dedicato "Controcampo" proprio all'inizio della trasmissione pomeridiana, con un Sandro Piccinini visibilmente toccato dal ricordo del collega ed amico.Il calcio raccontato in camicia e maglione, o sia pur in cravatta ma sempre portata alla sbarazzina, era più vicino, direi quasi più amico, di conseguenza più godibile, sempre nella completezza delle informazioni, anche le più particolareggiate e minuziose.Senza essere rivoluzionario era, nell'ambiente Mediaset, il più anarchico, non per convinzione ma semplicemente per stile: più riconoscibile, più autentico. Ecco perché neppure a lui sarebbe piaciuto essere ricordato con il piglio ufficiale e inevitabilmente tragico che si riserva in genere ai cosiddetti "coccodrilli": siamo certi, pur non avendolo certo conosciuto a fondo, che avrebbe di gran lunga preferito uno striscione. Qui a Roma ce lo siamo goduto di più, perché grazie alle radio locali dove si divertiva ad intervenire ne abbiamo conosciuto meglio l'autoironia e l'amore per il calcio come gioco, prima che come sport. Per quello che può valere, e forse anche questa nostra celebrazione gli sembrerebbe pedante ed eccessiva, lo salutiamo ancora con la definizione che di quelli come lui diede Bertold Brecht: «Era una degna persona, cosa si può dire di meglio?».