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Un'altra vittoria di Rosella Sensi


La Roma non dovrà più vivere con la spada di Damocle delle banche. Il Cda di Banca di Roma, l'istituto che fa parte di Unicredit Group presieduto da Alessandro Profumo e che controlla il 49 per cento di Italpetroli, ha rinunciato giovedì all'opzione call su un altro 2 per cento del capitale della holding della famiglia Sensi. Che a sua volta controlla, attraverso Roma 2000 Srl, il 67 per cento dell'As Roma. Se fatta valere, l'opzione avrebbe permesso a Unicredit di controllare la società giallorossa. Diffusa dal Messaggero , la notizia conferma la bontà del piano di risanamento, avviato nel 2004, di Italpetroli e di quello dell'As Roma, presentato il 31 marzo 2006 dall'amministratore delegato Rosella Sensi. È stato proprio grazie all'abilità diplomatica della Sensi, dimostrata nei frequenti incontri con l'ad di Banca di Roma, Paolo Fiorentino, che la Roma è riuscita ad ottenere lo stralcio della clausola.IL SALVATAGGIO Una clausola "a garanzia". A pegno del credito mostruoso che le banche vantano con Italpetroli. Ecco in cosa consisteva l'opzione call . Se Banca di Roma, e dunque Unicredit Group, l'avesse esercitata, il colosso nato nel maggio 2007 dalla fusione tra Capitalia e Unicredit avrebbe acquisito il controllo di Italpetroli, avendo raggiunto il 51 per cento delle azioni. E così della Roma. La clausola fu inserita nell'inverno 2004 nel piano di salvataggio dell'impero Sensi. Banca di Roma divenne capofila di un pool di istituti di credito, tra cui Intesa Sanpaolo, Antonveneta e Banca delle Marche, coprendo da sola l'80 per cento del debito. Mica spiccioli: secondo il Piano 2006-2015, l'esposizione ammontava a 265 milioni di euro. A garanzia dell'intervento, il 49 per cento di Italpetroli passò nelle mani di Banca di Roma. Contemporaneamente, i Sensi avviarono un progetto di dismissioni di asset (beni e partecipazioni a società) non prioritari per il futuro della holding . Furono i famosi "sacrifici personali" per i quali ogni romanista dovrebbe ringraziare la famiglia Sensi. Nel solo 2004 furono ceduti un prestigioso palazzo di via Abruzzi, il 49 per cento del Corriere Adriatico, aree edificabili nel comune di Fiumicino e l'hotel Cicerone. Nel 2005 fu la volta de Le Torri di Parco dei Medici, il 16 per cento di Aeroporti di Roma e il 10 per cento della Compagnia del Porto di Civitevecchia. A conferma e garanzia della serietà del piano di ristrutturazione, nell'accordo firmato con le banche venne inserita la clausola del 2 per cento.NUOVA INTESA L'opzione sarebbe servita a garantire il consorzio creditizio nel caso in cui la famiglia Sensi non fosse riuscita a ridurre, lentamente ma costantemente, l'esposizione debitoria. Una ciambella di salvataggio che Unicredit Group avrebbe potuto raccogliere se, entro un anno dal nuovo accordo, la famiglia Sensi non fosse riuscita a rimborsare 150 milioni di euro di debiti. La clausola non finirà nel nuovo accordo che Villa Pacelli concluderà con le banche nei prossimi tre mesi. Ma questo non significa che il risanamento di Italpetroli proseguirà con minore attenzione. Saranno ceduti altri asset , sempre non fondamentali. La famiglia Sensi ha però messo a segno un altro colpo verso quell'obiettivo che fino a quattro anni fa sembrava un miraggio. La stabilità.