C'è solo l'A.S.Roma!

Non succede... ma se succede...


«È cciusto, è cciusto» diceva Nedved una volta, prendendosi rigori che non c'erano, quando di regali così ne arrivavano uno a domenica e lui come gli altri bianconeri (altro che vittime inconsapevoli) prendevano ed incartavano. E' cciusto, è cciusto, l'Inter va sotto per un gol in chiaro fuorigioco e cede di schianto, presa a pallate pure dalla Juve, come chiunque affronti ultimamente. E adesso è un'altra cosa perché 4 punti sono meno di 11 e di 9 e di 7, sono appena una partita e mezza, che per l'Inter di questi tempi potrebbe voler dire le prossime due partite (trasferte insidiose a Roma con la Lazio - oddio, insidiosa... già li vediamo i cugini di campagna che scenderanno in campo sui tacchi a spillo e a "pecorina" - e a Bergamo con l'Atalanta) e per la Roma significherà fare gli straordinari considerando Cagliari e Genoa come il Manchester che affronteranno in mezzo, con un sovraccarico di eccitazione che ci fa sognare tutto (perché tutto è ancora possibile, tutto) e rischia pure crudelmente di farci stringere un bel niente.La Roma la sua pressione l'aveva buttata addosso ai nerazzurri vincendo la sua partita al pomeriggio, come devono vincere le partite-chiave le squadre destinate a scrivere la storia del calcio: cioè, vincendo. Come si vince a volte riesce meglio, a volte, come ieri, peggio. E non solo per colpe proprie, va detto. Anche stavolta un arbitro - Gava - ci ha messo del suo, espellendo Perrotta con una decisione che è sbagliata e basta, senza altre valutazioni e interpretazioni più o meno ferree del regolamento (con lo stesso metro Chivu al 31' del primo tempo per quel fallo su Camoranesi avrebbe dovuto essere cacciato e preventivamente squalificato per tre giornate), perdipiù nel momento più caldo della partita. Perché l'Empoli che pochi giorni prima aveva bloccato sul pari proprio la Juventus - guarda come quadra il cerchio - aveva anche giustamente riaddrizzato una partita che nel primo tempo, grazie alle iniziative personali del suo gioiellino mignon, Giovinco, aveva persino rischiato di far sua. Ma prima Doni, poi il palo avevano restituito alla Roma (e al portiere brasiliano) quel che il ragazzino di scuola Juve s'era preso all'andata, con quella parabola lunga spiovuta alle spalle di Doni al novantesimo di una partita dominata dai giallorossi, e invece finita in parità. Stavolta la porta romanista sembrava stregata e invece un'altra palla malamente perduta ad inizio ripresa (Pizarro, non nuovo a certi errori, a cercare Tonetto, non nuovo a certe incertezze sulle palle mezze) e adeguatamente sfruttata da Abate e dallo spiritato Giovinco, ha rimesso tutto in parità, fino all'obbrobrio di Gava, che ha tolto di mezzo Perrotta per uno sgambettino a metà campo: rosso diretto, come si fa con chi attenta all'incolumità degli avversari. Tre giorni dopo lo sforzo prodotto con la Lazio e con un'ora di calcio già nelle gambe la Roma s'è trovata di fronte alla necessità di vincere la partita contro un Empoli così ispirato nella mezz'ora residua: ce n'era abbastanza per mollare tutto al 13' del secondo tempo, come era probabilmente capitato di pensare sette giorni prima dopo il gol di Kakà (11' st) e tre giorni prima dopo quello di Rocchi (12' st). Ma la Roma di quest'anno è più forte di tutto, tatticamente, tecnicamente e mentalmente, ma non ancora di tutti, speriamo ancora per poco. E allora la reazione è stata immediata, forze grazie a Gava, non esattamente come col Milan (33' Giuly e 36' Vucinic), ma grosso modo come con la Lazio (17' Perrotta): era infatti il 18' minuto quando Panucci ha spizzato la pennellata di Pizarro e ha dato forma di gloria alla rabbiosa reazione della Roma, già immaginata al momento dell'ennesima ingiustizia osservando l'intensità dello sguardo di Totti e degli altri romanisti. Stordito, l'Empoli si è riorganizzato solo nel finale della partita e solo al 48' ha trovato un varco che avrebbe potuto strozzare in gola l'urlo di soddisfazione dei tifosi presenti, ma Volpato non è Behrami e con la sconfitta del derby abbiamo espiato abbastanza. Insomma, l'Empoli ci ha fatto soffrire pure troppo, come da tradizione (sei sfide contro il suo passato per Spalletti, tre risicate vittorie all'Olimpico, due sconfitte e quel pareggio di Giovinco al Castellani), ma poi alla fine i tre punti sono arrivati. E con essi il supplemento d'emozione per arrivare a San Siro a guardare gufando la sfida serale tra Inter e Juve. Inutile, ora, lambiccarsi nelle varie teorie dei "se" passati. Se il Parma, se Trefoloni, se Rosetti, se Mexes, se Giuly all'andata, se a Siena, se, se. Meglio pensare al futuro. "Se" la Roma avrà la forza di giocare al massimo gli ultimi due mesi di stagione, questa rischia di diventare la più gloriosa, pazza, trionfale e appassionante stagione della nostra storia di tifosi. Non succede, perchè non succede, ma "se" succede...