C'è solo l'A.S.Roma!

Le verità di Joe Tacopina


+La verità di Tacopina, la verità sugli americani e la Roma«Era tutto fatto, ad aprile spuntò una fantomatica offertaaraba di 400 milioni. Era una "sòla" ed è finito tutto lì».In realtà il bluff degli arabi fù presentato da Pippo Marra, potentissimo dirigente giallorosso, che agì al servizio di Unicredit. La banca infatti, non aveva, e non ha, alcun interesse a cedere la Roma se il gruppo acquirente non vorrà avere ancora dei rapporti economici con loro. L'obiettivo di Unicredit semmai, è cedere Italpetroli e non soltanto l'AS Roma.È andata esattamente così. O almeno, così secondo Joe Tacopina, potentissimo avvocato difensore newyorchese che nei suoi assistiti annovera i nomi di OJ Simpson, Michael Jackson, il capo della Polizia di New York accusato di corruzione, Giorgio Chinaglia e Amanda Knox (indagata nell’omicidio di Meredith Kercher a Perugia). George Soros voleva acquistare la Roma, era pronto a mettere in piedi una operazione da circa 280 milioni, ma quando ai suoi uomini, il 17 aprile, fu detto che c'era una offerta araba da 400 milioni, saltò tutto. D'altronde, che il magnate americano fosse stato interessato all'acquisto della società giallorossa, era stato specificato dal suo stesso portavoce, Michael Vachon, che ieri ha ribadito quanto diffuso lo scorso 6 giugno: «Soros non ha più interessi diretti o indiretti nell'acquisto della As Roma». La chiave sta in quel «più». Non ci sarebbe bisogno di aggiungerlo, se un interesse non ci fosse stato in passato, come peraltro ammesso anche dai comunicati di ItalPetroli che facevano esplicito riferimento a incontri con la Inner Circle Sports, la merchant bank che ha messo in piedi l'operazione per conto del magnate ungherese. La prima ammissione, peraltro, risale al novembre del 2007.Joe Tacopina, l'avvocato americano che favorì l'interesse di Soros per l'As Roma, ha confermato tutto. Lo ha fatto in una intervista a Repubblica, puntualizzando su fatti e personaggi della vicenda. A partire da Raffaello Follieri. «Non sono suo socio» ha specificato. Il 4 aprile, Il Romanista raccontava dei tentativi di Follieri (la cui nulla credibilità fu poi raccontata in un ritratto pubblicato il 6 aprile) di cavalcare tutte le cordate potenzialmente interessate alla Roma e del fatto che il faccendiere fu costretto a firmare un documento nel quale segnalava «di non aver niente a che vedere» con l'operazione portata avanti dalla Inner Circle Sports, quindi da Soros. «Fu scartato subito» conferma Tacopina, che specifica anche il suo ruolo avuto nella vicenda: «Avevo tirato dentro il miglior acquirente che la Roma potesse augurarsi, George Soros. Era lui che doveva comprare la Roma, non io». Altra puntualizzazione necessaria. Dire che l'avvocato newyorkese (di cui Il Romanista pubblicò un ritratto il 5 aprile, come fece anche Il Messaggero il 13 aprile) prima voleva comprare la Roma e ora sta comprando il Bologna, è inesatto. Era "semplicemente" destinato ad avere un ruolo, anche di prestigio, nel futuro organigramma.Adesso Tacopina sta lavorando per investire capitali propri, perché è azionista del fondo "Tag Partners", che sta trattando con Cazzola, proprietario del Bologna. Anzi, che ha trovato l'accordo e che sta svolgendo le due diligence , cioè l'analisi del valore e delle condizioni di un'azienda per la quale vi siano intenzioni di acquisizione o investimento. Il tutto però può avvenire solo dopo la presentazione di una offerta formale, che, di prassi, avviene quando si è già trovato un accordo sul prezzo. Ed è proprio il meccanismo che avrebbe dovuto mettersi in moto il 17 aprile. Steven Horowitz, di Inner Circle Sports, che adesso si trova a Bologna con Tacopina, aveva pronta l'offerta: 210 milioni per il 66% delle azioni della Roma, altri soldi per l'Opa, fino a circa 280 milioni. Esattamente quello che racconta Tacopina: «L´affare doveva chiudersi prima a febbraio di quest´anno, quindi a marzo, per 280 milioni di euro. Ad aprile, il giorno in cui si sarebbe dovuta mettere per iscritto la dichiarazione di interesse formale, spuntò fuori un fantomatico arabo disposto a comprare per 400 milioni di euro, senza due diligence. Quella era una "sola"… E lì è finito tutto». Quel giorno, Soros decise di non volerne più sapere niente. Il 23 maggio Unicredit e Inner Circle, trovato un accordo, tornarono da lui, che confermò il suo no. E gli arabi? Il 20 aprile, lo sceicco Al Maktoum, disse che la sua famiglia voleva la Roma. La società smentì qualsiasi «manifestazione di interesse» da parte di gruppi stranieri, arabi o americani che fossero. Ma non ha smentito l'intervista di Tacopina.È andata esattamente così. George Soros voleva acquistare la Roma, era pronto a mettere in piedi una operazione da circa 280 milioni, ma quando ai suoi uomini, il 17 aprile, fu detto che c'era una offerta araba da 400 milioni, saltò tutto. D'altronde, che il magnate americano fosse stato interessato all'acquisto della società giallorossa, era stato specificato dal suo stesso portavoce, Michael Vachon, che ieri ha ribadito quanto diffuso lo scorso 6 giugno: «Soros non ha più interessi diretti o indiretti nell'acquisto della As Roma». La chiave sta in quel «più». Non ci sarebbe bisogno di aggiungerlo, se un interesse non ci fosse stato in passato, come peraltro ammesso anche dai comunicati di ItalPetroli che facevano esplicito riferimento a incontri con la Inner Circle Sports, la merchant bank che ha messo in piedi l'operazione per conto del magnate ungherese. La prima ammissione, peraltro, risale al novembre del 2007.Joe Tacopina, l'avvocato americano che favorì l'interesse di Soros per l'As Roma, ha confermato tutto. Lo ha fatto in una intervista a Repubblica , puntualizzando su fatti e personaggi della vicenda. A partire da Raffaello Follieri. «Non sono suo socio» ha specificato. Il 4 aprile, Il Romanista raccontava dei tentativi di Follieri (la cui nulla credibilità fu poi raccontata in un ritratto pubblicato il 6 aprile) di cavalcare tutte le cordate potenzialmente interessate alla Roma e del fatto che il faccendiere fu costretto a firmare un documento nel quale segnalava «di non aver niente a che vedere» con l'operazione portata avanti dalla Inner Circle Sports, quindi da Soros. «Fu scartato subito» conferma Tacopina, che specifica anche il suo ruolo avuto nella vicenda: «Avevo tirato dentro il miglior acquirente che la Roma potesse augurarsi, George Soros. Era lui che doveva comprare la Roma, non io». Altra puntualizzazione necessaria. Dire che l'avvocato newyorkese (di cui Il Romanista pubblicò un ritratto il 5 aprile, come fece anche Il Messaggero il 13 aprile) prima voleva comprare la Roma e ora sta comprando il Bologna, è inesatto. Era "semplicemente" destinato ad avere un ruolo, anche di prestigio, nel futuro organigramma.Adesso Tacopina sta lavorando per investire capitali propri, perché è azionista del fondo "Tag Partners", che sta trattando con Cazzola, proprietario del Bologna. Anzi, che ha trovato l'accordo e che sta svolgendo le due diligence , cioè l'analisi del valore e delle condizioni di un'azienda per la quale vi siano intenzioni di acquisizione o investimento. Il tutto però può avvenire solo dopo la presentazione di una offerta formale, che, di prassi, avviene quando si è già trovato un accordo sul prezzo. Ed è proprio il meccanismo che avrebbe dovuto mettersi in moto il 17 aprile. Steven Horowitz, di Inner Circle Sports, che adesso si trova a Bologna con Tacopina, aveva pronta l'offerta: 210 milioni per il 66% delle azioni della Roma, altri soldi per l'Opa, fino a circa 280 milioni. Esattamente quello che racconta Tacopina: «L´affare doveva chiudersi prima a febbraio di quest´anno, quindi a marzo, per 280 milioni di euro. Ad aprile, il giorno in cui si sarebbe dovuta mettere per iscritto la dichiarazione di interesse formale, spuntò fuori un fantomatico arabo disposto a comprare per 400 milioni di euro, senza due diligence. Quella era una "sola"… E lì è finito tutto». Quel giorno, Soros decise di non volerne più sapere niente. Il 23 maggio Unicredit e Inner Circle, trovato un accordo, tornarono da lui, che confermò il suo no. E gli arabi? Il 20 aprile, lo sceicco Al Maktoum, disse che la sua famiglia voleva la Roma. La società smentì qualsiasi «manifestazione di interesse» da parte di gruppi stranieri, arabi o americani che fossero. Ma non ha smentito l'intervista di Tacopina.