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Rosella: "I Campioni d'Italia siamo noi!"


Quando arriva allo stadio è ancora presto e in tribuna d‘onore c'è solo lei, in compagnia del marito e delle tre-quattro persone di famiglia che l'accompagnano. E' al suo posto, come sempre, Rosella Sensi, l'ad della Roma, ma soprattutto la figlia del presidente. Colei che ha preso in mano le redini della società quando papà Franco ha capito che era giusto cederle il testimone. Meglio, condividere con lei la gestione di un progetto ed essere, insieme, il braccio e la mente. Senza distinzioni, essendo entrambi, in perfetta simbiosi, tanto l'uno quanto l'altra.Parla al telefono, Rosella, in questa serata così diversa dalle altre. Anche lei lo fa coprendosi la bocca. Sembra insolitamente tesa, quando le telecamere la inquadrano. Di certo è perché la serata è di quelle che valgono più di quanto dica l'evento in sé. Se domenica scorsa c'era una squadra, l'Inter, che aveva tutto da perdere ed un'altra tutto da guadagnare, stavolta la posta in palio è altra - e niente affatto meno importante - e i ruoli sembrano quasi invertirsi. C'è in gioco tanto, a comiciare dall'orgoglio. Di una squadra, di una società e di un intero popolo. Una partita che chiude una stagione e forse non solo. E che possa essere quella che può chiudere un ciclo, ricco certamente di grandi soddisfazioni, ed aprirne un altro, che ci si augura non meno esaltante, lo si respira fuori e dentro lo stadio. C'è davvero un clima speciale, stasera. Lo avverti nell'aria. E gli occhi di Rosella, mentre si tormenta la guancia, sembrano quasi confermarlo… Checché se ne dica, è una serata importante, questa. Anche per il trofeo in palio. Altro che "coppettina", come ha detto Luciano Spalletti. E a vederla, lì, sul piedistallo, a bordo campo - come vuole il cerimoniale, tornato stasera quello delle grandi occasioni - capisci quanto sia forte la voglia di conquistarla, quella Coppa. E forte anche la voglia di gridarlo. Come fa a più riprese la curva. E' forse per questo che la Lega Calcio pensa bene (?) di "smorzare" gli entusiasmi ingannando l'attesa con tre ore di musica o quasi, senza interruzioni. All'ingresso delle squadre per il riscaldamento compaiono anche i primi striscioni: ce n'è uno che recita "Ciao, Alessio e Flami", salutando così i due ragazzi investiti e uccisi tre notti fa a bordo del proprio motorino in viale Regina Margherita. Nel frattempo, all'esterno dello stadio, prima della zona pre-filtraggio, c'è chi ne mostra uno che richiama la condizione di chi è vivo ma, forse, non vuole sentirsi "morire" dentro. E' quello di alcuni lavoratori di Roma channel, impegnati nella loro battaglia personale a difesa del posto di lavoro e venuti fin qui a testimoniarlo.Sono le 20,45 quando arriva la lettura delle formazioni, accompagnata dalle consuete sottolineature della curva. Non mancano i fischi al nome di Mancini. Che non è quello del tecnico nerazzurro. La neutralità del campo vuole che, subito dopo, vengano diffusi gli inni delle due squadre. Dura poco "Pazza Inter, amala", e senza neanche un seguito da parte dei suoi tifosi. Inutile dire che "Roma Roma Roma" continua ad essere cantato dalla curva anche dopo che le sue note sono andate scemando dagli altoparlanti. E' il momento dell'arrivo di Giorgio Napolitano (che nell'intervallo definirà la serata «Un grande evento italiano» e ricorderà di «essere stato tifoso del Napoli e di Maradona, ma non sono in grado di fare paragoni con la rete di Mexes») accolto anche da lui da non pochi fischi. Si ripeteranno durante l'esecuzione dell'inno nazionale, al comparire della sua immagine sul tabellone luminoso, e ancor più quando ad essere inquadrata sarà la squadra nerazzurra schierata in campo. La tribuna d'onore, intanto, si è riempita. Con la famiglia Sensi al completo, sia pure senza il pater. Ai fischi rivolti al presidente della Repubblica c'è chi non nasconde l'imbarazzo. Rigorosamente bipartisan, però. C'è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Ci sono il sindaco della Capitale, Alemanno, e l'ex, Veltroni, con il presidente della Regione Marrazzo. Folta anche la rappresentanza dei vertici sportivi, da Matarrese ad Abete e Albertini, da Petrucci a Pagnozzi, e quella delle maggiori cariche istituzionali, con i ministri La Russa, Gasparri e Ronchi. Numerosi anche gli esponenti dei vari schieramenti politici, da Casini a D'Alema. E poi, il capo della polizia, Manganelli, e i sindacalisti Epifani e Bonanni. E molti altri, richiamati anche dalla centralità (e visibilità) dell'evento.Ostenta la tranquillità dei forti e sorride quasi sorniona Rosella Sensi, quando Mexes porta in vantaggio la Roma. Poi soffre quando il francese si fa male. «No, Phil, no!». In sottofondo, "Correte, scappate…". E il sorriso si fa ancora più soddisfatto. Sul 2-0 di Perrotta, nel secondo tempo, si distende. Liberatorio. Anche se c'è ancora molto da giocare. E il gol di Pelè lo fa capire ampiamente. Ma il coro continua: "…arriva lo squadrone gial-lo-ros-so!". Come il nastro sul trofeo che il presidente Napolitano consegna nelle mani di Capitan Futuro. Gial-lo-ros-so. E la Sensi? Chiude quasi in lacrime, abbracciata da Bruno Conti: «È una vittoria importantissima, quasi quanto lo scudetto. Una grande gioia». Si può lasciare questa società? «Parlo solo per comunicati». Ma è sera di festa. «Per mio padre, è un grande, vuole vincere. E per tutti colo che lavorano in società. E' una vittoria strameritata, come altre che non sono arrivate. Siamo i campioni d'Italia».