C'è solo l'A.S.Roma!

L'Inter ha perso lo scudetto


di Giuseppe Manfridi de Il RomanistaDomenica sera, al termine della sua imperiosa prova contro il Parma, l'Inter ha perso lo scudetto. Definitivamente e senza più possibilità di appello. Sia chiaro: io per scudetto intendo quello vero. Quello meritato da chi arriva primo perché più forte degli altri, e non invece quel triangoletto ovoloide di stoffa che chiunque, se gli va, può cucirsi sulla maglia, sulla giacca o sul pigiama. Io pure, se mi gira, piglio e cucio. Facilissimo. Si prende una strisciolina rossa, una verde, una bianca, ci si rifornisce di ago e filo, e il gioco è fatto. Sembra che l'orgasmo nel praticare il gesto reiterato della mano che trafigge il tessuto nell'imbastire i bordi procuri piaceri irrinunciabili. Tant'è che anche quest'anno, dopo averci preso gusto mercè una serie di circostanze fortuite congiunte all'obiettiva pesantezza del soldo, gli ambrosiani non sapranno trattenersi dalla smania di fare i ‘tricoteurs' (leggi:lavoratori a maglia), come già gli è avvenuto l'anno passato e due anni fa, quando addirittura non si vergognarono nell'esibire come proprio un bottino trafugato da altri a spese di altri ancora. L'abbiamo detto: basta cucire! E così ce li siamo ritrovati a sgambettare in giro per tutta Europa orgogliosi di quella raccapricciante effige che solo significava: si è consumato un malaffare, e in tribunale ho vinto io!Era già da qualche tempo che andavo maturando il sospetto di un'Inter immeritevole di essere nell'iperuranio in cui il villaggione mediatico nostrano ama vederla come una superstar del calcio in particolare e dello sport in senso lato. E difatti! Dici Inter e dici l'Invincibile, la Superpotente. D'altronde, quel che il villaggione dice, diventa legge, regola di vita. Motivo per cui, come non inchinarsi reverenti dinanzi all'emblema di un collettivo in cui la sovrabbondanza dei geni singoli è stata fusa dalla sapienza di un ormai edotto Mancini in una magnifica, inscindibile entità? Si compongono per questa squadra poemi pjndarici. Discuterne la forza e la bellezza è diventato un tabù nazionale. Guai solo a provarci! Si farebbe la parte dei livorosi mentecatti. A questo punto, nel segno di cotanta superiorità, è logico che i vari rigoretti dispensati per spianare la strada a vittorie comunque certe, e, per rinforzo, una spruzzata di porcherie combinate ai danni dell'unica rivale (ah, l'indimenticabile Rizzolo!) assumano la rilevanza di inezie da tenere in nessun conto. Piccoli, doverosi omaggi alla potenza del munifico sovrano.Nossignori! Per motivi a me ignoti si è stabilito che questo campionato dovesse nascere cadavere, e, soprattutto, che tale si dimostrasse sin da subito. Lotte al vertice? Se coivolgono la Roma, meglio evitarle. Qui bisogna spianare la strada in fretta e furia al ricostituirsi del solito tripolio: è di questo che c'è una fame sconsiderata. Guardare la Domenica Sportiva per crederci. Una volta tanto, dopo l'indecenza del 3-2 inscenato a San Siro, ho voluto impormi un simile sacrificio. Ebbene, ho avuto l'impressione di essere precipitato negli anni Settanta, quando mi toccava sbirciare i miei adorati colori giallorossi in bianco e nero sul far dell'alba, col volume al minimo per non farmi sentire dai miei che già mi credevano addormentato da ore. Ma quella era una squadra che dalla sua non aveva certo la forza dei risultati. Possibile che oggi si abbia l'impudenza di anteporle una Juve che è cinque punti dietro di noi, un Milan che a stento si va trascinando nella parte sinistra della classifica, e un Napoli-Lazio che fa audience solo per la volgarità di De Laurentis? Possibile che quel bel tomo testaccino di Ranieri (romanista infervorato solo quando anelava a sedere sulla nostra panchina) possa dire cose del tipo: «Non siamo ancora all'altezza delle grandi. Inter e Milan sono un'altra cosa!». Un'affermazione che è un manifesto programmatico dell'immediato futuro. Ci è toccato per decenni, e tutto intorno ci avverte che la giostra prediletta dai pulpiti del villaggione sta per ricominciare. Bene, d'accordo, andiamo avanti così: dispensando scudetti che sono solo questione di piccola sartoria. Ago e filo. Non serve altro.