C'è solo l'A.S.Roma!

Poche chiacchiere, oggi gioca la Roma!


Si parla solo del futuro societario, ma all'Olimpico arriva il LivornoC'è da continuare il sogno. E poi tifare Toro, senza pensare a Soros e agli arabi.La notizia è ufficiale, e pare quasi uno scoop: oggi pomeriggio si gioca Roma-Livorno, gara valida non solo per il campionato di serie A, ma addirittura per lo scudetto. Il calendario e l'aritmetica lo ricordano da un pezzo, certo. Ma a girare per la città, fino a ieri sera, c'è da sperare che qualcuno se ne ricordi davvero, a parte i soliti impagabili fedelissimi. All'Olimpico, alle 18, Totti e compagni provano un'altra volta ad arrampicarsi a quota 74, vale a dire appena un gradino sotto all'Inter. Lo hanno fatto anche domenica scorsa, andando a vincere con una prova strepitosa sul campo dell'Udinese. Allora il sogno durò lo spazio di una pennica: all'ora di cena, asfaltando i miseri resti della Fiorentina, l'Inter era nuovamente schizzata a più quattro. Oggi se non altro il sogno può dilatarsi un po' di più: i nerazzurri giocheranno solo domani, sempre by night, nella tana del Toro disperato e, speriamo, imbestialito.L'interesse indubbiamente scarso che accompagna i giallorossi a questa sfida, la quintultima del torneo, si spiega probabilmente per due ragioni. La prima, la più malinconica, è che il popolo romanista, dietro il suo storico ottimismo, è convinto a larga maggioranza che i giochi per il vertice siano ormai fatti: da troppi mesi l'Inter è lassù, retta saldamente non tanto dalle discutibili qualità del suo allenatore, quanto dalle prodezze dei suoi campioni, dalla ricchezza del suo patron, dall'esercito di Gussoni e Collina. La seconda, la più evidente per quanto strettamente legata alla prima, è che i tifosi - nella loro quasi totalità - sembrano ormai considerare il possibile sbarco romano dello zio d'America-Soros importante quanto la conquista dello scudetto.Sappiamo bene in che misura la cosa ferisca la sensibilità degli inquilini di Trigoria e soprattutto di Villa Pacelli, da dove ieri, su carta intestata Compagnia Italpetroli, è uscita una nuova ammissione dei movimenti ormai sulla bocca di tutti: gli americani sono a Roma, hanno contattato i proprietari della società per sondarne le reali intenzioni. Sta di fatto che la spasmodica attenzione nei confronti del clamoroso interesse ufficializzato da mister Compass (bussola, in inglese, per la capacità di inquadrare le rotte finanziarie con precisione assoluta) è letta dall'attuale proprietà come una dolorosa prova di ingratitudine, se non addirittura di disprezzo. Detto che non è così, nella stragrande maggioranza dei casi, e detto pure che al mondo d'oggi la gratitudine è sentimento di durata oscillante tra i dieci secondi e le ventiquattr'ore, bisogna arrendersi all'evidenza. La prospettiva di vedere garantite al club, sia pure solo sulla carta, risorse e quindi ipotesi di sviluppo sin qui assolutamente inimmaginabili azzera qualsiasi analisi alternativa. La gente ha scelto. Ora dovranno farlo i protagonisti di questa vicenda dai contorni ancora confusi, spinta inevitabilmente (siamo in Italia, il paese delle dietrologie e degli intrighi) in un vortice di interessi, di passioni, di sospetti, di oscure interferenze.In questo clima la squadra, che attraverso Spalletti si è dichiarata non già turbata o destabilizzata, bensì lusingata dall'interesse di grandi gruppi internazionali, è chiamata a dare seguito alla mission (forse) impossible di agganciare l'Inter sul filo di lana. All'Olimpico bisogna assolutamente battere l'ultima della classe, il derelitto Livorno, e sperare poi che l'onda nerazzurra venga arginata in qualche modo dalla disperazione del Torino, costretto a richiamare dal suo scomodo eremo spagnolo il tecnico De Biasi, che ormai si lascia e si riconcilia con il presidente Cairo come la più scoppiata delle coppie da sit-com. Scavalcato questo decisivo week-end, rimarrebbero probabilmente solo due occasioni per sperare in uno stop dell'Inter: il derby di Milano, tra un paio di settimane, e il sinistro incrocio con il Parma di Cooper, il 18 maggio, ultima di campionato.Ovvio che per continuare a sognare, o anche solo a illudersi, si debba inseguire con ogni residua stilla d'energia il progetto annunciato da Spalletti pochi giorni fa: fare strike, portare a casa 15 punti nelle cinque partite che ci separano dal traguardo. Tre devono assolutamente arrivare oggi pomeriggio, contro un'avversaria con l'acqua alla gola, forse anche peggio. Il Livorno, che Camolese era parso inizialmente un grado di rivitalizzare, è ormai in caduta libera da quattro giornate. Ha spuntato un pari per 0 a 0, in casa, contro il Siena; ha perso con Udinese, Sampdoria e Cagliari. In assoluto, non vince dal 2 marzo, giornata numero 26: uno stiracchiato 1-0 sul Catania all'Ardenza. La Roma ha raccolto sin qui quasi due volte e mezzo i suoi punti: 71 contro 29. Pare pazzesco pensare che all'andata non si sia riusciti a spingersi oltre quel modestissimo 1 a 1 (vantaggio di De Rossi, pareggio di Tristan) che costituisce tuttora uno dei grandi rimpianti degli spallettiani: senza peraltro dimenticare mai che altre squadre - un nome a caso: l'Inter - in circostanze analoghe hanno giocato peggio, ottenendo però una bella vittoria in confezione regalo. I giallorossi lanciano oggi il loro assalto spinti dalla loro rabbia, quanto dalla forma ritrovata da Totti, più forte di qualsiasi acciacco e soprattutto delle vergognose accuse sofferte dal resto d'Italia, Gussoni compreso. Faranno il loro dovere, come hanno fatto sempre - con rarissime eccezioni - in questa stagione comunque fantastica. Poi, domani, si metteranno davanti alla tivù, sperando che per una volta sia qualcun altro a fare il miracolo. Quindi avvieranno un'ulteriore attesa, quella per una partita ancora più delicata. La partita che mette in palio non uno scudetto, ma il futuro.