Ieri il Corriere dello Sport ha intervistato Ricardo, il tecnico del Monaco. L'ex allenatore di Menez presenta il talento francese.Mister Ricardo, che giocatore è Jeremy Menez?«Io credo che Jeremy sia capace di qualsiasi gesto, sia fisico sia tecnico».A ventuno anni, Jeremy è già un giocatore completo?«Sì, lo penso e lo ripeto». Roma, la Roma, il campionato italiano: che cosa possono dargli? «Menez crescerà senza dubbio, nella sua nuova realtà, come è normale: nella mentalità, nel confronto con un nuovo modo di fare calcio, sicuramente ad alto livello. Uno scenario diverso rispetto a Monaco, dove si è confrontato fino a qualche giorno fa, e ancora più differente rispetto a Sochaux dove è cresciuto: finora era stato in un certo senso protetto, ora invece dovrà dare delle risposte. Perché non ha conosciuto certi palcoscenici: parlo della Champions League per esempio. Ma credo si troverà bene, Menez».Quali sono i rischi a cui può andare incontro Menez, nel suo passaggio dalla realtà protetta, come dite voi, al calcio italiano?«Credo che il grosso sbalzo sia soprattutto a livello di pressione, di responsabilità. Lui ora deve conoscere Roma, che non è né Sochaux né Monaco, l’Italia, il campionato italiano: ma ha tutto per potersi adattare, integrare, diventarne un protagonista ».Capovolgiamo la domanda: che cosa porta Menez al calcio italiano?«Appunto per superare quelle che possono essere le difficoltà, o anche le diffidnze dell’ambiente a cui va incontro, Jeremy deve portare in dote tutte le sue qualità, che non sono sicuramente indifferenti».Comunque già in Francia Menez era famoso già giovanissimo: era un predestinato, quindi già allora uno molto atteso, a livello di pressione.«Sì, ma è molto diverso. Era un predestinato perché era evidente, lui giovanissimo, che fosse straordinariamente dotato. Ora si trova nel momento in cui deve dimostrare di poter mantenere le promesse che ha fatto, con continuità e regolarità».Guy Lacombe, l’ex allenatore del Sochaux che lo ha lanciato, è stato anche un po’ severo con lui, dicendo che “Menez deve crescere come modo di comportarsi e igiene di vita”. Siete d’accordo?« Posso pensare che Menez fosse così a Sochaux. A Monaco ho conosciuto un ragazzo che aveva fatto dei progressi in tal senso » .Quindi mister Ricardo non ha mai avuto niente da rimproverare a Menez sotto il profilo comportamentale?«Assolutamente niente». In Italia si sono fatti degli accostamenti con Cassano. «No, no davvero, niente a che vedere con quel genere di giocatori. Anzi, Menez è un ragazzo timido. Ora, ripeto, dovrà confontarsi con realtà e responsabilità nuove, ma Jeremy è un ragazzo che si mette sotto e lavora, non ha paura di faticare, di applicarsi. A Monaco in questo è stato assolutamente professionale: io con lui ho lavorato davvero molto bene».Ludovic Giuly è andato via da Roma lamentandosi di una preparazione molto pesante. Menez appena arrivato ha detto che non teme la fatica.«Io so solo che Jeremy non si è mai lamentato del lavoro che doveva svolgere. Ci sono diversi tipi di giocatori: per alcuni il lavoro non pesa mai, per altri l’allenamento è sempre una faticaccia. Dipende dalle persone, dalla loro forza, dalla capacità di ciascuno di sopportazione. Jeremy, questo lo posso assicurare, fisicamente è in grado di lavorare tanto e a fondo, perché ne ha la qualità fisiche, e non solo la predisposizione mentale a farlo».Lei conosce il gioco della Roma... «... ovviamente sì...» ... ecco, dove Jeremy potrebbe rendere al massimo in quel sistema di gioco? «Non devo essere io a dirlo: passo la palla a monsieur Spalletti. Sono sicuro che il tecnico giallorosso saprà trovargli la collocazione ideale: stimo Spalletti, è un grande conoscitore di calcio». Ma se lei dovesse comunque spiegarci tatticamente Menez? « Io credo che Jeremy possa giocare in qualsiasi zona del campo. Ha un solo punto debole, che è il gioco di difesa: il resto, va bene tutto. E’ un giocatore di buona corsa, un passeur come diciamo noi, ha qualità di rifinitura, sa gestire molto bene la palla in velocità. La sua tecnica in velocità, questo lo voglio rimarcare, è qualcosa di molto raro, quasi un’eccezione».In quale gesto deve migliorare, invece? «Beh, non si può dire che eccella nel gioco aereo, ecco». Lo vedete bene nel campionato italiano? «Sì. Io dico che è pronto per questa grande sfida». Platini ci mise sei mesi per adattarsi al campionato italiano. «Alt: non facciamo paragoni tra Menez e Platini... E’ un’altra cosa. Bisogna considerare le singole realtà. Platini arrivava in una Juventus che si stava ricostruendo attorno a lui. Menez arriva in una Roma che non è stata stravolta, che ha un sistema di gioco assolutamente collaudato».A proposito di paragoni: Menez in Italia è stato accostato subito a Zidane.«No, non ha niente a che vedere con lui». Lacombe diceva che piuttosto si può avvicinare a Kakà. «Qui posso esesre d’accordo, sì. Ma con la differenza che Menez può anche giocare sulle fasce».