A testa alta

RITA ATRIA


Avevo deciso che avrei iniziato a portare degli esempi concreti, diversi da Falcone  Borsellino, per dimostrare che anche persone normali, che vengono dal popolo hanno avuto coraggio ed hanno cercato di cambiare le cose...Ricordare per chi vuol dimenticare...ed è per questo che partirò dall'esempio di Rita Atria.Esame di maturità 1992. Tema: «La morte del giudice Falcone ripropone in termini drammatici il problema della mafia. Il candidato esprima le sue idee sul fenomeno e sui possibili rimedi per eliminare tale piaga». Dallo svolgimento della candidata Rita Atria: «L’unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno […] la verità vivrà contro tutto e tutti. […] Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo». Nessuno poteva immaginare quanta poca retorica e quanta esperienza si nascondessero dietro le parole di quella ragazzina siciliana seduta nell’ultimo banco. Lei l’aveva fatto: una mattina di novembre era andata dai carabinieri e aveva cominciato a raccontare tutto dei mafiosi di Partanna, il suo paese, dei traffici loschi di suo padre e di suo fratello e del perché e per come se li era visti riportare a casa traforati dai proiettili. Pentita? No, di che doveva pentirsi? Testimone di giustizia. Aveva fatto il diavolo a quattro per farsi ascoltare. E alla fine le avevano dato retta. Soprattutto uno, il Procuratore di Marsala, dott. Borsellino ­ o “zio Paolo”, come lo chiamava lei, ­ che era diventato un amico, un confidente, un padre. E quando la mafia uccide anche lui, Rita non ce la fa e si toglie la vita. Sulla sua lapide c’è la frase che aveva scritto nel tema, appena un mese prima ­ “La verità vive” ­ ma nessuna foto.