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La Coppa Italia che è stata sempre una rivincita


«Coppa Italia sarà» cantavano i tifosi della Roma domenica pomeriggio a Fiumicino dopo aver visto lo scudetto sfuggire proprio all’ultima giornata. Nelle loro parole però non c’era tanto la delusione per l’obiettivo mancato, quanto la voglia di chiudere la stagione così come era cominciata, cioè alzando un trofeo. Ad agosto è stata la Supercoppa, sabato può essere la Coppa Italia, sarebbe la nona della storia romanista. Rapporto particolare quello tra la Roma e questa competizione, troppo spesso sottovalutata. Non dalla società giallorossa però, che tante volte nella sua storia ha saputo ripartire proprio da questa coppa, arrivata dopo cocenti delusione. Fu così, ad esempio, nel 1981. La Roma di Liedholm e Viola, di Falcao e Di Bartolomei fu scippata dello scudetto dalla Juventus e dall’arbitro Bergamo: è la stagione del gol di Turone, tanto per intenderci. Per rendersi conto della delusione provata il 10 maggio allo stadio Comunale basta dire che oggi, 27 anni dopo, ancora se ne parla con rabbia. Per questo la doppia finale contro il Torino, conquistata dopo aver eliminato in semifinale proprio la Juventus, è stata l’occasione per salvare parzialmente, la stagione. La Roma vinse ai calci di rigore la quarta Coppa Italia della sua storia, la seconda consecutiva. La quinta coppa è datata 26 giugno 1984: nella finale di ritorno contro il Verona (l’andatà terminò 1-1) i giallorossi si imposero 1-0 grazie ad un’autorete di Ferroni. Era una Roma ancora sotto shock per la sconfitta, meno di un mese prima, nella finale di Coppa Campioni. Era la fine di un ciclo. E’ stata l’ultima partita con la maglia giallorossa di Agostino Di Bartolomei.La Roma che ha vinto la sesta coppa nel 1986 era una Roma nuova. C’era stato un ricambio generazionale, a partire dalla panchina. Non c’era più il Barone ma quello che era indicato da tutti il suo erede designato, Sven Goran Eriksson, il Rettore di Torsby. Svedese come il suo maestro, innovatore come lui, ad Eriksson è legato uno dei ricordi più brutti nella storia giallorossa: Roma-Lecce. Il 20 aprile 1986 una città intera ha visto sfuggire uno scudetto che, sull’onda della rincorsa che era stata compiuta e di un calendario che opponeva il Lecce già retrocesso e il Como nelle ultime due giornate, sembrava ormai certo. E’ andata, come tutti sanno, in maniera diversa, ma la formazione giallorossa ha avuto la forza di rialzarsi e di vincere la “solita” Coppa Italia in finale contro la Sampdoria. Sconfitti per 2-1 all’andata dai gol di Roberto Mancini (proprio lui) e Galia (per la Roma segnò Sandro Tovalieri), al ritorno i giallorossi ribaltarono il risultato grazie ad un calcio di rigore di Ciccio Desideri e a un gol di Toninho Cerezo, alla sua ultima presenza con la maglia della Roma, come Di Bartolomei due anni prima.Nel 1991 arriva la settima coppa. Avversaria ancora la Sampdoria, che si era da poco laureata campione d’Italia. La delusione romanista però quella volta non arriva dal campionato, ma dall’Europa. Dopo una splendida cavalcata, infatti, la Roma di Ottavio Bianchi si arrese nella doppia finale di Coppa Uefa all’Inter. Fu Bergomi, il 22 maggio, ad alzare la coppa allo stadio Olimpico. Non bastò il gol di Rizzitelli a recuperare lo 0-2 dell’andata. L’amarezza fu tanta, anche perché quella è stata una stagione complicata, cominciata con la doppia squalifica per doping di Peruzzi e Carnevale e proseguita con la scomparsa di Dino Viola. La morte del presidente del secondo scudetto, l’uomo che era riuscito a trasformare la Rometta in una grande squadra, ha messo fine un’era.  Così come l’addio al calcio di Bruno Conti, che si consumò in un Olimpico gremito fino all’inverosimile il giorno dopo la finale con l’Inter. La coppa di consolazione arrivò a Marassi il 9 giugno: finì 1-1 grazie ai gol di Voeller su rigore ed all’autogol di Aldair, risultato che dopo il 3-1 dell’Olimpico assicurò il trofeo ai giallorossi.Anche l’ultima coppa, quello dello scorso anno, è arrivata dopo una delusione. Non tanto per il secondo posto in campionato a meno 22 dall’Inter, quanto per il 7-1 rimediato all’Old Trafford: la tradizione, insomma, è  ben avviata. Basta solo rispettarla...