C'è solo l'A.S.Roma!

De Rossi, diffidato fino a fine campionato


«Daje Roma, daje Roma, daje». C'è tutto Daniele De Rossi in quel grido a squarciagola, con la giugulare che si gonfia dopo il gol del 3-2 con il Genoa. C'è tutta la grinta, la voglia di vincere, la cattiveria sportiva di un ragazzo che quella maglia se la sente addosso come una seconda pelle. Capitan Futuro? Certo, quando Totti (si spera il più tardi possibile) deciderà di smettere. Ma soprattutto capitano a prescindere, uno di quelli che hanno innate le stimmate dei leader. Uno che ormai potrebbe far parlare i numeri al suo posto, uno che dall'alto del titolo di campione del Mondo, con un Europeo dietro l'angolo da giocare da protagonista, potrebbe fare altre valutazioni. Dei calcoli. Un altro forse, non lui, non il migliore centrocampista italiano, non uno con quel carattere, non un romanista vero.«Si vuole caricare sulle spalle la squadra» diceva sabato il commento di Mediaset al minuto 74 di una partita che si era messa malissimo. Sì, perché dopo l'uno-due da ko di Rossi e Leon, quando tutto pareva perso e la Roma sembrava destinata a non recuperare il ritmo giusto («abbiamo cominciato la ripresa come abbiamo finito il primo tempo») per riportarsi in vantaggio, è stato lui, Danielino, a dare la scossa. Un gran sinistro da 30 metri, con gli spazi chiusi dal grifone arroccato a difesa del punto e la paura di perdere tutto a paralizzare le gambe dei suoi compagni, una botta a scaldare le mani di Rubinho e i cuori dei romanisti allo stadio. Ci ha pensato lui a dare la scossa, e, visto che sembrava non bastare, ci ha riprovato qualche minuto dopo, stavolta sparacchiando fuori. Senza paura. E senza paura è andato sul dischetto per calciare quel pallone che pesava come un macigno. Come in Supercoppa, come al Mondiale quando, dopo il rosso per la gomitata a Mc Bride, un altro errore avrebbe voluto dire ritrovarsi contro l'Italia intera. E invece quattro-cinque passi e bum. «E mo' buttace i guanti». No, stavolta non l'ha detto, stavolta è esploso baciando la maglia, poi quasi strappandola per poter avere qualcosa da sventolare insieme a tutto l'Olimpico che impazziva insieme a lui. Come in "trance". Solo dopo, con un po' di calma in più (mica poi tanta), un triplice «andiamo» verso la Sud, la sua Sud, per caricarla ancora.Feroce, come Spalletti avrebbe voluto tutta la squadra che invece si era spenta sul 2-0. Feroce come quando, appena subìto il 2-2, era andato a ringhiare sulle gambe degli avversari perché non ci stava a dire addio così al campionato. Beccandosi l'ammonizione, la dodicesima, quella della diffida perenne. D'ora in poi, infatti, per lui non ci saranno più avvertimenti: ad ogni giallo ricevuto scatterà la squalifica per la giornata successiva. Una vera e propria spada di Damocle a sei giornate dal termine quando serve il meglio di tutti per provare l'impresa, figurarsi lui. Ma se questo è lo scotto da pagare per vedere una Roma "da battaglia" fino alla fine, fino a che c'è speranza, allora ben vengano le ammonizioni e i giocatori in diffida. A Udine domenica prossima come con Livorno, Torino, Samp, Atalanta e Catania. Come con il Manchester mercoledì per provare l'impresa epica: «Io penso che ce la possiamo fare - ha detto Danielino sabato - abbiamo fatto due reti in trasferta a tante squadre forti come il Manchester. Ci vorrà anche un pizzico di fortuna». Sì, ma anche il cuore, e a lui quello non manca.