C'è solo l'A.S.Roma!

La Roma resta ai Sensi. Soros ha detto no.


La proposta di acquistare il club non ha convinto il magnate americano, che ha rifiutato. Alle 17 è arrivata la comunicazione formale a Trigoria. Ma i debiti restano. Inner Circle Sports e Unicredit, seccati, cercano un altro compratore. Perrotta: «Comunque caschiamo in piedi». Ma è già tempo di mercato. Pradè ha meno soldi e meno tempo rispetto alle concorrenti
George Soros non sarà il nuovo proprietario della Roma. E a questo punto non è neanche detto che la società abbia un nuovo proprietario anche se, paradossalmente, è proprio la famiglia Sensi ad averne bisogno per risanare i conti. Se prima, infatti, c'era chi voleva comprare e chi non voleva vendere, ora le parti si sono invertite. L'uomo da 11 miliardi di dollari ha detto no. Due volte. La prima venerdì scorso, la seconda ieri, quando la Inner Circle Sports ha messo in atto l'estremo tentativo di persuaderlo a investire nel club giallorosso. Ma alcune condizioni tecniche dell'operazione che gli è stata prospettata non lo hanno convinto.Così Soros non ha cambiato la sua posizione, che è sempre la stessa dallo scorso 17 aprile. Quando tutto era pronto e l'accordo sulle cifre (210 milioni, compresa buonuscita per la famiglia, per il 66% delle azioni e il resto per l'Opa, per un totale di 283 milioni) praticamente fatto, ma l'operazione saltò per una inesistente offerta araba. Lì l'uomo capace di far crollare la Sterlina nel 1992 decise di non volerne più sapere e di sicuro i comunicati che ribadivano la volontà di non vendere e le lettere ai tifosi che definivano l'operazione una "occhiuta rapina" hanno contribuito a rafforzare la sua convinzione.Salta tutto, quindi, quando sembrava tutto fatto. E in buona parte lo era, perché martedì scorso Banca Unicredit, constatata l'impossibilità per i Sensi di attuare il piano di rientro del debito e appurata la volontà di cedere l'AS Roma, aveva preso in mano la situazione e aveva garantito agli advisor di Soros (Inner Circle Sports in America, Banca Rotschild e Studio Tonucci in Italia) la volontà di trattare solo con lui e l'inesistenza di altre cordate. Il tutto era stato confermato il giorno dopo dall'avvocato della famiglia, Gian Roberto De Giovanni. Mancava solo il sì di Soros, si scriveva e si leggeva. Ma è stato un no. La Roma lo ha saputo alle 17, quando l'avvocato Antonio Conte ha ricevuto la comunicazione formale che era già in possesso del legale Gian Roberto De Giovanni. La giornata era iniziata con i continui rialzi del titolo in Borsa e con l'ennesimo comunicato di smentita. Si ribadiva di non aver ricevuto offerte formali da Soros e da Inner Circle e di non aver sottoscritto accordi o preaccordi, «direttamente o indirettamente». Era vero, perché da tempo chi si stava muovendo era Unicredit. Più o meno contemporaneamente, Maria Sensi prima si commuoveva ricordando gli «anni meravigliosi» al timone della società, poi però ribadiva: «Perché dovremmo venderla?»Ci sono 377 milioni di motivi perché bisogna vendere la Roma. Sono gli euro cui ammonta il debito della controllante ItalPetroli. Esiste un piano di rientro, sottoscritto dal CdA di Banca di Roma (inserita nel gruppo Unicredit, principale creditore dei Sensi e detentore del 49% del gruppo) a novembre, che è valido finché non se ne farà un altro o finché non salterà. Per evitare che salti, bisogna ricavare 130 milioni entro il 15 settembre dalla vendita dei terreni di Torrevecchia, non ancora edificabili e al momento senza un compratore. Bisogna inoltre ottenere la certificazione del bilancio entro il 30 giugno. Ma i revisori dei conti, che già lo approvarono con riserva un anno fa, non sembrano essere intenzionati ad essere ancora una volta di manica larga. Come se non bastasse, Banca Finnat deve aggiornare il piano industriale di ItalPetroli per il periodo 2008-2016. La certificazione deve avvenire entro il 30 giugno 2008 ed è indispensabile per la seconda fase.Il piano è praticamente inattuabile e Unicredit l'ha sempre considerata una eredità di Capitalia di cui avrebbe fatto volentieri a meno. La cessione dell'AS Roma avrebbe consentito all'istituto diretto da Alessandro Profumo di rientrare di buona parte del debito. Il no di Soros ha indispettito (eufemismo) la banca, che si ritrova con la patata bollente in mano, ma anche Inner Circle Sports, che ha investito un anno di lavoro e almeno un milione di euro nell'operazione. E lascia la famiglia Sensi praticamente in un vicolo cieco. Tutti e tre ora sono alla ricerca di un compratore che al momento non c'è. Inner Circle lo cercherà, ma dovrà ricominciare da zero un discorso che con Soros andava avanti da molti mesi. Forse rispunterà fuori l'imprenditore John J. Fisher, sicuramente rispunterà fuori il faccendiere Raffaello Follieri. Ma al momento il futuro societario è un grosso punto interrogativo. Anzi, una certezza c'è. Il mercato giallorosso comincerà tra poco, perché entro questa settimana si saprà quale sarà il budget (20 milioni circa) a disposizione di Pradè. Che avrà meno soldi e meno tempo rispetto alle dirette concorrenti. Amauri, su cui la Roma era arrivata per prima, è già della Juve. Nomi più altisonanti, stadi avveniristici, sponsor tecnici americani, punti vendita e campus sparsi per il mondo, sono già il passato.