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Ma a Catania poteva finire in tragedia


di Daniele Lo Monaco de Il RomanistaTeppisti al Massimino sin dalle 12. Calci e pugni ai taxi dei giornalisti. E minacce di morte ai giocatori giallorossi
Il pomeriggio di un giorno da cani di Catania comincia in realtà con la calma apparente della sera prima presso il ritiro scelto dalla Roma, il Romano Palace sul lungomare detto della Playa, dal lato della costa sabbioso, verso l'aeroporto. Lì, un imponente schieramento di forze dell'ordine ha vegliato sulla serenità della comitiva giallorossa, dopo aver trasformato l'albergo in un bunker inaccessibile da ogni lato viste le esplicite minacce rilanciate dai siti internet degli ultras rossoblù sulle intenzioni di disturbare per quanto possibile il sonno dei romanisti. Dietro l'albergo, e lateralmente, erano state dislocate decine di finanzieri in alcuni punti strategici, con particolare attenzione al parco retrostante, chiuso al pubblico già dalle 19.30. Davanti stazionavano invece altrettanti poliziotti oltre il cancello, sulla strada che costeggia il mare, con l'enorme giardino a far da robusto cuscinetto tra ogni eventuale disturbatore e il gruppone dei giocatori. Chi si è intrattenuto un po' di tempo fuori dal cancello nel tardo pomeriggio di sabato, non ha però potuto far a meno di notare quelle macchine con due o tre persone dall'aspetto poco raccomandabile che ogni tanto passavano a gettare un'occhiata, si fermavano qualche secondo e poi ripartivano, senza mai tradire quell'espressione di emozionata attesa che contraddistingue sempre i tifosi che cercano un contatto almeno visivo con gli idoli ammirati in televisione. Di fatto, in ogni caso, per tutta la notte non è accaduto niente, tanto da autorizzare qualche ottimistico pensiero riguardo la fragilità delle minacce di vendetta ventilate sui già citati "muri" dei siti internet. Niente di più sbagliato.In realtà il proposito di vendicare i tre catanesi feriti nei pressi dello stadio Olimpico in occasione della gara d'andata si è rivelato qualcosa di più di una "goliardata" da tastiera. Bande di teppisti a volto scoperto hanno infatti conquistato il territorio intorno al Massimino sin da mezzogiorno, in spregio a ogni regola di civile convivenza e in virtù di una disinvolta strategia delle forze dell'ordine che, come ha confessato al collega Chiusano di Repubblica il questore di Catania Michele Capomacchia, dal giorno della tragedia Raciti preferiscono non intervenire capillarmente a reprimere ogni focolaio di violenza ma cercano di lasciar sfogare gli istinti se non accade nulla di gravissimo. Diversi gli obiettivi scelti per "sfogare gli istinti": i taxi in arrivo al Massimino che evidentemente portavano allo stadio gente non di Catania e il pullman della Roma. "Solo" per due volte, a conti fatti, si è sfiorata la tragedia senza che nessun poliziotto sia riuscito a intervenire: in una strada a trecento metri dall'impianto in cui si sarebbe giocato, quando un'orda di una decina di teppisti ha assaltato un taxi con tre giornalisti (chi scrive e i colleghi di Repubblica Chiusano e Gamba), tirando calci e pugni alla cieca e non riuscendo per fortuna nel tentativo di trascinare i malcapitati giù dalla macchina pubblica, e nel vialone attiguo quand'è passato il pullman della Roma, circostanza che ha salvato i giornalisti (perché il più ghiotto obiettivo ha distolto gli animali che s'accanivano sulle prede) e che ha spaventato i giocatori, per la rottura del vetro con un colpo di martelletto e per quel colpo ancor più pesante scagliato con un masso contro il parabrezza anteriore, che per fortuna ha tenuto.E non avevamo visto ancora niente: perché il vero scandalo del pomeriggio catanese sta in quel che è accaduto all'interno dello stadio. Nel comportamento irresponsabile di molti giocatori (scorretti e teatrali nelle loro proteste sempre ingiustificate all'inizio, vergognosi per le pressioni della ripresa ai loro colleghi giallorossi con le richieste di lasciarli pareggiare), nelle violente reazioni dei tifosi della tribuna che hanno costretto i dirigenti della Roma a lasciare l'impianto in anticipo (tanto che il ds Pradè ha rifiutato il saluto del presidente Pulvirenti a fine partita, in segno di protesta per il trattamento ricevuto), nell'incivile atteggiamento delle decine di inservienti a vario titolo fatti entrare a bordo campo per minacciare con il gesto del taglio della gola giocatori e panchinari della Roma, nell'indegna leggerezza con cui sono state assegnate le casacche da steward a personaggi la cui principale occupazione è stata quella di far scavalcare i tifosi della curva nella parte finale della gara e di nasconderli poi alla vista di chissà quali forze dell'ordine facendoli accucciare dietro i cartelloni pubblicitari. Per festeggiare il pareggio, nel caso che si fosse verificato. Per sfogare in altri modo la rabbia covata e fomentata dalle 13 in poi qualora invece il risultato avesse alla fine condannato alla B il Catania. Questo è quello che è accaduto l'altro giorno in una delle più belle città della Sicilia e che la Lega calcio, nonostante la presenza a bordo campo del vicecapo della Procura Federale Carlo Piccolomini, ha sanzionato con 15.000 euro di multa.