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La maggior parte dei tifosi infuriati con Mancini


«Deve andare via». «No, lasciatelo stare». Il giorno dopo la sconfitta col Manchester tra i pochi tifosi raccolti fuori dei cancelli di Trigoria si è parlato quasi solo di lui. Di Mancini. La prestazione del brasiliano martedì sera è stata giudicata pessima da tutti, tifosi e giornalisti, romanisti e non. Qualcuno ieri, mentre Spalletti lasciava il Fulvio Bernardini, ha gridato al tecnico un furibondo «Vendetelo». I fischi nei confronti di Amantino sembrano indicare una definitiva rottura nel suo rapporto con i tifosi, dovuta in parte alla mancata firma sul rinnovo del contratto («ne riparleremo a maggio - ha detto Gilmar Veloz a Calciomercato.it - adesso non è il momento giusto perché la squadra è impegnata su tanti fronti»), ma soprattutto ad una serie di partite giocate ben al di sotto delle sue potenzialità. Almeno di quelle potenzialità fatte vedere troppo raramente in questa stagione. I numeri del brasiliano sono impietosi: la media voto col Manchester è stata di 4,69, la peggiore dei 14 romanisti in campo. Ed anche il voto complessivo stagionale (5,92) è ben al di sotto della sufficienza. Addirittura il terz’ultimo dell’intera rosa. Comunque molto peggio di quanto da lui fatto nelle due precedenti annate “spallettiane” nelle quali era stato comunque accusato (e in una intervista di qualche tempo fa lui stesso aveva fatto in tal senso “mea culpa”) di scarsa continuità. Nella stagione 2005-2006 la sua media voto finale fu di 6,17, molto simile il risultato in quella scorsa (6,16). Quest’anno il crollo.E sarebbe andata anche peggio senza quel mese (per l’esattezza 38 giorni) a cavallo tra gennaio e febbraio nei quali sembrava essersi messo alle spalle il periodo nero e tutti i malumori. In pratica dalla prima partita del 2008, quella con l’Atalanta (13 gennaio) all’andata degli ottavi di Champions con il Real del 19 febbraio. In totale 10 partite con sette sufficienze piene (i tre voti sotto il sei arrivarono in concomitanza con le due sconfitte contro Siena e Juve e nella vittoria col Catania) e ben cinque partite nelle quali era andato addirittura sopra il sette in pagella. Poi, dopo quel dribbling a Casillas, così come un anno dopo il numero su Reveillere a Lione, è quasi scomparso. Un calo costante e neanche tanto lento: sette partite e sette voti bassi. A partire dal 5,69 col Parma, il 5,94 nel trionfo del Bernabeu, fino ai quattro virgola qualcosa nelle ultime tre uscite. Addirittura peggio del deludente inizio di stagione nel quale c’era però l’attenuante di una non perfetta condizione fisica.E adesso, invece, cosa sta succedendo? Problemi di forma o mancanza di serenità per la situazione contrattuale ancora in bilico? Curioso in ogni caso vedere come il picco positivo delle prestazioni ci sia stato dopo l’incontro del 15 gennaio scorso tra la società e il suo procuratore, Gilmar Veloz, al termine del quale sembrava essere arrivata la schiarita sul rinnovo. E che la flessione sia iniziata quasi in corrispondenza del secondo incontro, quello del nulla di fatto del 7 marzo. E il prossimo? A maggio, dice Veloz che tra un paio di settimane dovrebbe essere in Italia, ma non a Roma, e che non ha fissato in agenda appuntamenti con la società. Ma ora per Spalletti il problema non è tanto quello dell’attesa firma, quanto di trovare la formula magica che permetta di riavere di qui alla fine della stagione il vero Mancini. A partire da sabato, dal Genoa. E non sarà impresa facile per il tecnico recuperarlo. Ci vorrà un grande lavoro psicologico da un lato e diplomatico dall’altro. Perché, se Amantino dovesse andare in campo, al primo pallone sbagliato rischierebbe di essere ricoperto dai fischi dei tifosi ancora indispettiti dalla prestazione col Manchester. Eppure, con i dubbi sulle condizioni di Francesco Totti ed un Taddei mai così in difficoltà, per provare l’impresa all’Old Trafford, per arrivare alla finale di Coppa Italia e, soprattutto, per sferrare l’attacco all’Inter, servirà l’apporto del miglior Amantino. Anche se il discorso sul contratto resterà congelato, anche qualora a fine stagione la sua strada e quella della società dovessero dividersi. Ora bisogna dimenticare tutto, per il bene della Roma. Per vincere qualcosa.