C'è solo l'A.S.Roma!

Di questo passo si và in B


Che quel nubifragio che ha fatto sospendere la partita con la Sampdoria fosse stato una vera e propria iattura, lo si era immaginato subito. Un risultato, qualsiasi esso fosse stato, un 1, un X o un 2, avrebbe dato un orientamento a squadra e società. Invece siamo rimasti sospesi in attesa della prova del nove con la Juventus e si sa, quando noi siamo chiamati a una prova del nove, i conti non ci tornano mai.Il fatto che la Roma non vinca a Torino e che dall’Olimpico fasullo (quello vero sta solo a Roma) possa uscire sconfitta sta nella natura delle cose. E’ successo negli anni passati e probabilmente succederà ancora negli anni futuri. Quello che preoccupa o indigna è come si è usciti sconfitti. Questa squadra ha una quantità sconcertante di giocatori fuori fase. Vucinic, Perrotta, Taddei sono ectoplasmi senza ne capo ne coda. E se alla Juventus di oggi regali tre giocatori chiave (una volta chiave...) la tranvata è dietro l’angolo.Come se ne esce?E’ difficile dirlo perché se non ci riescono società, giocatori e allenatori che hanno in mano molti più elementi di quelli che abbiamo noi tifosi, figuratevi se proprio noi tifosi possiamo dare una ricetta salvifica.Alcuni reclamano la cacciata di Spalletti, io per primo, per mettere finalmente i giocatori davanti alle loro responsabilità. Ai sostenitori di questa tesi si oppongono quelli che vedono nei calciatori, tolte forse un paio di eccezioni ma sono eccezioni che confermano la regola, un gruppo di mercenari che dalla serie B ricaverebbero solo la possibilità di andarsi a ricollocare da qualche altra parte. La Roma, è bene che si sappia, è piena di gente che non aspetta altro che andarsene da qualche altra parte e questo è già trapelato nei discorsi di molti. Le ragioni sono varie e vanno dalle prospettive di migliori guadagni altrove a mere necessità personali.La società dal canto suo non è in grado di fornire garanzie di continuità e di prospettiva. L’autofinanziamento ne è una prova fin troppo evidente. Questa pratica funziona quando è inserita in un contesto più generale che la vede come una scelta di politica industriale che può essere, al bisogno, aggiustata.Per la Roma e per la sua proprietà così non è. L’autofinanziamento è pratica obbligatoria alla sopravvivenza in un contesto nel quale probabilmente la scelta di esonerare un allenatore, qualora fosse maturata, è pesantemente condizionata dall’impossibilità di pagarne due (quello vecchio e quello nuovo). Basti pensare che la Roma forse forse Spalletti lo vorrebbe pure cacciare, ma se ne libererà soltanto se il mister di Certaldo accettasse di dimettersi e, quindi, di rinunciare al suo stipendio, magari vedendosi riconosciuta almeno una buonuscita. E basti pensare, che poi la Roma si orienterebbe sull'unico allenatore che accetterebbe di guidare questa squadra per 7 mesi, fino al termine della stagione, e lo accetterebbe pure a due soldi. Questa persona ha un nome e un cognome: Carlo Mazzone.Per questo motivo bisogna definire suicida una pratica di autofinanziamento che mirasse al vertice con un posizionamento stabile, perché ne scaturisce come conseguenza la necessità di aumentare il tetto degli ingaggi e la necessità di impostare una rotazione di giocatori ispirata da un criterio più simile alla scommessa che non all’investimento.Molto serenamente e con misura è necessario aspettare che passi la nottata e questo lo si dice con l’esperienza di tifosi che hanno avuto l’opportunità di vivere tempi come questi non già come eccezionali, ma come prassi comune.Se i giocatori non si riconoscono più nelle istruzioni dell’allenatore lo abbandonino al suo destino. Ci sono stati già casi di separazioni in casa che hanno generato tranquille situazioni da centro classifica e perfino una finale di Coppa UEFA. C'è da augurarsi che tre o quattro di loro siano in grado di assumere la leadership e di aggregare gli altri in un patto di mutua assistenza. Alla fine dell’anno poi ognuno per la sua strada.E’ fin troppo evidente che un ciclo è finito e che è necessaria una rifondazione a partire da un cambio di proprietà che, volenti o nolenti i Sensi, prima o poi dovrà pur arrivare.E non regge neanche il rimuginare il ritornello che a maggio, a mezz'ora dalla fine, eravamo campioni d’Italia in pectore (noi sempre in pectore, agli altri la fatica di alzare coppe e trofei).Maggio era maggio e oggi è oggi. Senza un minimo di misura la Serie B sta dietro l’angolo. Anzi no, ad un punto.