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La Rivoluzione Francese di Donadoni


Terza formazione diversa in 3 gare. La mossa della disperazione è CassanoComunque vada, non si viaggerà più. Perché se stasera (calcio d'inizio ore 20.45, diretta Raiuno) con la Francia va male, domani si torna a casa (già prenotato il volo delle 16.30 da Vienna) e l'aereo successivo per ogni giocatore sarà quello per le vacanze (ma non per Donadoni, che prima di staccare la spina dovrà passare per Roma a ritirare dal presidente Abete l'assegno di 550.000 euro per la risoluzione anticipata del contratto: già pronto Lippi al suo posto), se invece ci scappasse il miracolo si tornerebbe in Austria per restarci definitivamente: quarti con la Spagna, eventuale semifinale ed eventuale finale si disputerebbero all'ex Prater, attuale Ernst Happel Stadion, Vienna, a trenta chilometri dal ritiro di Baden, a venti da CasaAzzurri e a dieci dal campo di allenamento. Avrebbe così finalmente senso la curiosa scelta federale di aver scelto come base logistica un triangolo in terra austriaca nonostante la designazione svizzera per tutte e tre le partite della prima fase. Ma riprenderebbe senso un po' tutto quello che a guardarlo oggi, alla vigilia dell'ultima scena, senso proprio non ne ha.Non sembra aver senso la missione a questo punto disperata di Donadoni, che a quanto pare s'appresta a fare la terza rivoluzione su tre partite, dimostrando di non avere un nucleo compatto su cui puntare visto che quattro quarti della difesa titolare nella prima gara sono stati cambiati per la gara successiva (e stasera dovrebbe essere confermata in blocco), che a centrocampo è tornato tutto in discussione (Pirlo, che molti osservatori anche milanisti davano fuori gioco è tornato in corsa per sua stessa confessione: «Io sono sicuro di giocare», ha detto ieri in mixed zone), e qualcuno ipotizza una nuova esclusione di De Rossi, ma sarebbe il colmo, e infatti alla fine dovrebbero giocare ancora insieme, probabilmente con Gattuso; davanti dovrebbe toccare per la prima volta dall'inizio a Cassano al fianco di Toni. Resta un dubbio per l'altro ruolo, per il quale sono in corsa tre giocatori con tre prospettive anche tattiche differenti: potrebbe giocare Perrotta di fatto come quarto centrocampista e in teoria come primo incursore (sarebbe un anomalo 4-3-1-2), potrebbe giocare con lo stesso sistema Camoranesi (ma in realtà lo giudicano stanco all'interno dello staff), potrebbe giocare Di Natale in una squadra a quel punto molto squilibrata, forse troppo. Alla fine gli unici veri intoccabili del ct sono Toni e Buffon. Due titolari indiscutibili su undici: un po' poco per una squadra che non per caso è sembrata completamente slegata da quando è venuto a mancare Cannavaro.Non ha senso una nazionale costruita senza un principio di base, sia tattico sia umano. Una sola squadra italiana durante la reggenza Donadoni ha espresso un gioco vincente con un'ossatura di giocatori italiani, ed è la Roma. Ma non basta aver chiamato alcuni elementi giallorossi se poi vengono ignorati (come capitato assurdamente a De Rossi nella partita con l'Olanda e come succederà anche oggi con Aquilani, significativo al riguardo la risposta di Donadoni a precisa domanda in conferenza stampa) o impiegati in maniera diversa da quella in cui si sono mirabilmente espressi nel club. Lo stesso Perrotta, candidato oggi a giocare, dà il meglio di sé se fa il terzo centrocampista con due ali vere e un centravanti che gli crei spazi d'inserimento. E il 4-2-3-1 era il sistema di gioco su cui Donadoni avrebbe dovuto insistere. Se è convinto del contrario, questo è il momento di dimostrare che ha ragione lui.Ma a pensarci non ha senso neanche questa straabusata logica di gruppo di reazione ai presunti "massacri" della critica. Nessuno avrebbe potuto lodare il comportamento della squadra e dell'allenatore dopo la sconfitta con l'Olanda e se poi qualcuno ha esagerato nelle critiche se ne è reso responsabile mettendo il proprio nome e il proprio cognome alla fine o all'inizio del servizio. Nessuno sta qui per massacrare nessuno e tecnico e giocatori dovrebbero prenderne atto, evitando personalizzazioni che danno quarti d'ora di notorietà, ma che distolgono dall'attenzione principale: che è quella di confermare che il calcio italiano conti ad alti livelli. Perché alla fine conterà solo il risultato e una qualificazione stasera ridarebbe il senso al tutto, ridestando l'Italia di orgoglio azzurro proprio come accadde nella stessa sera di 38 anni fa, la magica notte di Italia-Germania 4-3. Del resto, non contando gli epiloghi ai calci di rigore, sono trent'anni che non battiamo la Francia. E quella che affronteremo stasera è una squadra meno pericolosa di quella che ci ha più volte bastonato. I problemi maggiori li hanno anche loro in difesa: giustissima espiazione, per quell'altro genio che ha lasciato a casa Mexes, e pure Trezeguet!